Ep. 250 - Papale papale - "Cultura"
Benedetto XVI,
I Padri conciliari si preoccuparono di indicare la prospettiva secondo cui la Chiesa considera e affronta la promozione della cultura, considerando questo compito come uno dei problemi “particolarmente urgenti che toccano in modo specialissimo il genere umano” (ibid., n. 46). Nel rapportarsi al mondo della cultura, la Chiesa pone sempre al centro l’uomo, sia come artefice dell’attività culturale che come suo ultimo destinatario. Il Servo di Dio Paolo VI ebbe molto a cuore il dialogo della Chiesa con la cultura e se ne fece carico personalmente durante gli anni del suo pontificato. Sulla sua scia si pose anche il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il quale aveva partecipato all’Assise conciliare ed aveva apportato un suo specifico contributo alla Costituzione Gaudium et spes. Il 2 giugno 1980, nel suo memorabile Discorso all’Unesco, egli testimoniò in prima persona quanto gli stesse a cuore incontrare l’uomo sul terreno della cultura per trasmettergli il Messaggio evangelico.
Paolo VI,
Una delle deplorevoli lacune della cultura contemporanea è l’ignoranza delle verità religiose, specialmente nella loro formulazione autentica, nelle fonti, nel patrimonio tradizionale del pensiero cattolico, nelle espressioni del magistero ecclesiastico; questa lacuna può essere colmata dallo studio della religione, reso prezioso elemento integrativo dello studio universitario. Voi potete scoprire prima e rivelare poi la fecondità del pensiero cattolico, cominciando dall’osservazione elementare che l’enunciazione dogmatica delle sue dottrine fondamentali, lungi dall’arrestare lo sviluppo dinamico ed originale della cultura, lo provoca e lo favorisce, come è proprio delle verità armate di sicurezza e orientate alla vita. Voi potete appunto dimostrare come la cultura cattolica sia di natura sua rivolta a manifestazioni organiche in tutto l’ambito umano; non è speculazione astratta, superflua ed egoistica, ma è dottrina che esige, per un verso, di coordinarsi alla vita morale di chi la possiede, e, per un altro verso, esige di effondersi socialmente, superando il confine istintivo dell’individualismo, dell’utilità economica, della timidezza, dell’incapacità espressiva, per farsi dono ai fratelli, luce alla società.
Giovanni Paolo II,
Dall’agricoltura alla cultura il passo è più breve di quanto non si pensi, come conferma il medesimo documento del Concilio proprio nel capitolo che precede quello sulla vita economica e sociale. In effetti, prima dell’“ager” c’è l’“animus” e, quindi, prima dell’agricoltura c’è quella cultura per cui l’uomo coltiva se stesso. “In senso generale, con la voce cultura - recita il testo conciliare - si designano tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina e sviluppa ("perpolit atque explicat") le molteplici sue doti di anima e di corpo”. Molto giustamente, al primo posto dell’analisi, è menzionata l’accezione personalistica della parola cultura, prevalendo semanticamente, concettualmente e - si direbbe - anche cronologicamente sugli altri significati (sociologico ed etnologico), del pari rilevanti, che sono oggi legati alla stessa parola (Gaudium et Spes, 53). Bisogna, dunque, “coltivare se stessi”.
Francesco,
Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore.
Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani di altre Confessioni, agli uomini e donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità.
Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo; questa è l’unica strada per la pace.