Ep. 216 - Papale papale -"Disciplina"
Giovanni Paolo I,
C'è la disciplina « piccola », che si limita all'osservanza puramente esterna e formale di norme giuridiche. Io vorrei, invece, parlare della disciplina « grande ». Questa esiste soltanto, se l'osservanza esterna è frutto di convinzioni profonde e proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio.
(...) La « grande » disciplina richiede un clima adatto. E, prima di tutto, il raccoglimento. Mi è toccato, una volta, di vedere alla stazione di Milano un facchino, che, appoggiata la testa ad un sacco di carbone addossato a un pilastro, dormiva beatamente... I treni partivano fischiando e arrivavano cigolando con le ruote; gli altoparlanti davano continui avvisi frastornanti; la gente andava e veniva con brusio e rumore, ma lui - continuando a dormire - pareva dicesse: « Fate quel che vi pare, ma io ho bisogno di star quieto ». Qualcosa di simile dovremmo fare noi sacerdoti: attorno a noi c'è continuo movimento e parlare di persone, di giornali, di radio e televisione. Con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: « Oltre certi limiti, per me, che sono sacerdote del Signore, voi non esistete; io devo prendermi un po' di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi per unirmi al mio Dio ».
Paolo VI,
Spesso si assiste allo spettacolo di giovani, che sono la bellezza, la forza, l’idealità, la speranza, la coscienza della società e dell’avvenire, eppur rimangono attratti da particolari futili, da mète effimere, sciocche, da esteriorità senza alcuna importanza, ed ivi fanno convergere i loro intenti e ideali. (...) Incombe il pericolo che i ragazzi diventino superficiali, opachi, privi di luminosi orizzonti, scettici, perfino cinici; non sono sicuri di niente e trascorrono la vita come gente sfaccendata e anarchica. È gioventù questa? riflettere, si direbbe che, in mezzo alle file giovanili di notevole parte della generazione presente, manca Qualcuno, manca Uno che sappia, che parli, guidi, impersoni la virtù e l’esistenza stessa; Uno che intoni il vero canto della vita.
Giovanni Paolo II,
Voi che siete chiamati al sacerdozio, riflettete a quali e quante opportunità qui trovate per rispondere alle intrinseche e irrinunciabili esigenze della vocazione. Davvero gli anni che state ora trascorrendo sono un tempus acceptabile: direi anzi che sono - nella prospettiva della vita adulta e del futuro ministero sacerdotale - dies salutis (cf. 2Cor 6,2) per le vostre anime e per i fratelli, che già incontrate ed incontrerete un giorno più numerosi. Valga questo pensiero a sostenere il vostro impegno ed il vostro giovanile entusiasmo; a spronarvi nell’applicazione allo studio e nei sacrifici che esso necessariamente comporta; ad irrobustire la vostra volontà, temprandola al nerbo della disciplina ed all’esercizio dell’obbedienza.
Francesco,
La Chiesa, confessando che Dio in Gesù Cristo «si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Gaudium et spes, 22), crede, con San Giovanni Paolo II, che la sua via è l’uomo (cfr Lett. enc. Redemptor hominis, 14). Adora Dio e serve i più fragili, che sono i suoi tesori. Adorare Dio e servire il prossimo, ecco cosa conta: non la rilevanza sociale o la consistenza numerica, ma la fedeltà al Signore e all’uomo!
Questa è la testimonianza cristiana, e tante volte è pure eroica; penso ad esempio a San Charles de Foucauld, “fratello universale”, ai martiri dell’Algeria, ma anche a tanti operatori di carità di oggi. In questo stile di vita scandalosamente evangelico, la Chiesa ritrova il porto sicuro a cui attraccare e da cui ripartire per intessere legami con la gente di ogni popolo, ricercando ovunque le tracce dello Spirito e offrendo quanto per grazia ha ricevuto. Ecco la realtà più pura della Chiesa, ecco – scrisse Bernanos – «la Chiesa dei santi», aggiungendo che «tutto questo grande apparato di saggezza, di forza, di disciplina elastica, di magnificenza e di maestà, non è nulla di per sé, se la carità non lo anima».