Ep. 222 - Papale papale -"Campane"
Paolo VI,
Figli carissimi! Le campane, le avete udite? Oggi, per disposizione della Conferenza Episcopale Italiana, a quest’ora, in tutta questa Nazione, il suono simultaneo delle nostre campane vuole annunciare al Popolo che comincia nelle Chiese locali l’Anno Santo. Ascoltate questo concerto, ascoltate questo concento. Come sempre, la campana fa sentire la sua voce squillante fra terra e cielo; è il dialogo della fede e della preghiera, sospeso in alto, sopra la nostra vita terrena, orizzontale e profana; un canto metallico, interprete di quello vocale, che sale in alto per invocare in basso l’effusione delle benedizioni di Dio.
Questa è la voce odierna delle campane; ascoltatela, Figli carissimi, nell’eco del cuore, come risveglio, come richiamo, come invito, come messaggio vivo e giocondo. Forse è proprio la Madonna che suona per noi la campana della Chiesa e della coscienza.
Giovanni XXIII,
Questa mattina, mentre le campane di S. Pietro in Vaticano davano il segno dell'Angelus, Ci è sembrato come di tornare, per alcun poco, nelle camere del patriarchìo di dove lo sguardo tanto spesso si volgeva verso quell'Angelo d'oro che, restaurato, Noi stessi abbiamo benedetto il 14 maggio 1955, recandoCi fin lassù presso a lui sulla cuspide del campanile.
Quanti ricordi e quali edificanti incancellabili impressioni delle sei feste annuali di S. Marco celebrate con voi!
La vostra religiosa pietà e il giubilo traggono oggi motivo di più acceso fervore dalla cara coincidenza dei cinquant'anni dalla inaugurazione del risorto campanile, ornamento preclaro della Basilica d'Oro.
Possiate voi allietarvene nel Signore, diletti figli di Venezia, e trarne motivo di serena fiducia per il presente e per l'avvenire. E vogliate altresì accogliere l'invito, che il suono festoso delle campane diffonde e fa penetrare dappertutto, all'impegno consapevole e generoso di continuare le tradizioni religiose e civili, culturali e sociali, tramandate in preziosa eredità dai padri vostri. Così alla giusta esaltazione di un passato ricco di gloria si congiungerà, per la stessa fede e la medesima concorde operosità, un'era altrettanto feconda e benefica in ogni settore della vita vostra individuale, familiare e collettiva.
Giovanni Paolo II,
Cari fratelli e sorelle, abitanti di Castel Gandolfo e pellegrini di ogni domenica! Ecco, nel corso degli ultimi due mesi abbiamo meditato, durante una serie di domeniche, il mistero dell’Incarnazione e le parole della “serva del Signore”, riunendoci qui per la preghiera dell’Angelus.
Desidero ringraziare per questo voi tutti.
Il popolo cristiano ha amato, da generazioni, la preghiera dell’Angelus, alla quale le campane delle Chiese ci invitano tutti i giorni al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Mediante questa preghiera la Madre di Dio è particolarmente in mezzo a noi in modo spirituale.
Benedetto XVI,
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di trovarmi tra voi, e vi ringrazio per la vostra cordiale e festosa accoglienza. Scendendo dall'elicottero, quasi ho udito l'eco delle campane di tutte le chiese della Diocesi che a mezzogiorno hanno suonato a festa per rivolgermi un corale saluto. Vi sono riconoscente anche per questo gesto di affetto. Il mio primo incontro è stato con i ragazzi delle scuole e delle società sportive, venuti ad accogliermi nello stadio comunale. Lungo il percorso, poi, ho visto tanta gente. Grazie a tutti e a ciascuno. Qui a Vigevano, l'unica Diocesi della Lombardia non visitata dal mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, ho voluto dare inizio a questo mio pellegrinaggio pastorale in Italia. Così, è come se riprendessi il cammino da lui percorso per continuare a proclamare agli uomini e alle donne dell'amata Italia l'annuncio, antico e sempre nuovo, che risuona con particolare vigore in questo tempo pasquale: Cristo è risorto! Cristo è vivo! Cristo è con noi oggi e sempre!