Ep. 141 - Papale papale -"Inferno"
Giovanni Paolo II,
Dio è Padre infinitamente buono e misericordioso. Ma l’uomo, chiamato a rispondergli nella libertà, può purtroppo scegliere di respingere definitivamente il suo amore e il suo perdono, sottraendosi così per sempre alla comunione gioiosa con lui. Proprio questa tragica situazione è additata dalla dottrina cristiana quando parla di dannazione o inferno. Non si tratta di un castigo di Dio inflitto dall’esterno, ma dello sviluppo di premesse già poste dall’uomo in questa vita. La stessa dimensione di infelicità che questa oscura condizione porta con sé può essere in qualche modo intuita alla luce di alcune nostre terribili esperienze, che rendono la vita, come si suol dire, un “inferno”.
In senso teologico, tuttavia, l’inferno è altra cosa: è l’ultima conseguenza dello stesso peccato, che si ritorce contro chi lo ha commesso. È la situazione in cui definitivamente si colloca chi respinge la misericordia del Padre anche nell’ultimo istante della sua vita.
Benedetto XVI,
Nel Vangelo di questa domenica (Lc 16,19-31), Gesù narra la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. Il primo vive nel lusso e nell’egoismo, e quando muore, finisce all’inferno. Il povero invece, che si ciba degli avanzi della mensa del ricco, alla sua morte viene portato dagli angeli nella dimora eterna di Dio e dei santi. “Beati voi poveri – aveva proclamato il Signore ai suoi discepoli – perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20). Ma il messaggio della parabola va oltre: ricorda che, mentre siamo in questo mondo, dobbiamo ascoltare il Signore che ci parla mediante le sacre Scritture e vivere secondo la sua volontà, altrimenti, dopo la morte, sarà troppo tardi per ravvedersi. Dunque, questa parabola ci dice due cose: la prima è che Dio ama i poveri e li solleva dalla loro umiliazione; la seconda è che il nostro destino eterno è condizionato dal nostro atteggiamento, sta a noi seguire la strada che Dio ci ha mostrato per giungere alla vita, e questa strada è l’amore, non inteso come sentimento, ma come servizio agli altri, nella carità di Cristo.
Francesco,
E sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. E’ quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi.
Pio XII
Un dovere, del resto, obbliga tutti, un dovere che non tollera alcun ritardo, alcun differimento, alcuna esitazione, alcuna tergiversazione: di fare cioè tutto quanto possibile per proscrivere e bandire una volta per sempre la guerra di aggressione come soluzione legittima delle controversie internazionali e come strumento di aspirazioni nazionali.
Se mai una generazione ha dovuto sentire nel fondo della coscienza il grido: «Guerra alla guerra!», essa certamente la presente. Passata com'è attraverso un oceano di sangue e di lagrime, quale forse i tempi passati mai non conobbero, essa ne ha vissuto le indicibili atrocità cosi intensamente, che il ricordo di tanti orrori dovrà restarle impresso nella memoria e fino nel più profondo dell'anima, come l'immagine di un inferno, in cui chiunque nutre nel cuore sentimenti di umanità non potrà mai avere più ardente brama che di chiudere per sempre le porte.