Ep. 156- Papale papale -"Giornalisti"
Paolo VI,
Parlare a Giornalisti! c’è di che tremare: i Giornalisti sono i professionisti della parola, sono gli esperti, gli artisti, i profeti della parola! Si può riferire ad essi ciò che Cicerone dice dell’oratore «omnia novit»; il giornalista sa tutto; la virtualità del suo pensiero e del suo linguaggio è tale da mettere in imbarazzo chiunque osi colloquiare con lui, anche se l’interlocutore ha una sua parola grave e densa da proferire; la quale però, a confronto di quella agile, duttile, felice del giornalista, resta timida e stentata e quasi dubbiosa di venire alle labbra.
(...) Ma vi è mai pubblico più importante a cui rivolgere la parola di quello che alla parola dà la risonanza, dà le ali della stampa? Vi è mai pubblico più attento, più avido, più idoneo a tutto comprendere, a tutto raccogliere, a tutto divulgare? Non è il colloquio con i Giornalisti il più interessante, il più redditizio, il più degno d’essere accolto e servito?
Giovanni Paolo I,
La sacra eredità lasciataci dal Concilio Vaticano II e dai Nostri Predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, di cara e santa memoria, sollecita da Noi la promessa di un'attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. E' una promessa che volentieri vi facciamo, consapevoli come siamo della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell'uomo moderno. Non Ci nascondiamo i rischi di massificazione e di livellamento, che tali mezzi portano con sé, con le conseguenti minacce per l'interiorità dell'individuo, per la sua capacità di riflessione personale, per la sua obiettività di giudizio. Ma sappiamo anche quali nuove e felici possibilità essi offrano all'uomo d'oggi, di meglio conoscere ed avvicinare i propri simili, di percepirne più da vicino l'ansia di giustizia, di pace, di fraternità, di instaurare con essi vincoli più profondi di partecipazione, di intesa, di solidarietà in vista di un mondo più giusto ed umano.
Giovanni Paolo II,
Il rispetto della verità richiede un impegno serio, uno sforzo accurato e scrupoloso di ricerca, di verifica, di valutazione. Su questo punto vorrei restringere per un momento lo sguardo all’orizzonte ecclesiale.
Il mio predecessore Giovanni Paolo I - il quale, come sapete, aveva avuto una singolare familiarità col giornalismo - proprio in quest’aula, tra le affabili espressioni che rivolse ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale, sottolineò la necessità di “entrare nella visuale della Chiesa, quando si parla della Chiesa”. E aggiunse: “Vi chiedo sinceramente, vi prego anzi di voler contribuire anche voi a salvaguardare nella società odierna quella profonda considerazione per le cose di Dio e per il misterioso rapporto tra Dio e ciascuno di noi, che costituisce la dimensione sacra della realtà umana”.
Francesco,
Il giornalismo non può diventare un’“arma di distruzione” di persone e addirittura di popoli. Né deve alimentare la paura davanti a cambiamenti o fenomeni come le migrazioni forzate dalla guerra o dalla fame.
Auspico che sempre più e dappertutto il giornalismo sia uno strumento di costruzione, un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di riconciliazione; che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro, con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, e piuttosto favorisca la cultura dell’incontro. Voi giornalisti potete ricordare ogni giorno a tutti che non c’è conflitto che non possa essere risolto da donne e uomini di buona volontà.