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Pope Francis hospitalized in Rome

“Vi accompagno da qui”, l'anniversario di pontificato al Gemelli guardando al mondo

Il 13 marzo il Papa celebra il dodicesimo anniversario dell’elezione nel Policlinico romano dove è ricoverato da quasi un mese. Un tempo sospeso a conclusione di uno degli anni più intensi mai vissuti tra Giubileo, Sinodo, Concistoro, viaggi all’estero e in Italia, giri nelle parrocchie di Roma. Il Pontefice accompagnato in questo giorno dalla preghiera dei fedeli dei cinque continenti, nella certezza del suo sguardo di pastore che, tra terapie e fisioterapie, non smette di posarsi sul gregge

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

Sembra quasi paradossale che dopo l’ultimo anno, forse tra i più intensi vissuti dei dodici sul soglio di Pietro, tra Giubileo, Sinodo, Concistoro, udienze, incontri, tre viaggi in Italia e tre all’estero (tra cui il più lungo del pontificato in Asia e Oceania), Papa Francesco celebri l’anniversario dell’elezione in una stanza dell’ospedale Gemelli, in un tempo sospeso tra le terapie e la lotta alla polmonite bilaterale che ha colpito il suo fisico 88enne.

In molti, tra fedeli, giornalisti, osservatori, in questi oltre venticinque giorni di ricovero del Papa nel Policlinico romano, immaginano un Jorge Mario Bergoglio debilitato ma al tempo stesso desideroso di abbandonare presto il decimo piano per riabbracciare il suo popolo. Quel popolo dal quale, il 13 marzo di dodici anni fa, nel 2013, ha invocato la benedizione e al quale ha promesso un cammino comune: «Vescovo e popolo, insieme…». Il popolo a cui, continuamente, alla fine di ogni Angelus, omelia, discorso, chiede di pregare per lui: «Perché ne ho bisogno».

La risposta del mondo al "pregate per me"

E se c’è una cosa che non mancherà in questa ricorrenza per il Papa «venuto dalla fine del mondo» saranno certamente le preghiere, come testimoniano le tante iniziative sorte spontaneamente nelle diverse diocesi che hanno unito in un unico filo rosso i cinque continenti: dalla Cina al Ciad, dallo Sri Lanka alla “sua” Argentina, dagli Usa a Roma, dove ogni giorno e ogni ora si vede aumentare il gruppo di fedeli in preghiera sotto la statua simbolo di San Giovanni Paolo II nel piazzale del Gemelli e dove ogni sera in Piazza San Pietro si ritrovano centinaia di persone per recitare i Rosari guidati dalla Curia romana. Preghiere elevate in piazze, chiese, parrocchie, nelle case seguendo gli streaming. Preghiere intensificate dopo gli annunci delle crisi che la polmonite ha provocato al Papa, fortunatamente mai più ripresentatesi, e ricolme di speranza dopo gli ultimi aggiornamenti su lievi miglioramenti e la prognosi sciolta dai medici.

I biglietti dei fedeli sotto la statua di San Giovanni Paolo II al Gemelli
I biglietti dei fedeli sotto la statua di San Giovanni Paolo II al Gemelli

"In uscita"

Preghiere (o per chi non crede «buoni pensieri», come ha sempre chiesto lui stesso) connesse da un’unica invocazione: la guarigione di un Papa, quale Jorge Mario Bergoglio, fragile ma tenace, «mai rimasto caduto» (volendo mutuare una sua tipica espressione) ma sempre rialzatosi dopo ogni difficoltà fisica, recuperando forze e voce, viaggiando, incontrando, ricevendo, andando in giro - seppur in sedia a rotelle - per parrocchie di Roma e diocesi del nord Italia o volando dall’altra parte dell’emisfero. Un Papa, Francesco, che da sempre e da subito ha rivelato la volontà di stare «in uscita», quando pochi giorni dopo l’elezione scelse di vivere a Santa Marta, quando nel volo di ritorno dall’Iraq, primo viaggio dopo il lockdown per il Covid, disse di essersi sentito «ingabbiato» in Vaticano, quando nelle interviste dopo ricoveri e operazioni ha confidato di aver contato i giorni dalle sue dimissioni dall’ospedale.

L'audio risuonato in Piazza San Pietro

Il 13 marzo 2025 Papa Francesco si trova invece ad iniziare il tredicesimo anno del suo pontificato in ospedale. Fino a questo momento come sua testimonianza vocale c’è solo l’audio risuonato lo scorso 6 marzo tra i fedeli riuniti per il Rosario in Piazza San Pietro: «Ringrazio di cuore per le vostre preghiere per la mia salute dalla Piazza. Vi accompagno da qui. Che Dio vi benedica e che la Vergine vi custodisca. Grazie». Poche parole registrate in spagnolo nell’appartamento privato del Gemelli, tra la fisioterapia respiratoria e l’ossigenazione ad alti flussi, per ringraziare quanti in questi giorni gli hanno manifestato affetto e vicinanza.

Il traguardo del viaggio più lungo

Tre frasi e un grazie, dopo dodici mesi – a partire dal 13 marzo 2024 – lungo i quali Francesco ha recitato 45 Angelus e Regina Caeli, presieduto 32 udienze generali, tenuto quasi 230 incontri dentro e fuori il Vaticano, celebrato 30 Messe. Paradossale, si diceva. Come sembra paradossale che Francesco si trovi a battere il “record” del ricovero più lungo (del suo pontificato, non di un Papa: al momento quello è detenuto dai 55 giorni di Wojtyla al Gemelli nel giugno-agosto del 1981 per le complicazioni del citomegalovirus) cinque mesi dopo l’altro record del viaggio più lungo. Le due settimane tra Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste, Singapore. Quattro Paesi, due continenti. Era il 2-13 settembre, ma è ancora vivido il ricordo di quella impresa impegnativa, che in molti destava apprensione per i timori legati proprio alla salute, per i quattro diversi fusi orari, per il lungo chilometraggio aereo. Una scommessa vinta per l’allora 87enne Francesco, ripagato di ogni sforzo da una indimenticabile accoglienza per strada con canti e balli di tribù, donne, bambini, da gente arrampicata su alberi e palazzi per sventolare bandiere con il suo volto. Un altro traguardo è essere riuscito a volare, a bordo di un aereo militare messo a disposizione dall’Australia, da Port Moresby a Vanimo, ai confini della Papua Nuova Guinea, per incontrare i missionari argentini che annunciano il Vangelo nelle foreste tra gli indigeni. Solo chi era presente può descrivere gli occhi emozionati del Papa nell’osservare una chiesa che muove i primi passi come quelle narrate negli Atti degli Apostoli.

Il Papa a Vanimo, in Papua Nuova Guinea
Il Papa a Vanimo, in Papua Nuova Guinea

Pellegrino in Europa e in Italia

E dopo la fatidica missione ai confini del globo, il Papa ha ripreso il suo pellegrinaggio, ancora a settembre ma questa volta nel cuore dell’Europa, in Lussemburgo prima e in Belgio poi. Un viaggio più breve ma ugualmente impegnativo tra fuori programma con poveri e giovani, momenti non facili all’Università di Lovanio, il nodo degli scandali degli abusi. A dicembre il Papa ha volato ancora, questa volta fino alla Corsica, l’isola tra le più grandi del Mediterraneo, dove per meno di dieci ore ha incontrato bambini e sacerdoti, confraternite e famiglie e pure, alla fine, il presidente francese Macron.

Tra maggio e luglio, il Pontefice è tornato a viaggiare in Italia visitando Venezia, Verona e Trieste. Tre tappe dai fotogrammi memorabili, incontri simbolici, scenari (su tutti, il Canal Grande percorso in motoscafo e l’Arena di Verona) dai quali rilanciare appelli di pace, fraternità, democrazia.

La Porta Santa di San Pietro e di Rebibbia, per un giorno "basilica"

E il dodicesimo anno di pontificato è stato scandito da tappe fondamentali per la vita della Chiesa come l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, la sera del 24 dicembre, per dare il via al grande Giubileo della Speranza. Poi due giorni dopo, il 26 dicembre, la Porta Santa aperta nel carcere di Rebibbia, penitenziario divenuto per un giorno «basilica», in mezzo a guardie e detenuti commossi. E poi, ancora, il Sinodo sulla sinodalità per tutto ottobre, seconda tappa in Vaticano di un percorso triennale partito dalle diocesi, con padri e madri sinodali - laici e consacrati - riuniti da diversi contesti e latitudini per avviare processi ed elaborare cambiamenti.

Sinodo, Concistoro, enciclica, appelli, lettere, incontri

Nel dodicesimo anno sul Soglio petrino anche una enciclica, la Dilexit Nos, la quarta del pontificato per riportare il «cuore di Gesù Cristo» ad un mondo «che sembra aver perso il cuore», e il decimo Concistoro per la creazione di 21 nuovi cardinali, provenienti da territori distanti - Iran, Giappone, Cile, Filippine, Algeria, per citarne alcuni – e riconfigurare in chiave ancora più universale il volto della Chiesa.

Dodici mesi, questi del dodicesimo anno, puntellati da telefonate a presidenti e gente comune, da lettere e telegrammi a nunzi di Paesi in guerra o a vescovi di terre piagate da catastrofi naturali, da interviste e biografie, da incontri con rappresentanti politici, come al G7 in Puglia, o con i popoli martoriati di Ucraina e Medio Oriente, da appelli di pace incessanti, anche quando la voce veniva meno.

Francesco durante l'apertura della Porta Santa a Rebibbia
Francesco durante l'apertura della Porta Santa a Rebibbia

Speranze e certezze

Da metà febbraio poi lo stop, la pausa, la malattia, l’assenza da piazze e finestre, la delega ad altri cardinali a presiedere le celebrazioni giubilari. Sempre, però, con la speranza alimentata dalla preghiera di una ripresa e la certezza della sua presenza e del suo sguardo di pastore che, tra terapie e fisioterapie, riposo e preghiere, non smette di posarsi sul gregge.

“Vi accompagno da qui”

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12 marzo 2025, 14:00