Il Papa ai penitenzieri vaticani: non siate psichiatri, perdonate senza fare domande
Edoardo Giribaldi - Città del Vaticano
"Ascoltare, non tanto domandare; non fare lo psichiatra, per favore: ascoltare, ascoltare sempre, con mitezza" e "perdonare tutto, tutto, tutto. Fatelo sempre: perdonare tutto". Sono queste le due esortazioni di Papa Francesco nel suo discorso alla comunità del Collegio dei penitenzieri vaticani pronunciato oggi, 24 ottobre, in cui il Pontefice riflette sulle tre parole che incarnano il sacramento della Riconciliazione, "umiltà, ascolto e misericordia". Ai presenti il Papa ricorda pure che porgendo l'orecchio al "fratello nel colloquio sacramentale, noi ascoltiamo Gesù stesso, povero ed umile".
L’occasione per l’incontro è il 250° anniversario dell’affidamento del ministero delle Confessioni nella Basilica di San Pietro ai Frati Minori Conventuali da parte di Papa Clemente XIV. Francesco, come era già avvenuto nei colloquio avuto con i membri della Compagnia di Gesù in Indonesia, Timor Leste e Singapore, affianca la sua figura a quella di padre Innocenzo Bontempi, “frate vostro”, ricordando a braccio come alla morte del Pontefice, egli era andato “a rifugiarsi all’ambasciata di Spagna”.
L'unica grande ricerca di Dio
La Basilica di San Pietro, nota il Papa, è visitata quotidianamente da più di 40 mila pellegrini. Molti arrivano da lontano, per confermare “la loro fede e la loro comunione con la Chiesa, e affidano al Signore intenzioni care” o sciolgono i “voti che hanno fatto”. Tanti altri, “la maggioranza”, vi entrano invece “da turisti”, “attratti dalla bellezza, dalla storia, dal fascino dell’arte”.
Ma in tutti c’è, consapevole o inconsapevole, un’unica grande ricerca: la ricerca di Dio, bellezza e bontà eterna, il cui desiderio vive e pulsa in ogni cuore d’uomo e di donna che vive in questo mondo, quel desiderio di Dio
Testimoniare il perdono
La presenza dei penitenzieri permette ai fedeli “di incontrare il Signore della misericordia”, e a “tutti gli altri” di testimoniare la loro accoglienza all’interno della Chiesa, “prima di tutto come comunità di salvati, di perdonati, che credono, sperano e amano nella luce e con la forza della tenerezza di Dio”.
Il confessore, primo penitente
Il Papa introduce la prima parola chiave, “umiltà”, esemplificata dall’apostolo Pietro, “discepolo perdonato, che arriva a versare il suo sangue nel martirio solo per aver pianto umilmente per i propri peccati”.
Egli ci ricorda che ogni apostolo – e ogni penitenziere – porta il tesoro di grazia che dispensa in un vaso di creta, 'affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi'
Un buon confessore, secondo Francesco, è chiamato a farsi per primo penitente “in cerca di perdono”, diffondendo “il profumo di una preghiera umile, che implora e impetra pietà”.
Nel colloquio sacramentale si ascolta Gesù stesso
Il secondo elemento chiamato in causa dal Papa è l’ascolto, “specialmente per i giovani e per i piccoli”. Viene citata nuovamente la figura di “Pietro pastore”, intenta a camminare "in mezzo al suo gregge e che cresce nell’ascolto dello Spirito attraverso la voce dei fratelli”. Proprio l’arte dell’ascoltare, spiega Francesco, non si limita al mero “stare a sentire ciò che le persone dicono”, ma si arricchisce nell’accoglienza delle parole “come dono di Dio per la propria conversione, docilmente, come argilla nelle mani del vasaio”.
"Ho capito, il Signore capì"
Il Papa esorta i penitenzieri a distaccarsi dalla figura dello “psichiatra” – “Tu stai lì per perdonare!” - e se un penitente cominciasse ad avere difficoltà a causa della vergogna per i suoi peccati, il consiglio di Francesco è quello di dire “ho capito”, senza magari avere pienamente compreso: “Dio ha capito, e quello è importante”.
Questo me lo ha insegnato un grande cardinale penitenziere: ho capito, il Signore capì.
"Uomini di misericordia"
La terza ed ultima parola è invece “misericordia”. Essendo “dispensatori del perdono di Dio”, i confessori sono chiamati ad essere “uomini solari, generosi, pronti a comprendere e a consolare, nelle parole e negli atteggiamenti”. Viene nuovamente chiamato in causa Pietro, e i suoi discorsi “intrisi di perdono”.
Il confessore – vaso di argilla, come abbiamo detto – ha un’unica medicina da versare sulle piaghe dei fratelli: la misericordia di Dio. Quei tre aspetti di Dio: vicinanza, misericordia e compassione. Il confessore deve essere vicino, misericordioso e compassionevole.
Le parole di san Leopoldo Mandić
Un insegnamento che il Papa attribuisce a san Leopoldo Mandić, “che amava ripetere: ’Perché dovremmo noi umiliare maggiormente le anime che vengono a prostrarsi ai nostri piedi? Non sono già abbastanza umiliate? Ha forse Gesù umiliato il pubblicano, l’adultera, la Maddalena?’”, aggiungendo “e se il Signore mi rimproverasse di troppa larghezza potrei dirgli: 'Paron benedeto, questo cattivo esempio me l’avete dato voi, morendo sulla croce per le anime, mosso dalla vostra divina carità'".
Il confessore che perdonava "troppo"
Francesco racconta di un frate cappuccino confessore a Buenos Aires: “io andavo da lui: perdona tutto!”, ricorda il Papa, facendo sorridere i presenti. “Una volta è venuto a dirmi che aveva paura di perdonare troppo. ‘E cosa fai?’ gli ho detto io. ‘Io vado davanti al Signore: Signore mi perdoni? Scusami, ho perdonato troppo! Ma stai attento che sei stato Tu a darmi il cattivo esempio!’”.
Sempre perdonare, tutto e senza domandare tante cose. E se non capisco? Dio capisce, tu vai avanti! Che sentano la misericordia.
Il Papa conclude il suo messaggio ringraziando i penitenzieri per la loro "assiduità e presenza", notando come egli stesso si confessi da loro. "È morto il mio confessore alcuni mesi fa", afferma Francesco, invitando i presenti a pregare per lui, ogni volta che andrò da voi perdonarmi, si capisce".
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