Reina: la Chiesa di Roma chiede più confronto con le istituzioni
Antonella Palermo - Città del Vaticano
È un popolo romano che si ritrova nel cuore della cattolicità, nella basilica di San Giovanni in Laterano, per ritrovare linfa, motivazione, incoraggiamento reciproco, un magis per rilanciare la convivenza sempre più complessa e sfidante in una metropoli in sofferenza. E lo fa dinanzi a Papa Francesco, il vescovo di Roma, per presentargli difficoltà e nuove disponibilità ad agire per il bene comune.
Reina: creare occasioni stabili di confronto con le istituzioni
Monsignor Baldo Reina, vicario generale per la diocesi di Roma e nominato proprio oggi arcivescovo e arciprete della basilica di San Giovanni in Laterano, introduce l'incontro ricordando dove le sue radici affondano, in quel 1974 quando Paolo VI e il suo vicario cardinale Poletti promossero lo storico convegno “La responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e giustizia nella città di Romaâ€, meglio noto come convegno sui “Mali di Romaâ€. Fu talmente partecipato - 320 documenti dalle diverse realtà romane e 740 interventi - che, afferma Reina, si può dire che allora "nacque la Chiesa locale, postconciliare e contemporanea". Cinquant'anni fa emerse un quadro di oltre centomila baracche nelle periferie, di una mortalità infantile pari a quella del Marocco, di una città malata per cui il cardinale di allora si chiedeva e chiedeva: "Ha la Chiesa qualcosa da dire alla società di oggi?". È la medesima domanda che nel 2024 - in concomitanza con la fine dell'assemblea sinodale e a due mesi dall'inizio del Giubileo - viene riproposta alla collettività in tutte le sue articolazioni. "Ci piacerebbe creare delle occasioni stabili di confronto e di collaborazione con le istituzioni", auspica il cardinale Reina. "Abbiamo dei mali in questa città, è vero, ma abbiamo anche tantissimo bene da condividere e da contagiare".
Damilano: le polarizzazioni di una città "collassata"
Un incontro non solo per fare memoria ma per rinnovare un impegno. È ciò che precisa fin dall'inizio del suo intervento il giornalista Marco Damilano che al Papa offre uno spaccato sociale della città di Roma di grande efficacia e profezia, con le evidenti fratture e diseguaglianze ma anche con gli input per un sussulto di bene da mettere in comune. "Roma è una città che sembra aver perso la fiducia. La gioia di vivere", afferma Damilano. Crescono ansie e paure di fronte alle quali l'atteggiamento ricorrente è duplice, in ogni caso non espressione di speranza: si chiede "un potere verticalizzato, guardiano di esistenze recintate", oppure si abdica, si tralascia. Roma, la città di persone sole (il 46 percento degli abitanti); la città ricca e la quella povera; quella degli uomini e quella delle donne; degli anziani e dei giovani; la città dei senza tetto (oltre 20.000). È la città dove "la politica è collassata", dove, dice Damilano, avanza inesorabile "la desertificazione democratica", con i palazzi della rappresentanza diventati un mero "fondale di un palcoscenico disabitato". In questa polarizzazione, sono spesso i migranti e i poveri i capri espiatori.
Ricostruire un'alleanza per la giustizia, "noi ci siamo"
"La Chiesa e la Città restano senza popolo. Il popolo resta senza Città e senza Chiesa": è l'amara constatazione del giornalista, attento osservatore delle dinamiche socio-politiche ma anche di quelle ecclesiali, avendo speso fin dagli anni giovanili molte energie in un laicato impegnato a più livelli. Fotografa alcuni dati del mondo scolastico, sanitario, abitativo e lavorativo: dal disordine educativo alle attese nella sanità pubblica, dalle contraddizioni relative agli alloggi (con una domanda, quasi completamente inevasa, di 18.500 nuclei familiari per le case popolari) al lavoro sempre più precario. Sono dati compresi in un sussidio realizzato dalla diocesi di Roma che viene consegnato questa sera ai partecipanti, al sindaco e al presidente delal Regione. A fronte di questo quadro, presentato senza alcuna forma di retorica, si ribadisce: "Noi ci siamo, per un'alleanza con la città, le istituzioni, le associazioni, i movimenti, le singole persone che sono in ricerca, che condividono le attese di giustizia. Siamo qui per dire che Roma è il luogo del riscatto possibile. Un luogo di speranza, di rigenerazione".
Servono forme creative per una cultura di armonia sociale
C'è una cultura inedita che palpita e si progetta a Roma, prosegue Damilano. "Una cultura di mediazione tra i conflitti, di equilibrio, di armonia sociale che è l'opposto delle disuguaglianze. L'unica che può costruire giustizia". Fare rete, recuperare spazi del tessuto urbano è la prima risposta necessaria da dare, e la Chiesa, con la sua capillarità, non può non essere motore facilitatore di una inclusione sociale che si è sbrindellata. L'auspicio è quello di promuovere la collaborazione tra movimenti popolari, associazioni di territorio, giovani e istituzioni, Caritas e chiese. Perché "la relazione è un atto politico". La ricucitura, precisa ancora il giornalista, non può tuttavia avvenire solo tra pezzi che non si parlano: "serviranno forme inedite, creative, di presenza nella società, di partecipazione democratica, di evangelizzazione e di promozione umana. Per ricucire serve una presenza discreta, una guida carica di attenzione".
Il volontariato "scomodo" nelle periferie dimenticate
A raccontare le condizioni "indicibili" di degrado urbano e povertà in due quartieri romani, Tor Bella Monaca e il Quarticciolo, è l'avvocato Daniele Leppe, che ha messo la sua professionalità a disposizione per aiutare quei cittadini delle aree popolari, troppo dimenticati dalle istituzioni che si presentano solo "in occasione delle campagne elettorali". Collabora, come volontario, con l'associazione Tor Più Bella, di Tiziana Ronzio (donna costretta a vivere sotto scorta, ricattata perché con determinazione e in solitudine combatte contro gli spacciatori nella zona: ce ne sono ben 14 di piazze presidiate da chi procura la droga, dove la polizia nemmeno entra più). Il quadro è quello di ragazze madri, mariti in carcere, anziani disabili abbandonati a se stessi. Con l'associazione Quarticciolo ribelle, composta di giovani che, finita l'università, tornano nel quartiere per cercare di dargli un nuovo volto, il tentativo è costruire un'alternativa possibile: sono nati un doposcuola, un ambulatorio sociale, un birrificio, una stamperia, spazi per colloqui con le famiglie in difficoltà. Sono "sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune - dice Daniele - associazioni scomode per problematiche insostenibili". Il suo intervento si chiude con un'amara confidenza: gran parte degli interventi per onorare il Giubileo non sono stati investiti per dare dignità agli abitanti più sfortunati ma per rendere più "comodi, belli e sicuri i quartieri bene della città".
La studentessa: spezzare le catene del pregiudizio
Mariagrazia è una studentessa del liceo classico Amaldi, a Tor Bella Monaca, il quartiere, ricorda, dove lo stesso Papa Francesco si è recato in visita nel 2015 e famoso non solo per fatti di cronaca negativi ma anche per tante "realtà positive". Dalla testimonianza della giovane emerge che vi abitano ragazzi per nulla svogliati i quali, come lei, si impegnano per aiutare gli altri, trovando in questo un'occasione di amicizia, di superamento del pregiudizio, di felicità. Con la Scuola della Pace, attivata dalla Comunità di Sant'Egidio, sostiene chi spesso è discriminato: "non siamo eroi o persone eccezionali, ma ragazzi comuni, con le nostre vite e i nostri problemi. Però capiamo che insieme, e guidati dal Vangelo, possiamo avvicinarci un po’ di più ai nostri obiettivi e renderli reali. Cambiare le cose è complicato, ma è possibile, e abbiamo le risorse per farlo, in primis il tempo. Dipende dalle scelte che facciamo, ma soprattutto - sottolinea - dalla consapevolezza e dalla volontà di spezzare quelle catene che spesso imprigionano il destino di molte persone".
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