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Papa Francesco con i reali del Belgio Papa Francesco con i reali del Belgio  (VATICAN MEDIA Divisione Foto) Editoriale

Ricordare la storia per sconfiggere l’inferno della guerra

Dal Belgio “ponte e crocevia”, un nuovo appello di Francesco all’Europa affinché ritrovi sé stessa

Andrea Tornielli

Dopo il Lussemburgo, il Belgio: ancora un Paese piccolo, ma crocevia, «sintesi dell’Europa», punto di partenza per la sua ricostruzione dopo il dramma mostruoso della seconda guerra mondiale. Il Papa definisce il Belgio un ponte, per permettere alla concordia di espandersi e di far indietreggiare le controversie. «Un ponte che fa dialogare le civiltà. Un ponte dunque indispensabile per costruire la pace e ripudiare la guerra».

Anche da qui Francesco ripete il suo inascoltato appello all’Europa perché ricordi la sua storia fatta di luce e di civiltà ma anche di guerre, volontà di dominio e colonialismo. E aggiunge parole inequivocabili: «Questo Paese ricorda a tutti gli altri che, quando – sulla base delle più varie e insostenibili scuse – si comincia a non rispettare più confini e trattati e si lascia alle armi il diritto di creare il diritto, sovvertendo quello vigente, si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i venti incominciano a soffiare violenti, squassando la casa e minacciando di distruggerla».

Un momento dell'incontro con le autorità del Belgio nel Castello di Laeken
Un momento dell'incontro con le autorità del Belgio nel Castello di Laeken

Come non leggere qui un riferimento a quanto sta accadendo nell’Ucraina aggredita e martoriata? La casa comune europea è squassata e rischia la distruzione. Perché, come ricorda il Successore di Pietro, «la concordia e la pace non sono una conquista che si ottiene una volta per tutte, bensì un compito e una missione … una missione incessante da coltivare, da curare con tenacia e pazienza. L’essere umano, infatti, quando smette di fare memoria del passato … e di lasciarsene istruire, possiede la sconcertante capacità di tornare a cadere anche dopo che si era finalmente rialzato, dimenticando le sofferenze e i costi spaventosi pagati dalle generazioni precedenti».

C’è un’Europa smemorata, che parla solo di armi e sembra non rendersi conto di camminare verso il baratro. «Siamo vicini – ha aggiunto a braccio – ad una guerra quasi mondiale». Vengono in mente le accorate e inascoltate parole di Giovanni Paolo II, già malato e tremante, quando invitava i “giovani” capi di governo occidentali di allora a non intraprendere la rovinosa guerra in Iraq nel 2003. Lo faceva da testimone vivente dell’orrore della seconda guerra mondiale. Ora i venti della terza guerra mondiale a pezzi soffiano da più parti: nel cuore dell’Europa cristiana, con il conflitto in Ucraina, come pure nel Medio Oriente, dove continuano ad avvenire stragi di civili innocenti, e in tante altre parti del mondo.

Serve un sussulto di coscienza. Serve, dice il Papa, «un’azione culturale, sociale e politica costante e tempestiva, coraggiosa e insieme prudente, che escluda un futuro in cui nuovamente l’idea e la prassi della guerra diventino un’opzione percorribile, con conseguenze catastrofiche». Perché la storia è maestra di vita, ma «troppo spesso inascoltata». E questa storia oggi dal Belgio, attraverso la voce dell’inerme Vescovo di Roma che porta il nome di san Francesco, chiama l’Europa a ritrovare sé stessa e a investire sul futuro aprendosi alla vita, non alla morte e alla corsa agli armamenti, per «sconfiggere l’inverno demografico e l’inferno della guerra».

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27 settembre 2024, 12:00