Papua Nuova Guinea, il Papa: sviluppo sostenibile ed equo, stop alle violenze tribali
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
L’ “armonia delle differenze”, in un Paese che è un arcipelago con centinaia di isole, più di ottocento lingue, altrettanti gruppi etnici, e quindi ha “una straordinaria ricchezza culturale” che si unisce a quella di risorse naturali, è la sfida per i “valori dello spirito” in Papua Nuova Guinea. E le sue tante popolazioni possono dare “al mondo un segno di fraternità” se, consapevoli della “grande responsabilità” che deriva da questa ricchezza, si impegnano a “dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso”, e a fermare “le violenze tribali”, che oltre a causare molte vittime, “non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo”.
Il messaggio del Papa alle autorità del Paese
E’ i consegna alle autorità della Papua Nuova Guinea nel suo discorso nel Leaders Foyer dell’Apec House, il più grande centro congressi di Port Moresby, davanti a circa 300 tra leader politici, religiosi, ambasciatori, imprenditori, rappresentanti della società civile e della cultura. Sono le sue prime parole in pubblico nel Paese, ma la sua giornata era iniziata con una Messa in privato celebrata in nunziatura e il successivo trasferimento al palazzo presidenziale per la visita di cortesia al governatore generale della Papua Nuova Guinea, Bob Bofend Dadae.
La visita di cortesia al governatore generale
Alle 9.48 ora locale, (le 1.48 in Italia) il Papa viene accolto dal governatore all’ingresso principale della Government House, edificio ottocentesco che i colonizzatori britannici hanno realizzato sullo stile delle fattorie del Queensland australiano, dove subito firma il Libro d’Onore. “Lieto di poter incontrare il popolo di Papua Nuova Guinea – scrive nel libro - auspico che esso trovi sempre nella preghiera luce e forza per camminare unito sulla via della giustizia e della pace.” Insieme raggiungono la Ceremony Hall per la foto ufficiale, l’incontro privato, e al termine, lo scambio dei doni. Francesco dona al governatore la medaglia del viaggio, che sul rovescio riproduce al centro la Madonna in piedi col Bambino, circondata dai simboli dei Paesi visitati, per la Papua Nuova Guinea l’uccello del paradiso. E riceve dal suo ospite una riproduzione su tela dello stesso uccello del paradiso, il simbolo del Paese, che compare anche sulla bandiera nazionale. Il governatore, eletto nel febbraio 2017, presenta al Pontefice la moglie Hanna e i quattro figli.
La danza di accoglienza della tribù Motu Koitabu
Dopo il trasferimento all’Apec House, è sempre il governatore generale ad accogliere Papa Francesco all’ingresso principale dell’edificio creato per ospitare il vertice dei leader dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) nel novembre 2018. Il tetto riproduce la tradizionale vela motuana “lagatoi”, a forma di chela di granchio, tipica delle imbarcazioni a doppio scafo usate nel commercio tra le isole del Pacifico. Prima di entrare nel centro conferenze il Papa riceve in dono una riproduzione in legno di questa imbarcazione, e con il governatore assiste ad una danza tradizionale di accoglienza, nei coloratissimi e piumati costumi locali, offerta dai membri della tribù Motu Koitabu, della provincia di Port Moresby.
Il discorso del governatore Dadae
Accompagnati dai tamburi dei danzatori, insieme si spostano poi nel Leaders Foyer, dove prende la parola il governatore generale Bob Bofend Dadae, e ricorda che la Chiesa cattolica è nel Paese da 179 anni, e i primi missionari sono stati i Maristi. Parla delle due visite di san Giovanni Paolo II e definisce la Chiesa “uno dei principali partner di sviluppo del Governo nel fornire servizi nel Paese”. Governo che sostiene anche finanziariamente l’impegno della Chiesa per i bambini e le comunità attraverso l’educazione e l’assistenza sanitaria e spirituale. E riconosce il valore delle sue cure agli emarginati, come la lotta a violenza e violazione dei diritti umani.
I drammatici effetti del cambiamento climatico
Il Governatore sottolinea di apprezzare l’impegno del Papa e della Santa Sede sui temi umanitari universali come la pace, i diritti umani, le questioni di genere, il cambiamento climatico, la salute e l’educazione. E si sofferma sul rispetto dei diritti di donne, bambini, anziani e vulnerabili, prima di concludere con la richiesta di proseguire l’impegno per la lotta contro le cause del cambiamento climatico, perché “l’innalzamento del livello del mare sta incidendo sul sostentamento della nostra gente nelle isole remote della Papua Nuova Guinea e nel Pacifico”.
Il Papa: i frutti delle ricchezze arrivino a tutti i papuani
Papa Francesco apre il suo discorso ricordando la straordinaria ricchezza culturale e ambientale della Papua Nuova Guinea, e sottolinea che le grandi risorse della terra e delle acque, “sono destinati da Dio all’intera collettività”. Per cui, anche se per il loro sfruttamento “è necessario coinvolgere più vaste competenze e grandi imprese internazionali”, è giusto che “nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera” si guardi alle “esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita.
Questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti.
Cessino le violenze tribali, che causano molte vittime
Per ottenere risultati duraturi è però necessaria, per il Papa, “la stabilità delle istituzioni” e il consenso “sulle scelte fondamentali”, requisito indispensabile “per uno sviluppo integrale e solidale”. Ma questo richiede “una visione di lungo periodo e un clima di collaborazione tra tutti”.
Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. Faccio pertanto appello al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese.
Risolvere la questione dello status dell’isola di Bougainville
Solo così potrà essere risolta, chiarisce il Pontefice, “la questione dello status dell’isola di Bougainville, evitando il riaccendersi di antiche tensioni”. L’isola infatti è stata teatro, a partire dal 1989, di una sanguinosa guerriglia secessionista, conclusa solo nel 1998 con la concessione di un’ampia autonomia. Con questa concordia “sui fondamenti della società civile”, prosegue Papa Francesco, si potrà lavorare uniti per “migliorare le infrastrutture, affrontare i bisogni sanitari ed educativi della popolazione e accrescere le opportunità di lavoro dignitoso”.
Guidati da una “grande speranza nel cuore”
Quindi il Papa dedica la seconda parte del suo intervento alla “grande speranza nel cuore” che è necessaria all’essere umano per vivere, come non meno dei beni materiali.
L’abbondanza dei beni materiali, senza questo respiro dell’anima, non basta a dar vita a una società vitale e serena, laboriosa e gioiosa, anzi, la fa ripiegare su sé stessa. L’aridità del cuore le fa perdere l’orientamento e dimenticare la giusta scala dei valori.
I valori dello spirito per la città terrena
In alcune società opulente, spiega Francesco, questa aridità toglie slancio alla società, che smarrisce la speranza nell’avvenire “e non trova più ragioni per trasmettere la vita”. Per questo è necessario “orientare lo spirito verso realtà più grandi” e che i comportamenti “siano sostenuti da una forza interiore”. Tutto questo viene dai valori dello spirito, che influenzano davvero “la costruzione della città terrena e di tutte le realtà temporali”, infondono un’anima e “ispirano e irrobustiscono ogni progetto”. Come ricorda anche il motto della visita del Pontefice in Papua Nuova Guinea: “Pray” “Pregare”. Infatti, chiarisce, “un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto”. E l’emblema dell’uccello del paradiso, nel logo del viaggio, è simbolo “di quella libertà che niente e nessuno può soffocare perché è interiore, ed è custodita da Dio che è amore e vuole che i suoi figli siano liberi”.
La fede possa farsi cultura vissuta
Per questo Papa Francesco auspica che per tutti i cristiani della Papua Nuova Guinea, che sono il 95% degli abitanti, “la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amare Gesù Cristo e seguirlo”
E che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta. In questo modo, la fede potrà aiutare anche la società nel suo insieme a crescere e a individuare buone ed efficaci soluzioni alle sue grandi sfide.
Collaborazione con tutti per le opere di carità
Avviandosi alla conclusione, il Papa ricorda si essere venuto per “incoraggiare i fedeli cattolici a proseguire il loro cammino” e confermarli nella fede. Ma anche a gioire con loro “per i progressi che vanno facendo e a condividere le loro difficoltà”.
Mi congratulo con le comunità cristiane per le opere di carità che svolgono nel Paese, e le esorto a cercare sempre la collaborazione con le istituzioni pubbliche e con tutte le persone di buona volontà, a partire dai fratelli appartenenti ad altre confessioni cristiane e ad altre religioni, a favore del bene comune di tutti i cittadini della Papua Nuova Guinea.
La testimonianza dei beati della Papua Nuova Guinea
Infine il Pontefice chiede ai cattolici di seguire gli esempi del beato Pietro To Rot, testimone del servizio gratuito agli altri, del beato Giovanni Mazzucconi, del Pime, e “di tutti i missionari che hanno annunciato il Vangelo in questa vostra terra”. Riferendosi al discorso del governatore e al suo riferimento al ruolo delle donne, ha aggiunto “a braccio”: “Non dimentichiamo che sono loro a portare avanti un Paese. Le donne hanno la capacità di dare vita, sono al primo posto dello sviluppo umano e spirituale”. Ringrazia per l’accoglienza nel “vostro bel Paese, così lontano da Roma eppure così vicino al cuore della Chiesa cattolica”. Il Vangelo di Cristo, il cui amore è nel cuore della Chiesa “è per tutti i popoli, non è legato a nessun potere terreno, ma è libero per fecondare ogni cultura e far crescere nel mondo il Regno di Dio. Il Vangelo si incultura, aggiunge, e le culture vanno evangelizzate.
Possa questo Regno di Dio trovare piena accoglienza in questa terra, così che tutte le popolazioni della Papua Nuova Guinea, con la varietà delle loro tradizioni, vivano insieme in armonia e diano al mondo un segno di fraternità
Il saluto ai nativi e ai capi di Governo
Al termine, alle 11 ora locale (le 3 del mattino in Italia) il Papa si ferma a salutare alcuni bambini e rappresentanti dei popoli nativi, in costume tradizionale, presenti in sala, e anche tutti i membri dell’orchestra, regalando caramelle ai più piccoli. Poi si reca nella Bi Lateral Room 1 dove incontra brevemente alcune personalità del Governo, della società civile e del Corpo Diplomatico in Papua Nuova Guinea e leader di diversi paesi e organizzazioni del Pacifico, tra cui il primo ministro di Vanuatu, il presidente di Nauru, il primo ministro del Regno di Tonga e il segretario generale del Pacific Islands Forum Secretariat.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui