Il Papa: la fede non è un'etichetta religiosa, servono compassione e docilità
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Dio è così: è amore, e chi ama non resta rigido. Sì, resta fermo, ma non rigido. Non resta rigido sulle proprie posizioni, ma si lascia smuovere e commuovere; sa cambiare i suoi programmi. L’amore è creativo, e noi cristiani, se vogliamo imitare Cristo, siamo invitati alla disponibilità del cambiamento.
Essere docili, ascoltare, intenerirsi “in nome della compassione e del bene altrui” come Cristo ha fatto con la cananea: questo è il cambiamento da intraprendere “nei nostri rapporti, ma anche nella vita di fede”, sottolinea Papa Francesco all’, soffermandosi sull’incontro di Gesù con una donna che lo implora di liberare la figlia tormentata da un demonio. Non è del territorio d’Israele, specifica il Vangelo di Matteo. Gesù non le presta ascolto, ma lei insiste, tanto che i discepoli consigliano al Maestro di esaudirla perché la smetta. Gesù spiega loro “che la sua missione è destinata” alle pecore perdute della casa d’Israele, ma la donna non demorde, gli si avvicina e prostratasi gli chiede aiuto. Gesù allora riconosce quanto è grande la fede della donna, cambia atteggiamento, e la esaudisce.
L’universalità dell’opera di Dio
Il Papa chiarisce che Gesù “stava rivolgendo la sua predicazione al popolo eletto”, poiché lo Spirito Santo avrebbe spinto in seguito la Chiesa ai confini del mondo. Nell’episodio della donna cananea, però, aggiunge Francesco, “già si manifesta l’universalità dell’opera di Dio”. Accade che Gesù, “di fronte alla preghiera della donna ‘anticipa i piani’ e “diventa ancor più condiscendente e compassionevole”.
La fede concreta non è fatta di parole ma di preghiera
Ma c’è un altro aspetto sul quale il Papa invita a riflettere: la fede della donna, che Gesù loda perché grande. Mentre i discepoli ritengono grande solo l’insistenza della cananea, Cristo, invece, “vede la fede”, che non è ricca di concetti, ma di fatti.
La cananea si avvicina, si prostra, insiste, intrattiene un dialogo serrato con Gesù, supera ogni ostacolo pur di parlargli. Ecco la concretezza della fede, che non è un’etichetta religiosa, ma un rapporto personale con il Signore. La fede della donna non è fatta di galateo teologico, ma di insistenza: bussa alla porta, bussa, bussa; non è fatta di parole, ma di preghiera. E Dio non resiste quando è pregato.
L’invito di Francesco è, allora, a domandarsi se, come Gesù, si è capaci di cambiare, essere comprensivi e compassionevoli, o se si è rigidi sulle proprie posizioni. A questo proposito, specifica peraltro, perché non ci si confonda, che "la rigidità è brutta, la fermezza è buona". E ancora il Papa invita a interrogarsi sulla propria fede, se “si ferma a concetti e parole, o è veramente vissuta, con la preghiera e le azioni”, se c’è un dialogo con Dio, se si è insistenti con Lui o ci si accontenta di recitare solo formule. Da qui l’invocazione a Maria perché “ci renda disponibili al bene e concreti nella fede”.
Al termine della preghiera mariana, il Papa ha rivolto come di consueto un saluto ai pellegrini di diversi Paesi riuniti per l'Angelus in san Pietro. In particolare ai nuovi seminaristi del Collegio Nord Americano a cui ha augurato un buon cammino formativo; alla comunità “de la Borriquita” di Cadice, in Spagna; ai polacchi, ricordando il pellgrinaggio di donne e ragazze al Santuario di Nostra Signora a Piekary Śląskie. Infine, Francesco ha menzionato i giovani del Progetto “Tucum”, che da oggi iniziano una Via Lucis attraverso le stazioni ferroviarie italiane, per incontrare le persone che vivono al margine e portare loro la speranza del Vangelo.
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