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Usa, prigione di Tallahassee, in Florida Usa, prigione di Tallahassee, in Florida 

Francesco e la spinta alla misericordia, l'unica a vincere il male

Il racconto di come una comunità abbia scelto di non cadere nella rabbia e nella vendetta dopo l'omicidio di una bambina di otto anni, e come abbia trovato uno scopo nel riconoscere l'immagine di Dio anche in essere umani che hanno commesso crimini terribili

di Dale S. Recinella*

Mi ricordo di quel giorno. Non dimenticherò mai il momento in cui le notizie mi giunsero attraverso l’autoradio. Era circa 25 anni fa a quest’epoca.

Per una settimana l’intera area di Jacksonville (nel nord-est della Florida) era stata compatta nell’intensa ricerca di una bambina di otto anni di nome Maddie Clifton. I suoi genitori l’avevano persa di vista solo per quindici minuti. Era svanita nel nulla. Nel suo stesso quartiere. A pochi passi da casa sua. Il peggior incubo di qualsiasi genitore amorevole.

Tutta la Florida nord-orientale era tappezzata di nastrini viola, il simbolo dell’unità nello sforzo di ritrovare questa bellissima bambina. Si percepiva che tutta la zona pregava con un solo cuore, respirava con un respiro comune, sperava con una fede condivisa.

Stavo guidando verso il carcere dei condannati a morte sull’autostrada 121 in direzione sud. Quando lo sceriffo Nat Glover annunciò una conferenza stampa per aggiornare il pubblico sul caso di Maddie, io mi trovavo circa a metà strada tra Mudlake Road e l’area della discarica di tre contee, vicino al confine tra Baker e Union County. La mia radio era accesa.

Probabilmente in quel momento quasi un milione di persone era incollato alla radio o al televisore, per ascoltare con ansia, nell’ombra di una paura condivisa. Lo sceriffo Glover iniziò a parlare con voce grave e forzata. Potevamo tutti sentire il dolore che stava cercando di soffocare. L’angoscia calò come un manto sul nord-est della Florida.

Il corpo di Maddie era stato trovato. Era stata assassinata dal quattordicenne che abitava dall’altra parte della strada. Il suo corpo senza vita era stato scoperto nascosto sotto il letto ad acqua del ragazzo.

Le lacrime sgorgarono dai miei occhi mentre affondavo le unghie nel volante. Sentivo chiaramente l’urlo di rabbia della mia anima. Era la mia porzione dell’agonia condivisa che stava straziando tutta la nostra comunità.

Quando giunsi nel parcheggio del carcere, presi in seria considerazione l’idea di girare l’auto e tornare a casa. Qual era lo scopo? Quella mattina, percorrere la distanza fino al braccio della morte e distribuire la Comunione sembrava al di là del mio potere. Quella mattina, sembrava oltre le mie forze e oltre la mia capacità affrontare uomini che avevano commesso atti orribili alle persone care di altri esseri umani e riuscire a vedere in loro l’immagine di Dio.

Molti anni fa, però, un sacerdote mi aveva insegnato una preghiera che era l’antidoto per un momento così pericoloso: «Gesù, muovi Tu i miei piedi».

Lo dissi. Gesù lo fece. E Lui mi portò dentro ad assistere spiritualmente i suoi figli.

Nei 25 anni trascorsi da quella mia crisi spirituale nel parcheggio del carcere, ci fu una grande copertura mediatica del caso. Il giovane che commise il crimine fu processato come un adulto e condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale.

La stampa locale assecondò le attese, disumanizzando il ragazzo con definizioni come “mostro” e diffondendo le frasi della gente del posto, dispiaciuta che il giovanissimo minorenne assassino non potesse essere “fritto” sulla sedia elettrica.

Ma in tutto questo, un articolo di stampa mi colpì maggiormente, mi sfidò, mi umiliò più di ogni altro. Si trattava di una lettera al direttore del quotidiano locale scritta dopo il processo al giovane dagli zii della bambina di 8 anni assassinata.

«Grazie a Dio, secondo la legge Joshua Phillips era troppo giovane per essere condannato a morte... Sua madre afferma che è già un cristiano... Preghiamo che sia vero e che la [sua] vita eterna sia assicurata in Dio... Per quanto riguarda Dio che è amore, “amministrando la giustizia” pur essendo “disposti a perdonare”, pochi altri, rispetto alla nostra famiglia, hanno avuto il terribile privilegio di sperimentare e giungere a una comprensione più completa di questi attributi».

I membri della nostra comunità, che più di tutti gli altri avrebbero potuto sentirsi in diritto di provare rabbia e desiderio di vendetta, avevano scelto di cedere alla misericordia di Dio. Il male era stato vinto. Tutti noi che abbiamo osato guardare abbiamo intravisto la Luce del Regno di Dio irrompere, vincendo il male con l’operare il bene.

*Ex avvocato della finanza di Wall Street

”cappellano laico” dei condannati alla pena capitale in Florida

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13 marzo 2023, 08:00