Il Papa agli artisti: il vostro genio racconti in modo nuovo il fascino del Vangelo
PAPA FRANCESCO
Per i suoi contemporanei GesuĢ sarebbe potuto rientrare nel paradigma dellāinadaptado, della persona che non si adatta, disadattata, che non si conforma a cioĢ che eĢ ovvio. Basterebbe leggere nei Vangeli le reazioni provocate dai suoi gesti. In Marco vediamo che «i suoi uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: āEĢ fuori di seĢā». Alcuni poi dichiaravano apertamente, come ci racconta Matteo: «Ecco, eĢ un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori». A volte GesuĢ ha reazioni dure, indignate: getta per aria i tavoli dei mercanti del tempio, ad esempio. Non si adatta, non si conforma.
Seguendo GesuĢ nel suo cammino, vediamo che egli abbandona Nazareth, la sua āpatriaā. Protesta contro coloro che si sentono tanto inclusi da escludere gli altri, contro coloro che credono di vederci cosiĢ chiaro da essere diventati ciechi, coloro che sono cosiĢ autosufficienti nellāamministrare la legge da essere diventati iniqui.
Una trama divina ci accompagna nella ricerca di GesuĢ che cammina, che incontra persone lungo la via, e si fa a duro in volto guardando alla sua meta: Gerusalemme. Chi eĢ? Che cosa vuole? GesuĢ va per le strade dei paesi insegnando, guarendo i malati, consolando gli afflitti. La gente rimane stupita e si chiede chi sia. Come fece con i suoi discepoli, ci guarda negli occhi e ci chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?». Io sento che lo chiede a me. Davanti alla storia di GesuĢ questa resta la domanda fondamentale, che sento risuonare proprio nelle pagine del volume.
A volte siamo oppressi da immagini di GesuĢ che sono, in realtaĢ, piuĢ immaginette che ritratti efficaci. Tendiamo ad addomesticare GesuĢ, a renderlo amabile, ma in modo da rendere il suo messaggio inutilmente dolce. DaĢ pace, consola, eĢ «luce gentile», come scrisse san John Henry
Newman, ma non addormenta con facili cantilene, soprattutto non anestetizza. La sana inquietudine insoddisfatta, insieme allo stupore per la novitaĢ, apre la strada
allāaudacia. Non ci servono, dunque, racconti edificanti, specialmente nei tempi duri che viviamo. Questo libro li bandisce, mettendo spesso in evidenza i chiaroscuri, le asperitaĢ dei racconti evangelici. GesuĢ eĢ venuto a portare il fuoco sulla terra. Se fa luce non teme le ombre. E, dāaltra parte, eĢ vero che chi cresce in un mondo di ceneri non sostiene facilmente il fuoco di grandi desideri.
Non dobbiamo perdere il fuoco dellāincontro con GesuĢ. Per questo guardiamo il Maestro, seguiamolo nel suo cammino senza perderlo di vista. Tutti possono farlo, anche se non sempre eĢ facile capire Dio, prevedere la sua strada. EĢ bello farsi capire da Lui e lasciarsi guidare. Impariamo a togliere la polvere che si eĢ accumulata sulle pagine evangeliche, riscopriamone il gusto intenso. Ed eĢ questo il cammino che siamo chiamati a fare: ascoltare il tono di voce di colui che ha pronunciato le beatitudini, che ha diviso il pane tra la folla, che ha curato i malati, che ha perdonato i peccatori, che si eĢ seduto a tavola con i pubblicani.
La storia di GesuĢ si sposa con quella degli uomini e delle donne, risveglia e potenzia le energie nascoste, la passione assopita per la veritaĢ e per la giustizia, i barlumi di pienezza che lāamore ha prodotto nel nostro cammino, ma anche la capacitaĢ di affrontare il fallimento e il dolore, per esorcizzare i demoni dellāamarezza e del risentimento.
La trama eĢ propria della storia. Non cāeĢ storia senza trama. Dio eĢ entrato nella trama delle vicende umane con una storia che puoĢ essere raccontata, dunque. La trama eĢ un tessuto di fili. GesuĢ si eĢ mischiato in questo intreccio. Non cāeĢ un filo uguale allāaltro e, a volte, i fili si annodano. EĢ nella trama delle vicende umane che lo riconosciamo «al lavoro», come scriveva santāIgnazio: GesuĢ si commuove, si avvicina, tocca il dolore e la morte e li trasforma in vita. Leggere la vicenda di GesuĢ non ci allontana dalla trama della nostra esistenza. Anzi, essa ci chiama a guardare la nostra storia, a tornare a incontrarci con essa senza fuggire.
Bisogna āvedereā questo GesuĢ, sentire il suo tocco sulla propria pelle, altrimenti il Figlio di Dio, il Maestro, diventa unāastrazione, unāidea, unāutopia, unāideologia. Con lui si sviluppa un gioco di sguardi, ma non solo: tutti i sensi sono coinvolti. GesuĢ eĢ cosparso di profumo da una donna, mangia e condivide pane e pesce, tocca e guarisce, ascolta e risponde ai suoi interlocutori.
Aprire i Vangeli eĢ come guardare da una telecamera che ci fa vedere GesuĢ in azione. Lo sguardo col quale Una trama divina ci aiuta a leggerli sembra proprio quello del cinema. SantāIgnazio di Loyola nei suoi Esercizi spirituali chiede di contemplare i Vangeli con gli occhi dellāimmaginazione: con gli occhi, non con lāastrazione mentale. Facendo cosiĢ, la storia di GesuĢ entra nella nostra. La guardiamo alla luce della nostra vita, vediamo i volti, le vicende, i personaggi... Possiamo immaginare persino noi stessi entrare nella storia di GesuĢ, vedere lui,
i suoi luoghi, i suoi movimenti, ascoltare le parole dalla sua viva voce. E cosiĢ il Vangelo ci tocca nel profondo.
I gesti di GesuĢ sono inclusivi: associa a seĢ i piuĢ poveri, gli oppressi, i ciechi, rendendoli partecipi della sua nuova visione delle cose. Il suo non eĢ uno sguardo assistenzialista. Non guarisce i ciechi cosiĢ che possano godersi lo spettacolo mediatico di questo mondo, ma percheĢ siano in grado di vedere lāazione di Dio nella storia. Il Signore non viene a liberare gli oppressi solamente per farli sentire bene, ma per mandarli ad agire.
GesuĢ ha fiducia nel meglio dello spirito umano. Incontrarlo significa recuperare energia, forza, coraggio. Davanti alla realtaĢ, il Maestro non si perde in lamentele, non daĢ un giudizio paralizzante: al contrario, ci invita a un impegno appassionato. La vulnerabilitaĢ della gente, per la quale il Signore prova compassione, non lo porta a un calcolo prudente delle nostre possibilitaĢ limitate, come gli suggeriscono gli apostoli: invece li esorta alla sovrabbondanza traboccante del Vangelo, come accadde nella moltiplicazione dei pani.
Una trama divina, in questo senso, mette chiaramente in risalto la differente capacitaĢ di giudizio di GesuĢ e quella dei suoi discepoli. Non si abbia paura di vedere GesuĢ spesso incompreso anche dai suoi, duro da accettare, solo. Mettiamo, semmai, in questione la nostra capacitaĢ di giudizio e di comprensione del Vangelo.
Infine: come parlare di GesuĢ? Quale linguaggio usare? Come presentare questo āpersonaggioā che ha cambiato la storia del mondo? EĢ una delle sfide del libro. Certo, non con il linguaggio dellāabitudine. Il linguaggio della vera tradizione eĢ vivo, vitale, capace di futuro e di poesia. Il linguaggio dellāabitudine eĢ invece stantio, noioso, cerimonioso, ovvio. La Chiesa deve stare attenta a non cadere nella trappola del linguaggio banale, delle frasi che si e ripetono in modo meccanico e stanco.
Il Vangelo deve essere fonte di genialitaĢ, di sorpresa, capace di scuotere nel profondo. Il peggio che possa accadere eĢ tradurre la potenza del linguaggio evangelico in zucchero filato: attutire lāimpatto delle parole, smussare gli angoli delle frasi, addomesticare il senso del discorso. Quanto sono importanti le parole! Gli artisti, gli scrittori, proprio per la natura della loro ispirazione, sono in grado di custodire la forza del discorso evangelico.
Oggi risuona nel mondo unā«eco di piombo», per usare unāespressione del poeta gesuita Gerard Manley Hopkins. Faccio un appello: in questo tempo di crisi dellāordine mondiale, di guerra e grandi polarizzazioni, di paradigmi rigidi, di gravi sfide a livello climatico ed economico abbiamo bisogno della genialitaĢ di un linguaggio nuovo, di storie e immagini potenti, di scrittori, poeti, artisti capaci di gridare al mondo il messaggio evangelico, di farci vedere GesuĢ.
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