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La copertina del libro di Papa Francesco "Contro la guerra" La copertina del libro di Papa Francesco "Contro la guerra" 

Il Papa: “La guerra è un sacrilegio, smettiamo di alimentarla!”

Dal 14 aprile in edicola con il Corriere della Sera, e in libreria, “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace”: un libro di Papa Francesco che presenta il dialogo come arte politica, la costruzione artigianale della pace e il disarmo come scelta strategica. Pubblichiamo l’introduzione

FRANCESCO

Un anno fa, nel mio pellegrinaggio nel martoriato Iraq, ho potuto toccare con mano il disastro causato dalla guerra, dalla violenza fratricida e dal terrorismo, ho visto le macerie delle case e le ferite dei cuori, ma anche semi di speranza di rinascita. Mai avrei immaginato allora di veder scoppiare un anno dopo un conflitto in Europa. Fin dall’inizio del mio servizio come vescovo di Roma ho parlato della Terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi. Quei pezzi sono diventati sempre più grandi, saldandosi tra di loro... Tante guerre sono in atto in questo momento nel mondo, che causano immane dolore, vittime innocenti, specialmente bambini. Guerre che provocano la fuga di milioni di persone, costrette a lasciare la loro terra, le loro case, le loro città distrutte per aver salva la vita. Sono le tante guerre dimenticate, che di tanto in tanto ricompaiono davanti ai nostri occhi disattenti.

La copertina del libro di Papa Francesco "Contro la guerra"
La copertina del libro di Papa Francesco "Contro la guerra"

Queste guerre ci apparivano «lontane». Fino a che, ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa. E nel conflitto a essere colpiti sono purtroppo tanti civili innocenti, tante donne, tanti bambini, tanti anziani, costretti a vivere nei rifugi scavati nel ventre della terra per sfuggire alle bombe, con famiglie che si dividono perché i mariti, i padri, i nonni rimangono a combattere, mentre le mogli, le madri e le nonne cercano rifugio dopo lunghi viaggi della speranza e varcano il confine cercando accoglienza presso altri Paesi che li ricevono con grandezza di cuore.

Di fronte alle immagini strazianti che vediamo ogni giorno, di fronte al grido dei bambini e delle donne, non possiamo che urlare: «Fermatevi!». La guerra non è la soluzione, la guerra è una pazzia, la guerra è un mostro, la guerra è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato.

Sì, la guerra è un sacrilegio! Non posso non ricordare la supplica con cui nel 1962 san Giovanni XXIII chiese ai potenti del suo tempo di fermare un’escalation bellica che avrebbe potuto trascinare il mondo nel baratro del conflitto nucleare. Non posso dimenticare la forza con cui san Paolo VI, intervenendo nel 1965 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, disse: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!». O, ancora, i tanti appelli per la pace di san Giovanni Paolo II, che nel 1991 ha definito la guerra «un’avventura senza ritorno».

Quella a cui stiamo assistendo è l’ennesima barbarie e noi, purtroppo, abbiamo memoria corta. Sì, perché se avessimo memoria, ricorderemmo che cosa i nostri nonni e i nostri genitori ci hanno raccontato, e avvertiremmo il bisogno di pace così come i nostri polmoni hanno bisogno d’ossigeno. La guerra stravolge tutto, è follia pura, il suo unico obiettivo è la distruzione ed essa si sviluppa e cresce proprio attraverso la distruzione e se avessimo memoria, non spenderemmo decine, centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarci di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi: 1981 miliardi di dollari all’anno, secondo i conteggi di un importante centro studi di Stoccolma. Segnando un drammatico +2,6 per cento proprio nel secondo anno di pandemia, quando invece tutti i nostri sforzi si sarebbero dovuti concentrare sulla salute globale e nel salvare vite umane dal virus.

Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza.

Ogni guerra rappresenta non soltanto una sconfitta della politica ma anche una resa vergognosa di fronte alle forze del male. Nel novembre 2019, a Hiroshima, città simbolo della Seconda guerra mondiale i cui abitanti furono trucidati, insieme a quelli di Nagasaki, da due bombe nucleari, ho ribadito che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche.

Chi poteva immaginare che meno di tre anni dopo lo spettro di una guerra nucleare si sarebbe affacciato in Europa? Così, passo dopo passo, ci avviamo verso la catastrofe. Pezzo dopo pezzo il mondo rischia di diventare il teatro di un’unica Terza guerra mondiale. Ci si avvia come fosse ineluttabile. Invece dobbiamo ripetere con forza: no, non è ineluttabile! No, la guerra non è ineluttabile! Quando ci lasciamo divorare da questo mostro rappresentato dalla guerra, quando permettiamo a questo mostro di alzare la testa e di guidare le nostre azioni, perdono tutti, distruggiamo le creature di Dio, commettiamo un sacrilegio e prepariamo un futuro di morte per i nostri figli e i nostri nipoti. La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione di potere, la violenza, sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia bellica che dimentica l’incommensurabile dignità della vita umana, di ogni vita umana, e il rispetto e la cura che le dobbiamo.

Di fronte alle immagini di morte che ci arrivano dall’Ucraina è difficile sperare. Eppure ci sono segni di speranza. Ci sono milioni di persone che non aspirano alla guerra, che non giustificano la guerra, ma chiedono pace. Ci sono milioni di giovani che ci chiedono di fare di tutto, il possibile e l’impossibile, per fermare la guerra, per fermare le guerre. È pensando innanzitutto a loro, ai giovani, e ai bambini, che dobbiamo ripetere insieme: mai più la guerra. E insieme impegnarci a costruire un mondo che sia più pacifico perché più giusto, dove a trionfare sia la pace, non la follia della guerra; la giustizia e non l’ingiustizia della guerra; il perdono reciproco e non l’odio che divide e che ci fa vedere nell’altro, nel diverso da noi, un nemico.

Mi piace qui citare un pastore d’anime italiano, il venerabile don Tonino Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, in Puglia, instancabile profeta di pace, il quale amava ripetere: i conflitti e tutte le guerre «trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti». Quando cancelliamo il volto dell’altro, allora possiamo far crepitare il rumore delle armi. Quando l’altro, il suo volto come il suo dolore, ce lo teniamo davanti agli occhi, allora non ci è permesso sfregiarne la dignità con la violenza.

Nell’enciclica Fratelli tutti ho proposto di usare il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari per costituire un Fondo mondiale destinato a eliminare finalmente la fame e a favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa. Rinnovo questa proposta anche oggi, soprattutto oggi. Perché la guerra va fermata, perché le guerre vanno fermate e si fermeranno soltanto se noi smetteremo di «alimentarle».

 

*Il libro – edito da Solferino e LEV - sarà presentato venerdì 29 aprile alle ore 10.30 a Roma all'Università LUMSA (Sala Giubileo - via di Porta Castello 44). Dopo i saluti del rettore Francesco Bonini, intervengono il cardinale Piero Parolin, Segretario di Stato, e Romano Prodi. Modera Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera 

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13 aprile 2022, 09:00