Il Papa: ridiamo un volto ai migranti, vittime di torture e trafficanti
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
C’è tanto bisogno di un festival come il Giàvera, appuntamento, giunto alla 26.ma edizione, che promuove il dialogo e l’incontro tra popoli e culture. C’è bisogno, dice Papa Francesco ricevendo oggi in Vaticano partecipanti e organizzatori, perché l’evento riesce a rimettere al centro volti, storie e anche l’arte di tanti migranti, oggi vittime di gruppi criminali, “strumentalizzati” nei conflitti geopolitici, torturati brutalmente.
“È bello e molto significativo che il vostro Festival sia nato e sempre rinasca da un’esperienza di DzԱԳ”, sottolinea il Pontefice.
Non nasce a tavolino, sulla base di un progetto ideologico, ma da giornate, mesi, anni di condivisione con i migranti. Con le loro storie, coi loro problemi, e soprattutto con il loro bagaglio di umanità, di tradizioni, di cultura, di fede.
Una cultura dell'accoglienza
Il Papa si dice colpito dall’elenco delle associazioni e dei gruppi di migranti che partecipano all’iniziativa: “La vostra casa di accoglienza, è una casa con tante finestre aperte sul mondo!” e “il Giavera Festival è diventato un crocevia, un luogo di incontro, di dialogo, di conoscenza reciproca. E anche un luogo dove condividere la speranza, il sogno di un mondo più fraterno”.
Tutta l’iniziativa “nasce dalla volontà di far conoscere l’esperienza vissuta, di farla circolare nel tessuto sociale, per contribuire a diffondere una cultura di accoglienza.
Cultura dell’accoglienza contro la cultura dello scarto, no? C’è n’è tanto bisogno! Perché la realtà delle migrazioni nel nostro tempo ha assunto caratteristiche che a volte possono spaventare. Oggettivamente il fenomeno è molto complesso, e purtroppo ci sono gruppi criminali che ne approfittano; i migranti rischiano di essere strumentalizzati anche all’interno dei conflitti geopolitici. Allora cessano di essere persone e diventano numeri.
L'umanità dell'Albania
Pertanto “c’è più che mai bisogno di luoghi in cui si mettono al centro i volti, le storie, i canti, le preghiere, l’arte dei migranti”, rimarca Papa Francesco. A braccio, riporta le parole riferitegli questa mattina dal primo ministro dell’Albania, ricevuto in udienza nel Palazzo Apostolico: "Mi diceva che la prima Costituzione in Albania – cento anni più indietro, risale a cento anni fa? – diceva che a chi ti bussa alla porta tu devi aprirgli, perché è Dio. E da lì, l’umanità che hanno gli albanesi nel ricevere i migranti. Questo pensiero mi ha toccato: chi bussa alla tua porta è Dio. Aprigli e lascia il tuo posto per lui".
Esperienze e buona politica
“Questo modo di vedere la realtà delle migrazioni – chiarisce ancora il Papa - non vuol dire nascondere o ignorare le difficoltà e i problemi. No! Chi meglio di voi li conosce e può testimoniarli?”
E dunque è importante che le vostre esperienze siano anche messe a disposizione della buona politica, per aiutare chi ha responsabilità di governo a livello locale, nazionale e internazionale a fare scelte che sappiano sempre unire il sano realismo con il rispetto della dignità delle persone.
Francesco fa riferimento ad uno dei quadri portati dai partecipanti all'udienza "sulle torture che subiscono i migranti quando quei trafficanti li prendono": "E questo succede oggi - commenta -. Non possiamo chiudere gli occhi, eh! La dignità delle persone".
Dialogo con istituzioni e società
In quest’ottica il Festival, così come altre iniziative analoghe in Italia e in diversi Paesi, “non va ridotto a manifestazione folcloristica o a un raduno di idealisti”: “Possiamo chiederci, dopo trent’anni: la nostra esperienza è riuscita, e in quale misura, a incidere sul piano delle scelte politiche, dialogando con le istituzioni e con la società civile? Mi sembra importante porsi questa domanda”, dice il Papa.
E conclude indicando un modello da seguire: Abramo, “che Dio chiamò a partire e che rimase sempre migrante in tutta la sua vita”. Abramo, “padre” che i cristiani condividono con ebrei e musulmani, “è una figura in cui possono riconoscersi tutti gli uomini e le donne che concepiscono la vita come viaggio alla ricerca della terra promessa, terra di libertà e di pace, dove vivere insieme come fratelli”, evidenzia il Papa. Come lui, incoraggia, andiamo avanti “con spirito sempre rinnovato”.
La storia del Festival
Il Giàvera Festival è un appuntamento nato nel 1996 a Giàvera del Montello, comune in provincia di Treviso, nel Veneto, e unisce popoli e culture attraverso testimonianze, dibattiti, spettacoli ed esibizioni etniche, coinvolgendo oltre 40 associazioni impegnate con i migranti. Nel luglio scorso si è svolta la 26ma edizione, promossa dall’Associazione “Ritmi e danze dal mondo” fondata da don Bruno Baratto, direttore dell'Ufficio pastorale delle migrazioni della Diocesi di Treviso.
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