Sant’Ireneo, ponte tra Oriente e Occidente, sarà Dottore della Chiesa
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Venuto dall’Oriente ma apostolo in Occidente, "pastore" e “campione della lotta contro le eresie” come lo definì Benedetto XVI, sant’Ireneo di Lione sarà proclamato presto Dottore della Chiesa con il titolo di Doctor unitatis, dottore dell’unità. L’annuncio è arrivato direttamente dal Papa, questa mattina, con un breve passaggio a braccio del discorso ai membri del Gruppo Misto di Lavoro ortodosso-cattolico Sant’Ireneo. “Volentieri dichiarerò Dottore della Chiesa il vostro patrono”, ha detto Francesco, definendo questa figura di primaria importanza nella storia della Chiesa come “un grande ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali”.
Il nome stesso, Ireneo, “porta impressa la parola pace”, ha sottolineato il Papa, richiamando la radice greca Ειρηνα?ο? (Eirenaios), che significa appunto “pacifico”, “pacificatore”, “serafico". Indica cioè qualcuno che si sforza di portare e di operare la pace. Proprio quello che fu il programma della vita del santo.
Evangelizzatore dei barbari in lotta contro lo gnosticismo
Originario dell’Asia, probabilmente nato a Smirne e approdato in Gallia nel 177, discepolo di Policarpo, indirettamente quindi dell’apostolo Giovanni, è stato il primo teologo cristiano a tentare di elaborare una sintesi globale del cristianesimo primitivo. Parlava il greco, ma per evangelizzare celtici e germanici imparò le lingue di popoli considerati barbari. Condusse la sua opera in un momento di dura persecuzione e in un periodo storico marcato da due eventi culturali di grande spessore: l’insorgere dello gnosticismo in ambito cristiano, prima forma di eresia in possesso di un impianto dottrinale capace anche di affascinare molti cristiani colti; e il diffondersi nel mondo pagano del neoplatonismo, filosofia di ampio respiro che presentava alcune affinità con il cristianesimo.
Difensore della dottrina
Ireneo tentò di dare una risposta decisiva per evidenziare gli errori contenuti nello gnosticismo, dottrina che affermava che la fede insegnata nella Chiesa sarebbe solo un simbolismo per i semplici, incapaci di capire cose difficili, mentre gli iniziati, gli intellettuali avrebbero capito quanto sta dietro questi simboli, e così avrebbero formato un cristianesimo elitario, intellettualista. Il pastore di Lione aprì, invece, uno spiraglio di dialogo nei confronti del neoplatonismo e ne accolse alcuni principi generali, elaborandoli personalmente. Dei suoi scritti rimangono due opere: i cinque libri intitolati “Contro le eresie” e l’“Esposizione della predicazione apostolica”, definito anche il più antico catechismo della dottrina cristiana.
La catechesi di Benedetto XVI nel 2007
Attraverso i suoi scritti, Ireneo perseguì un duplice scopo: “Difendere la vera dottrina dagli assalti degli eretici, ed esporre con chiarezza le verità della fede”, come ebbe a dire Papa Benedetto XVI, che a questa “personalità eminente” ha dedicato . “Ireneo è innanzitutto un uomo di fede e un Pastore”, disse in quell’occasione l’attuale Papa emerito. “Del buon Pastore ha il senso della misura, la ricchezza della dottrina, l’ardore missionario… Ireneo è il campione della lotta contro le eresie”. “Radicandosi saldamente nella dottrina biblica della creazione”, egli confutò “il dualismo e il pessimismo gnostico che svalutavano le realtà corporee” e rivendicò “decisamente l’originaria santità della materia, del corpo, della carne, non meno che dello spirito”.
Oltre le eresie
Ma l’opera di Ireneo va ben oltre la confutazione dell’eresia: “Si può dire infatti che egli si presenta come il primo grande teologo della Chiesa, che ha creato la teologia sistematica; egli stesso parla del sistema della teologia, cioè dell’interna coerenza di tutta la fede”, ricordò ancora Papa Benedetto. “Al centro della sua dottrina sta la questione della Regola della fede e della sua trasmissione. Per Ireneo la Regola della fede coincide in pratica con il Credo degli Apostoli, e ci dà la chiave per interpretare il Vangelo”. Ireneo portò il Vangelo ricevuto in una catena ininterrotta dagli Apostoli, che non hanno insegnato altro che "una fede semplice". Sempre polemizzando con il carattere “segreto” della tradizione gnostica e notandone gli esiti contraddittori, egli – disse Joseph Ratzinger - si preoccupò di illustrare “il genuino concetto di Tradizione apostolica” che è “pubblica”, “unica” e “pneumatica”, guidata cioè dallo Spirito Santo “che la rende viva e la fa essere rettamente compresa dalla Chiesa”.
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