Urbi et Orbi: Gesù porti pace e speranza nel mondo logorato da guerre e pandemia
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Nel , Papa Francesco lega una lunga sequenza di volti, intrecciata con storie di popoli e pagine di dolore, ad una speranza. Ad una fonte di amore e di misericordia incarnata in un Bambino, “nato per noi” e “per tutti”, che anche in questo tempo sfregiato dalla pandemia invita l’umanità a percorrere vie di fraternità. Da Betlemme quel Neonato irradia speranza in tutto il mondo. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Bambini vittime della guerra
Nel Figlio di Dio si riflettono anche gli sguardi, intrisi di sofferenza, di tanti, “troppi bambini” che conoscono il terribile volto della guerra.
Nel giorno in cui il Verbo di Dio si fa bambino, volgiamo lo sguardo ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l’alto prezzo della guerra. I loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà, affinché siano affrontate le cause dei conflitti e ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace. Sia questo il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale.
Pace per Siria, Iraq e Libia
Il Papa, che si recherà in Iraq dal 5 all’8 marzo prossimi, ricorda inoltre il dramma di Paesi sfigurati da conflitti e instabilità:
Gesù Bambino risani le ferite dell’amato popolo siriano, che da ormai un decennio è stremato dalla guerra e dalle sue conseguenze, ulteriormente aggravate dalla pandemia. Porti conforto al popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra. Rechi pace alla Libia e consenta che la nuova fase dei negoziati in corso porti alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese.
Fraternità per la Terra Santa
Il Bambino di Betlemme, aggiunge il Pontefice nel messaggio di Natale, “doni fraternità alla terra che lo ha visto nascere”.
Israeliani e palestinesi possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità.
Speranza per il Libano
Un’altra terra ricordata da Francesco è il Libano, stremato da una lunga crisi politica e da una serie di attentati che hanno sconvolto il Paese.
La stella che ha illuminato la notte di Natale sia guida e incoraggiamento per il popolo libanese, affinché, nelle difficoltà che sta affrontando, col sostegno della Comunità internazionale non perda la speranza. Il Principe della Pace aiuti i responsabili del Paese a mettere da parte gli interessi particolari e ad impegnarsi con serietà, onestà e trasparenza perché il Libano possa percorre un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e di convivenza pacifica.
Nagorno-Karabakh e Ucraina orientale
Altri territori dove il Natale posa semi di speranza sono quelli in cui devono attecchire la tregua e il dialogo per far nascere un’autentica pace. Tra questi, il Nagorno-Karabakh, regione caucasica contesa tra Armenia e Azerbaigian, e l'Ucraina orientale.
Il Figlio dell’Altissimo sostenga l’impegno della comunità internazionale e dei Paesi coinvolti a proseguire il cessate-il-fuoco nel Nagorno-Karabakh, come pure nelle regioni orientali dell’Ucraina, e a favorire il dialogo quale unica via che conduce alla pace e alla riconciliazione.
Africa
Nel messaggio di Natale, il Papa ricorda poi molteplici drammi che affliggono diversi Paesi del Continente africano:
Il Divino Bambino allevii la sofferenza delle popolazioni del Burkina Faso, del Mali e del Niger, colpite da una grave crisi umanitaria, alla cui base vi sono estremismi e conflitti armati, ma anche la pandemia e altri disastri naturali; faccia cessare le violenze in Etiopia, dove, a causa degli scontri, molte persone sono costrette a fuggire; rechi conforto agli abitanti della regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, vittime della violenza del terrorismo internazionale; sproni i responsabili del Sud Sudan, della Nigeria e del Camerun a proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso.
Continente americano
Anche l’America, sottolinea Papa Francesco, è scossa da tante sofferenze alimentate anche da profonde piaghe come corruzione e narcotraffico.
Il Verbo eterno del Padre sia sorgente di speranza per il Continente americano, particolarmente colpito dal coronavirus, che ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimono, spesso aggravate dalle conseguenze della corruzione e del narcotraffico. Aiuti a superare le recenti tensioni sociali in Cile e a porre fine ai patimenti del popolo venezuelano.
Asia
Il pensiero del Pontefice è rivolto anche all’Asia, in particolare a Paesi colpiti da disastri naturali.
Il Re del Cielo protegga le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali. E pensando all’Asia, non posso dimenticare il popolo Rohingya: Gesù, nato povero tra i poveri, porti speranza nelle loro sofferenze.
Tutti figli e fratelli
Il Bambino nato a Betlemme, spiega il Papa, è “il ‘figlio’ che Dio ha dato all’intera famiglia umana”. Grazie a questo Bambino, aggiunge il Pontefice, “tutti possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo Padre, Papà”, “tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli” con le nostre identità e diversità.
In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità. E Dio ce la offre donandoci il suo Figlio Gesù: non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti… No. Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni.
Vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili
"Nel Natale - sottolinea il Santo Padre - celebriamo la luce del Cristo che viene al mondo e lui viene per tutti: non soltanto per alcuni. Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini".
Ma perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti. Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la vera famiglia umana che siamo. Non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle. Non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!
Il volto di Dio in quanti soffrono
Quel Bambino, auspica il Pontefice nel messaggio Urbi et Orbi, sia fonte di ispirazione per l’umanità scossa dalla dura prova dell’emergenza sanitaria che erode il tessuto economico e rende coloro che sono indifesi ancora più vulnerabili.
Il Bambino di Betlemme ci aiuti allora ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche. Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere. Siamo tutti sulla stessa barca. Ogni persona è un mio fratello. In ciascuno vedo riflesso il volto di Dio e in quanti soffrono scorgo il Signore che chiede il mio aiuto. Lo vedo nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell’emarginato, nel migrante e nel rifugiato.
Riscoprire la famiglia
In questo giorno di festa il Papa rivolge poi “un pensiero particolare a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo”.
Gesù è nato in una stalla, ma avvolto dall’amore della Vergine Maria e di San Giuseppe. Nascendo nella carne, il Figlio di Dio ha consacrato l’amore familiare. Il mio pensiero va in questo momento alle famiglie: a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa. Per tutti il Natale sia l’occasione di riscoprire la famiglia come culla di vita e di fede; luogo di amore accogliente, di dialogo, di perdono, di solidarietà fraterna e di gioia condivisa, sorgente di pace per tutta l’umanità. Buon Natale a tutti.
Dopo il messaggio di Natale, Papa Francesco ha infine impartito la benedizione Urbi et Orbi dall’Aula della Benedizione, dove lo scorso 21 dicembre si è svolta l’udienza alla Curia Romana per gli auguri natalizi.
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