Il Papa ricorda le ferite non ancora rimarginate del terremoto in Irpinia
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
A 40 anni dal “disastroso terremoto” dell’Irpinia, che “seminò morte e distruzione” il Papa, nei saluti del dopo Angelus, ha rivolto il suo pensiero alle popolazioni della Campania e della Basilicata:
蚕耻别濒濒’别惫别苍迟辞 drammatico, le cui ferite anche materiali non sono ancora del tutto rimarginate, ha evidenziato generosità e solidarietà degli italiani. Ne sono testimonianza i gemellaggi tra i paesi terremotati e quelli del nord e del centro i cui legami ancora sussistono. Queste iniziative hanno favorito il faticoso cammino della ricostruzione e soprattutto la fraternità tra le diverse comunità della penisola.
Il terremoto della domenica 23 novembre del 1980, di magnitudo X della Scala Mercalli, colpì un’area di oltre 17 mila chilometri dell’Italia meridionale, toccando soprattutto le province di Avellino, Salerno e Potenza e radendo al suolo alcuni paesi, con il drammatico bilancio di circa 3 mila morti, più di 8 mila feriti e 280 mila sfollati. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il pensiero alle famiglie in difficoltà per la mancanza di lavoro
Francesco, successivamente, ha salutato i romani e i pellegrini che “malgrado le difficoltà attuali e sempre nel rispetto delle regole” sono giunti in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus. Un pensiero speciale è andato alle famiglie che, in questo tempo, vivono momenti difficili:
Su questo pensate a tante famiglie che sono in difficoltà in questo momento, perché non hanno il lavoro, hanno perso il lavoro, hanno uno, due figli, e delle volte, con un po’ di vergogna, non fanno sapere questo. Ma siate voi ad andare a cercare dove c’è necessità. Dove è Gesù, dove è Gesù nel bisogno. Fate questo.
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