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Il Papa ad Assisi. La fratellanza nel cammino della Chiesa in uscita

L’attesa della terza Enciclica di Papa Francesco alla luce dell’esperienza di un vescovo formato alla spiritualità francescana e di un gesuita studioso di teologia islamica, alla vigilia della visita del Pontefice ad Assisi

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Francesco sabato 3 ottobre sarà nella cittadella di Assisi  per firmare la sua ultima Enciclica "Fratelli tutti". Le attese per questo documento nel colloquio con il vescovo ausiliare di Milano monsignor Paolo Martinelli ofm, già preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità alla Pontificia Università Antonianum, e il gesuita padre Luigi Territo, studioso di Teologia fondamentale e Teologia islamica alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.  

La firma ad Assisi, segno di una Chiesa in movimento

A evidenziare la portata di questo gesto è il vescovo Martinelli che sottolinea il significato del luogo dove Francesco ha dato origine a una esperienza di vita spirituale, il cui cuore fondamentale è stato proprio il riconoscimento dell'essere fratelli gli uni degli altri. Padre Territo aggiunge il valore di una Chiesa fattivamente ‘in uscita’, come ama ripetere il Papa: “Sembra che lui dica al mondo che c’è una priorità mistica e spirituale dell’esperienza di fede rispetto a tutte le forme istituzionali delle nostre credenze. Assisi rappresenta tutto questo, e non solo per i cristiani, laddove c’è la memoria storica di un Santo che ha vissuto come i piccoli del Vangelo, totalmente affidato al Padre e per questo riconosciuto come un fratello di tutti”.

Ascolta l'intervista a monsignor Martinelli

Un Magistero intriso di fratellanza

Guardando alle encicliche di Papa Francesco si possono facilmente rintracciare i semi che in qualche modo hanno preparato il terreno al tema di “Fratelli tutti”. “Il pensiero va al testo di Evangelii gaudium – ricorda Martinelli – dove in alcuni passaggi si parla di una mistica del vivere insieme, del mescolarsi, di incontrarsi, di prendersi in braccio, di appoggiarsi e di portare un rapporto di fraternità a tutte le persone. Vedo un legame profondo, almeno considerando il titolo, con quel testo fondamentale e programmatico del suo pontificato”. Il presule ne sottolinea l’idea dell'essere uniti gli uni agli altri per il riconoscimento misterioso della presenza di Dio in ciascuno di noi. Una mistica che sa percepire Dio dentro le relazioni fraterne. Ma anche in Christus Vivit, l’esortazione rivolta ai giovani dopo il Sinodo, c’è la valorizzazione dello stile di apertura verso tutti, di attenzione per l’umano concreto di ogni persona, di sincerità, di coraggio, di affidamento vicendevole: le basi di un sentimento potente di fratellanza”. E qui la citazione di Francesco d’Assisi è calzante: “Quando scrive il suo testamento, scrive ‘Il Signore mi diede dei fratelli…’”.

Padre Territo condivide il riferimento al testo dell'Evangelii gaudium dove il Papa parla di una Chiesa che sa fare il primo passo, che sa prendere l’iniziativa senza paura, va in cerca dei lontani, agli incroci delle strade... “Non è tanto la questione della fraternità di reciprocità – precisa il gesuita – ma è il concetto di una Chiesa che non aspetta, che si lancia incontro ai fratelli, che segna una via. In questo senso la Chiesa per il Papa è proprio lievito della fraternità. Lo vedo anche in Amoris Laetitia, in Laudato si': c’è l’idea dell’accompagnamento dell’umanità tutta, dell’amore matrimoniale, delle coppie ferite, l’accompagnamento degli esclusi, la preoccupazione per le ferite della terra. Insomma, l’idea della Chiesa che si occupa dell’umanità tutta”. 

Cosa è la fratellanza?

Un sentimento, un valore, una disposizione d’animo, un comandamento, uno stile di vita, un dono? “Dal punto di vista cristiano è soprattutto una responsabilità – spiega Territo – nel senso forte del termine. Una risposta decisa, cosciente a un modo di vivere che ha mostrato Gesù. Un volto di Dio che Gesù ha mostrato, fraterno, accogliente, aperto, non moralista, e anche, se vogliamo, una risposta alla chiamata originaria nella Genesi: ‘Che hai fatto di tuo fratello?’. Non è un caso che anche il Documento di Abu Dhabi cominci con ‘In nome di Dio…’. Non in nome della convivenza sociale, della pace, della solidarietà. Ma in nome di Dio. In senso cristiano, allora, è una risposta ad una chiamata di fraternità”.

Ascolta l'intervista a padre Territo

Monsignor Martinelli riprende una delle intuizioni fondamentali della Laudato si' in cui si ripete che tutto è in relazione: “Dal punto di vista vitale della struttura dell’esistente, tutto richiama a coglierci vicendevolmente in relazione. Emblematica l’esperienza di San Francesco d’Assisi che vive una profonda familiarità con tutto e con tutti. Persino con sorella morte. In senso cristiano c’è il riconoscimento che ciò che Cristo viene a rivelare è il mistero del Padre che ci vuole uno per uno, originali, unici e irripetibili. Questo ci permette di ricominciare sempre, in tutte le relazioni”. 

Fraternità e pseudo-comunitarismo

La strada della fratellanza universale non è scevra di difficoltà e rischi, perché il nemico è sempre in agguato. Martinelli avverte che ogni affermazione ideale che ci sprona a una tensione di bene non ci può garantire a priori dalle fatiche e anche degli scontri che possono accadere. “La cosa interessante è coltivare questo stile e questo riconoscimento del bene che l’altro è in quanto altro da me. Non posso mai dire: con te è finita e ti devo fare fuori. Da qui il perdono e la misericordia”. “Forme di fratellanza anche escludenti ce ne sono”, avverte Territo. “I fondamentalismi lo sono. Invece il senso intimo della fraternità è farsi prossimo. Ci sono forme di incomprensione della fraternità che sono dei modi sbagliati di pensare al comunitarismo, forme di pseudo-fraternità che selezionano e distinguono in classi diverse l’umanità, che respingono, che escludono in nome di una fraternità nazionale, etnica, religiosa”. E il vescovo Martinelli insiste che se la fratellanza esclude, vuol dire che c’è già il germe della malattia. Occorre dunque educarsi a riconoscere il bene dell’altro come ricchezza inesauribile. E’ stata questa l’esperienza stessa di San Francesco, che all’inizio è stato fortemente escludente - e cita la vicenda del lebbroso, da cui fuggiva - fino a sentirsi davvero fratello universale di tutti”.

I leader religiosi e l’attesa dell’Enciclica

Le religioni sono alle volte usate in maniera manipolatoria. Questa Enciclica potrà suggellare la vocazione a costruire convivenze pacifiche, vocazione propria di ogni religione? “Credo che il Papa stia perseguendo un cammino, c’è un processo in atto di dialogo e costruzione di ponti, come lui ama dire”, risponde padre Territo, facendo riferimento al documento di Abu Dhabi in cui si scandisce che ‘non c’è un’alternativa nel mondo in cui viviamo’. “Credo che “Fratelli tutti” continuerà in questo processo che – sottolinea – è fatto, sì, di un magistero di scritti, ma è fatto anche da un magistero dei gesti di fraternità. Credo che i leader religiosi aspettino questa Enciclica con curiosità, interesse, speranza sapendo che il Papa propone un cammino condiviso”. “Noi siamo un po’ figli di un’epoca in cui il rapporto tra società civile e religione è stato problematico”, conclude Martinelli. “Non è che per andare d’accordo tutti dobbiamo mettere tra parentesi la nostra esperienza religiosa. Questo non è possibile, perché è proprio nel riconoscimento delle esperienze religiose e nella stima reciproca che possiamo essere arricchiti”. 

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02 ottobre 2020, 08:00