Il Papa: Gesù ci chiede una fede che cambia la vita, non “di facciata"
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Gesù ci chiede una fede che incida sulla nostra vita e i nostri comportamenti, che interpelli la nostra coscienza e la nostra scelta del bene rispetto al male, e di superare una religione “intesa solo come pratica esteriore e abitudinaria”. Perché la fede “non è fatta di sogni o di belle aspirazioni, ma di impegni concreti” per seguire la volontà di Dio e dimostrare amore verso i fratelli. davanti ad una piazza San Pietro bagnata dalla pioggia, rilegge il Vangelo di questa domenica, prima della preghiera dell’Angelus, e la parabola dei due figli riportata da Matteo, per sottolineare qual è la religiosità che Gesù vuole dai suoi discepoli. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
La vera religione non è pratica esteriore, ma incide sulla vita
Nel suo saluto ai fedeli, Francesco ricorda un detto della sua Argentina: "A tempo brutto, buona faccia. Con questa buona faccia vi dico: buongiorno!" Gesù, spiega subito il Papa “si oppone a una religiosità che non coinvolge la vita umana, che non interpella la coscienza e la sua responsabilità di fronte al bene e al male”. Così, se all’invito del padre ad andare a lavorare nella vigna, il primo figlio risponde impulsivamente “no”, ma poi si pente e ci va, mentre il secondo figlio, che subito risponde “sì”, in realtà non lo fa: chi fa la figura migliore, ricorda Francesco, è il primo. Perché “l’obbedienza non consiste nel dire ‘sì’ o ‘no’, ma nell’agire, nel coltivare la vigna, nel realizzare il Regno di Dio, nel fare il bene”.
I peccatori che si convertono sono i "privilegiati della Grazia"
Gesù, spiega il Pontefice, disapprova “la religiosità ‘di facciata’, dei ‘capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo’” che, ammonisce il Signore “nel Regno di Dio saranno sorpassati dai pubblicani e dalle prostitute”. Un'affermazione, chiarisce che non deve far pensare "che fanno bene quanti non seguono i comandamenti di Dio, quelli che non seguono la morale"...
e dicono: «Tanto, quelli che vanno in Chiesa sono peggio di noi!». No, non è questo l’insegnamento di Gesù. Gesù non addita i pubblicani e le prostitute come modelli di vita, ma come “privilegiati della Grazia”.
Chi esce meglio è il fratello che si pente
Infatti queste persone, commenta ancora Papa Francesco, ascoltando la predicazione di Gesù, “si sono pentite e hanno cambiato vita”. Come san Matteo, "che era un pubblicano, un traditore della sua patria". Chi esce meglio tra i due fratelli, prosegue, è il primo, che “dopo il ‘no’ si è convertito al ‘sì’. Si è pentito.
Fede in Dio è scegliere l'amore del prossimo e non l'egoismo
Dio è paziente con noi: non si stanca, non desiste dopo il nostro ‘no’; ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui e di sbagliare”. La pazienza di Dio è meravigliosa, esclama il Papa, ed è meraviglioso "come il Signore ci aspetta sempre", è "sempre accanto a noi per aiutarci, ma rispetta la nostra libertà". E “attende trepidante il nostro ‘sì’, per accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne e colmarci della sua misericordia senza limiti”.
La fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell’amore del prossimo rispetto all’egoismo.
La conversione non è indolore, richiede rinunce
Ecco perché, spiega ancora Francesco, citando il Vangelo di Luca, chi si converte all’amore, “dopo aver sperimentato il peccato, troverà i primi posti nel Regno dei cieli, dove c’è più gioia per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti”. Ma la conversione, sottolinea, "cambiare il cuore, è un processo" che ci purifica "dalle incrostazioni morali" e delle volte "è doloroso, perché non c’è la strada della santità senza qualche rinuncia e senza il combattimento spirituale".
Combattere per il bene, combattere per non cadere nella tentazione, fare da parte nostra quello che possiamo e arrivare a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini. Il Vangelo di oggi chiama in causa il modo di vivere la vita cristiana, che non è fatta di sogni o di belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre più alla volontà di Dio e all’amore verso i fratelli.
Chiedere sempre la grazia della conversione
Ma, conclude il Papa, "anche il più piccolo impegno concreto, non si può fare senza la grazia. La conversione è una grazia che dobbiamo chiedere sempre: 'Signore dammi la grazia di migliorare, di essere un buon cristiano'”. La preghiera finale è a Maria Santissima, perché “ci aiuti ad essere docili all’azione dello Spirito Santo”, che “scioglie la durezza dei cuori e li dispone al pentimento, per ottenere la vita e la salvezza promesse da Gesù”.
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