Suor Augusta: noi donne continueremo a difendere la vita in Amazzonia
Debora Donnini - Città del Vaticano
“Sogniamo per e con l’Amazzonia”. È la strada che, per suor Augusta de Oliveira, vicaria generale delle Serve di Maria Riparatrici, il Papa indica con . Con parole ricche d’amore e di gratitudine la religiosa, la cui Congregazione è presente da 100 anni nelle Regione Panamazzonica, riprende l’esortazione del Papa a impegnarsi per i diritti dei più poveri, degli indigeni, degli afroamericani, delle donne, del popolo che lavora nelle campagne e nelle città: in tutti quegli scenari che il Sinodo dell’ottobre scorso ha portato, con decisione, allo sguardo della Chiesa. E’ importante il protagonismo dei laici, serve coraggio missionario e profetico, ricorda richiamando le esperienze della REPAM, la Rete ecclesiale Panamazzonica, e di altre associazioni e definendole “un grido per la vita”. Da donna, nel suo cuore risuonano con commozione le parole del Papa sulla presenza di donne “forti e generose” che hanno tenuto in piedi la Chiesa in quei luoghi, trasmettendo la fede quando anche per decenni “nessun sacerdote passava da quelle parti”. E assicura che le donne continueranno il loro impegno in difesa della vita minacciata in Amazzonia, perché la presenza femminile si incontra nelle frontiere più remote. La religiosa richiama le tante vite donate dai missionari sul suolo amazzonico, sacerdoti, consacrati e laici. Alla conferenza stampa di presentazione dell’Esortazione post sinodale, diverse volte torna, in particolare, la testimonianza di suor Dorothy Stang, uccisa da criminali esattamente 15 anni fa ad Anapu, in Brasile, proprio per il suo impegno contro la deforestazione. Sempre al fianco di contadini ed operai, morì con la sola Bibbia fra le mani. Le parole di suor Augusta de Oliveira sono di gratitudine al Papa per questo cammino sinodale che ha aperto processi grazie ai quattro pilastri, cioè i quattro “sogni”, proposti da Francesco, quello sociale, culturale, ecologico e soprattutto pastorale.
Sogno e chiamata a conversione
“Sogni” su cui si sofferma in modo preferenziale padre Adelson Araújo dos Santos, docente di Spiritualità alla Pontificia Università Gregoriana, che ha partecipato come esperto al Sinodo. È la poeticità a colpirlo così come l’amore del Papa, quel prendersi cura dei nostri fratelli e dell’ambiente, perché – evidenzia – chi ama, si prende cura. La parola “sogno” segue la tradizione biblica, basti pensare al sogno di Giuseppe e a quello di san Giuseppe, sposo di Maria, quando diventa il luogo dove Dio rivela i suoi disegni. Non solo Papa Francesco, anche Benedetto XVI ha usato la stessa risorsa linguistica, insegnando ai giovani che nessun sogno è irraggiungibile quando chi lo suscita è lo Spirito di Dio. E quindi in ognuno dei quattro sogni condivisi dal Papa in “Querida Amazonia” si può riconoscere quella chiamata alla conversione formulata dai padri sinodali nel Documento finale.
Il Sinodo e il suo cammino
A tracciare tutta la genesi dell’Assemblea sinodale, fin dall’annuncio del Papa all’Angelus del 15 ottobre 2017, è stato il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, che ha ricordato fra l’altro l’ampia consultazione del popolo di Dio in Amazzonia, nella fase preparatoria, e poi la ricca partecipazione al Sinodo con la significativa presenza, fra gli altri, di 25 esperti e di 16 rappresentanti dei popoli indigeni. Un percorso sfociato nel Documento finale, emendato nei Circoli minori, e poi votato dalla maggioranza dei due terzi. Un testo consegnato infine al Papa e per suo volere reso pubblico. Rispondendo a una domanda a proposito della Episcopalis communio sul Sinodo dei vescovi, il cardinale Baldisseri ha chiarito che il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia non ha l’approvazione espressa del Papa che esorta a leggerlo. Quindi, non essendoci una parola chiara di approvazione, questo documento ha “una certa autorità morale” ma non è magistero ordinario. Lo sottolinea anche il direttore della Sala stampa vaticana, Matteo Bruni, ricordando che tale documento va letto alla luce dell’Esortazione “Querida Amazonia” – che fa parte del magistero ordinario del Successore di Pietro – e così per la sua applicazione. L’Esortazione porta la firma da San Giovanni in Laterano, cosa che avviene – chiarisce – quando si riconosce una connotazione particolarmente pastorale.
Una poesia d'amore per una terra bella e sofferente
Importante anche l’intervento del professor Carlos Nobre, scienziato e premio Nobel 2007, che occupandosi da anni di questioni ecologiche accoglie con grande favore questa Esortazione. Si fa riferimento a un modello di sviluppo in cui nessuno viene lasciato indietro. Esorta quindi a integrare l’antica saggezza indigena con le nuove tecnologie per trovare una terza via che non sia né quella della pura conservazione né quella di uno sviluppo ad alta intensità ma che porti a coltivare l’Amazzonia senza distruggere questo cuore del pianeta. A intervenire con un video collegamento anche monsignor David Martínez de Aguirre Guinea, segretario speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica e vescovo del Vicariato di Puerto Maldonado, dove – ricorda – nel 2018 ha avuto inizio la storia del Sinodo. Forte l’incoraggiamento del Papa a cercare nuove vie per incontrare Cristo, sottolinea il presule, con la sfida di essere vicini ai più vulnerabili. Un’esortazione, dunque, che è come una poesia d’amore che piange per i crimini e si meraviglia della bellezza di questa terra.
Anche il cardinale Michael Czerny, segretario speciale del Sinodo, mette in evidenza che l’Amazzonia ha colpito il Papa per la sua bellezza e, insieme, per la sua sofferenza e che l’Esortazione, che inizia come una lettera d’amore, ricorda che solo ciò che è amato, può essere salvato.
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