Thailandia e Giappone nel Magistero dei Papi
Laura De Luca – Città del Vaticano
Giovanni Paolo II visitò sia Giappone che Thailandia. In quanto testimone dell’ultima guerra, uno dei suoi primi pensieri appena giunto nell’Impero del Sol Levante fu per un indimenticabile capitolo di quel conflitto. , 24 febbraio 1981.
"Il nome della città giapponese di Hiroshima è divenuto il simbolo delle minacce verso cui l’intera umanità si sta muovendo, qualora non riesca a vincere la terribile tentazione di dominare gli altri con mezzi di totale distruzione nucleare. Qui, dove il ricordo ed i segni dell’esplosione della prima guerra atomica sono vivi ed evidenti, le parole di Cristo non possono non assumere un particolare vigore: “La pace sia con voi!” Queste parole devono diventare un richiamo. Devono riecheggiare tutto l’orrore del monito ultimo. Devono diventare un appello, un categorico appello ad ogni possibile collaborazione dei popoli per la pace nel mondo. Alla collaborazione dei popoli di tutte le lingue, nazioni, razze e religioni, i popoli di tutti gli Stati e di tutte le generazioni. Cristo dice: “A voi do la mia pace”. Quanto ancora ci resta da fare affinché questo dono di pace possa giungerci; affinché non possa essere distrutto dalla nostra codardia o cattiva volontà; affinché si possa evitare di far rivivere all’umanità una nuova Hiroshima. Nel cuore della grande città, in Giappone, ogni giorno Cristo si rivolge a noi e dice: La pace sia con voi! Lo dice alla gente umile, affettuosa e gentile, ai figli ed alle figlie della sua terra che sono sensibili, in modo particolarmente significativo, alla bellezza del mondo e alla regola che guida la natura".
Un pensiero analogo rivolse Papa Benedetto XVI al presso la Santa sede Hidekazu Yamaguchi, il 27 novembre 2010…
"Quest'anno si compie il sessantacinquesimo anniversario del tragico bombardamento atomico sulle popolazioni di Hiroshima e di Nagasaki. Il ricordo di questo oscuro episodio della storia dell'umanità diviene sempre più doloroso, man mano che scompaiono quanti sono stati testimoni di un simile orrore. Questa tragedia ci ricorda con insistenza quanto sia necessario perseverare negli sforzi a favore della non-proliferazione delle armi nucleari e del disarmo. L'arma nucleare resta una fonte di grande preoccupazione. Il suo possesso e il rischio di un suo eventuale uso generano tensioni e diffidenza in numerose regioni del mondo. La sua nazione, Signor Ambasciatore, deve essere citata come esempio per il sostegno costante alla ricerca di soluzioni politiche che permettano non solo di impedire la proliferazione delle armi nucleari, ma anche di evitare che la guerra venga considerata come un mezzo per risolvere i conflitti fra le nazioni e fra i popoli".
L’impegno del Giappone per la pace e per una pacifica armonia fra tutti i popoli era quanto sottolineava anche Paolo VI ricevendo un gruppo di nel lontano 1° luglio 1968…
"Come rappresentanti religiosi del vostro popolo, avete dimostrato agli altri che la religione svolge un ruolo fondamentale in Giappone. Se gli uomini non credono in Dio e non riconoscono che la famiglia umana è una sola, sotto un unico Dio, mancheranno rispetto e comprensione, così come pure cooperazione fraterna".
La tolleranza religiosa è sempre stata una grande virtù dei paesi orientali. Lo ricordava Paolo VI il 14 dicembre 1972 rivolgendosi al presso la Santa Sede.
"Questi Paesi possiedono anche una ricchezza umana e spirituale, una elevata civilizzazione. Ne vediamo una prova, tra l’altro, nello spirito di tolleranza al quale lei alludeva poco fa: non è questa una tappa fondamentale della costruzione della pace in un continente tormentato?"
Andando indietro nel tempo: la preoccupazione per la serenità delle comunità cattoliche in paesi lontani da Roma era molto viva anche per Giovanni XXIII. Per questa ragione specifica il 21 luglio 1959 esprimeva la sua gratitudine al Nobosuke Kishi
"Vogliamo sottolineare l’accoglienza che il cristianesimo incontra da lungo tempo in terra giapponese così come le vestigia secolari che vi ha lasciato. A questa epoca antica è legato il nome del santo apostolo dell’estremo oriente Francesco Saverio. Grazie al lavoro di questi pionieri del Vangelo e dei loro epigoni, il seme cristiano prende in certe anime giapponesi un radicamento così profondo che i sacerdoti di Gesù Cristo, quando poseranno di nuovo il piede sul suolo giapponese di qui a un secolo troveranno con emozione un cristianesimo fedelmente trasmesso di generazione in generazione".
Analoga gratitudine manifestava Benedetto XVI al nuovo ambasciatore giapponese presso la Santa sede Hidekazu Yamaguchi, il 27 novembre 2010…
"Il suo Paese, Eccellenza, gode da molti anni della libertà di coscienza e della libertà di culto, e la Chiesa cattolica in Giappone ha così la possibilità di vivere in pace e nella fratellanza con tutti. I suoi membri sono liberi non solo d'impegnarsi nella cultura e nella società giapponesi, ma anche di svolgere un ruolo vivo e attivo nel Giappone contemporaneo, in particolare attraverso le sue università, le sue scuole, i suoi ospedali e le sue istituzioni caritative, che essa mette volentieri al servizio di tutta la comunità".
E Giovanni Paolo II, giungendo in Thailandia il 10 maggio 1984 così si esprimeva nella al Palazzo Reale di Bangkok:
"Nel nostro mondo contemporaneo la storia della libertà tailandese e il leggendario spirito di tolleranza della Thailandia sono un punto di riferimento per le più profonde aspirazioni della famiglia umana a vivere in pace, in armonia e fraternità. In particolare, il vostro rispetto per il diritto dell’uomo alla libertà religiosa onora immensamente la vostra terra".
Ma questo apprezzamento ha radici ancora più antiche. Già Pio XII, in una sua dell’ottobre 1944 indirizzata al re thailandese, in piena guerra, rimarcava l’importanza della presenza cristiana nel lontano Siam, parallelamente all’importanza della istituzione di un vicariato apostolico in quella terra.
"Noi abbiamo cominciato a realizzare il progetto che la santa sede si era proposta fin dall’anno 1555 dell’era cristiana, data dell’introduzione della religione cattolica nel Siam: qui affiderà la cura di quelli che abbracceranno il Vangelo in queste regioni a ministri originari dello stesso Paese".
Ma nelle pronunce dei Papi del passato grande spazio trova anche l’apprezzamento per l’eleganza e la finezza di spirito di queste popolazioni, tradizionalmente accoglienti, amanti della bellezza e rispettose della natura… E’ Paolo VI a tracciare una specie di identikit in questo senso, nel suo discorso al presso la Santa Sede, il 9 novembre 1972. Così parla del popolo giapponese:
"La Santa Sede è consapevole dei singolari valori umani vissuti dal popolo giapponese; apprezza la sua creatività, il suo spirito di curiosità intellettuale che si manifesta particolarmente nella gioventù di oggi, e la sua apertura al progresso, nel rispetto delle tradizioni del passato. La chiesa che ha qui il suo centro, e la cui sollecitudine amorevole è universale non ha potuto sentirsi straniera nei confronti di questa cultura giapponese".
E poi, immancabile il riferimento alla tecnologia, che particolarmente in Giappone trova massima espressione. Nel suo , nel 1981, Giovanni Paolo II non manca però di ricordare che, insieme allo sguardo verso il futuro, è apprezzabile la loro costante attenzione alla bellezza della natura e alla sua tutela.
"Voi vivete, cari giovani, in mezzo ad un meraviglioso progresso in un mondo tecnologico. Avete ricevuto molte cose buone nella vostra vita, cose che possono rendere la vita stessa più facile, più interessante, più piacevole. Ma questo grande progresso non apporta automaticamente appagamento; non crea automaticamente pace profonda nei vostri cuori. (…) Come gioventù è importante che abbiate una visione del mondo e della persona umana nella loro totalità. (…) Ma per voi questo non sarà difficile perché tutti sanno quanto amiate la natura, quanto amiate le vostre montagne, i vostri laghi, le vostre foreste variopinte e la bellezza dei vostri giardini. Tutti sanno quanto desideriate avere una casa – se pur piccola – in cui possiate piantare alberi e molti fiori. E voi giovani che studiate e lavorate nelle grandi città, ma vivete nei piccoli villaggi desiderate sempre tornare a casa in primavera quando i fiori sbocciano ed in autunno quando la natura si tinge di rosso. In tal modo, e in altri modi, volete provare uno stretto contatto con la natura; volete conservarla incontaminata e proteggerla da possibili danni. Una visione totale della natura e dell’uomo vi invita ad avere una grande apertura verso il prossimo, verso coloro che vivono vicino a voi, i vostri connazionali e tutti i popoli oltre il mare".
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui