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Papa: il Mozambico ha diritto alla pace, superare corruzione e interessi

Odio e vendetta non possono essere il motore di un Paese: è necessario superare corruzione e interessi politici o personali per conservare la speranza in un futuro di pace. Così Francesco celebrando la Messa allo Stadio Zimpeto di Maputo, prima di lasciare il Mozambico per il Madagascar

Giada Aquilino – Città del Vaticano

Non si può costruire il futuro su quella che viene definita “l’‘equità’ della violenza’”, sull’“occhio per occhio, dente per dente”, su vendetta, odio e corruzione: la via è quella dell’amore “senza aspettare nulla in cambio”. Questa la riflessione del Papa celebrando in portoghese la ‘per il progresso dei popoli’ nello Stadio Zimpeto, a Maputo, ultimo atto del suo viaggio in Mozambico prima del trasferimento in Madagascar. Facendo il suo ingresso nella struttura, col pastorale donatogli poco prima al centro Dream, Francesco nonostante la pioggia ritrova il calore, i canti, le scenografie spontanee e colorate della gente, dei circa 60 mila presenti (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

Nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali. Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti. L’“equità” della violenza è sempre una spirale senza uscita; e il suo costo, molto elevato. C’è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace.

Violenza, odio e discordie

Dietro le parole del Papa, sulle orme di quell’esortazione al perdono e alla riconciliazione pronunciata nella medesima terra da San Giovanni Paolo II nel 1988, una guerra costata un milione di morti, con un accordo di riconciliazione siglato nel 1992 ma che nell’agosto scorso ha richiesto ancora uno sforzo per una ulteriore intesa di pace. Francesco si sofferma sull’attualità del Vangelo di Luca in cui Gesù, dopo aver scelto i discepoli e proclamato le Beatitudini, esorta ad amare i nemici. “Una parola - osserva - rivolta oggi anche a noi”, con “chiarezza, semplicità e fermezza”.

Molti di voi possono ancora raccontare in prima persona storie di violenza, odio e discordie; alcuni, nella loro stessa carne; altri, di qualche conoscente che non c’è più; e altri ancora per paura che le ferite del passato si ripetano e cerchino di cancellare il cammino di pace già percorso, come a Cabo Delgado.

Benevolenza disinteressata

Il riferimento è alla provincia settentrionale del Mozambico, ricca di risorse naturali, dove da tempo sono in corso attacchi e violenze che generano instabilità.

È difficile parlare di riconciliazione quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia, oppure invitare a fare un passo di perdono che non significhi ignorare la sofferenza né chiedere che si cancelli la memoria o gli ideali. Nonostante ciò, Gesù Cristo invita ad amare e a fare il bene. E questo è molto di più che ignorare la persona che ci ha danneggiato o fare in modo che le nostre vite non si incrocino: è un mandato che mira a una benevolenza attiva, disinteressata e straordinaria verso coloro che ci hanno ferito.

Non è necessario maltrattare

Gesù induce a “inaugurare un nuovo rapporto che conduca alla pace”. “Alta” è la misura che, dice il Pontefice, “il Maestro ci propone”! Egli, prosegue, non è un “ostinato masochista”, vuole chiudere “per sempre la pratica tanto comune - ieri come oggi - di essere cristiani e vivere secondo la legge del taglione”, “uccidendo o abbandonando persone disabili e anziane, eliminando feriti e infermi, e divertendosi con le sofferenze inflitte agli animali”. Il richiamo è alla “virtù della misericordia, della compassione”, all’“avere a cuore il bene del prossimo tanto quanto il proprio”. La pace, prosegue, non è semplicemente “assenza di conflitto” ma “impegno quotidiano” contrassegnato da “misericordia e bontà” soprattutto “verso coloro che, per la loro condizione, vengono facilmente respinti ed esclusi”.

Si tratta di un atteggiamento non da deboli, ma da forti, un atteggiamento da uomini e donne che scoprono che non è necessario maltrattare, denigrare o schiacciare per sentirsi importanti; anzi, al contrario. E quest’atteggiamento è la forza profetica che lo stesso Gesù Cristo ci ha insegnato volendosi identificare con loro e mostrandoci che la via giusta è il servizio.

Gli aiuti esterni

Il Mozambico possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma paradossalmente - constata Francesco - con una “enorme quantità di popolazione” al di sotto del livello di povertà.

E a volte sembra che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi. Ed è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che questo sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni.

Un termometro per scopire ideologie

Gesù ci spinge ad essere protagonisti di un “altro” stile di vita, attraverso “semi di gioia e speranza, pace e riconciliazione”.

Ciò che lo Spirito viene a infondere non è un attivismo travolgente, ma, innanzitutto, un’attenzione rivolta all’altro, riconoscendolo e apprezzandolo come fratello fino a sentire la sua vita e il suo dolore come la nostra vita e il nostro dolore. Questo è il miglior termometro per scoprire le ideologie di ogni genere che cercano di manipolare i poveri e le situazioni di ingiustizia al servizio di interessi politici o personali. Solo così potremo essere, dovunque ci troveremo, semi e strumenti di pace e semi e strumenti di riconciliazione.

L'arbitro delle emozioni

Se la “pace di Cristo” sarà l’arbitro nei nostri cuori, afferma il Papa richiamando San Paolo, rimarremo “nella via dell’amore, nel sentiero della misericordia, nella scelta per i più poveri, nella difesa della natura” e soprattutto “nella via della pace”.

Se Gesù sarà l’arbitro tra le emozioni contrastanti del nostro cuore, tra le complesse decisioni del nostro Paese, allora il Mozambico ha assicurato un futuro di speranza.

I saluti

Al termine della Messa, Francesco ringrazia quanti hanno permesso, anche con lavoro “sacrificato e silenzioso”, la buona riuscita della sua visita in Mozambico. Alla popolazione che, come aveva ricordato qualche minuto prima l’arcivescovo di Maputo, monsignor Francisco Chimoio, è tuttora profondamente ferita da “numerose situazioni difficili”, gli uragani, le sanguinose violenze, la povertà, va ancora il pensiero del Papa.

Sorelle e fratelli mozambicani, so che avete dovuto fare dei sacrifici per partecipare alle celebrazioni e agli incontri e so che vi siete bagnati tutti ma spero con acqua benedetta! Lo apprezzo e vi ringrazio di cuore. E sono grato anche a quanti non hanno potuto farlo per le conseguenze dei recenti cicloni: cari fratelli, ho sentito ugualmente il vostro sostegno! E dico a tutti: avete tanti motivi per sperare! L’ho visto e l’ho toccato con mano in questi giorni. Per favore, conservate la speranza; non lasciatevela rubare! E non c’è modo migliore per conservare la speranza che quello di rimanere uniti, affinché tutti i motivi che la sostengono si rafforzino sempre più in un futuro di riconciliazione e di pace in Mozambico.

(Ultimo aggiornamento venerdì 6 settembre, ore 11:07)

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06 settembre 2019, 10:11