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I frutti di pace lasciati dal Papa in Mozambico

L’inviato di Pope padre Bernardo Suate racconta al suo ritorno cosa è rimasto nel Paese africano dopo la visita di Francesco

Michele Raviart – Città del Vaticano

Mentre Papa Francesco è impegnato a Mauritius, nell’ultima tappa del suo viaggio apostolico nell’Africa sudorientale, rimane ancora forte l’eco della visita del Papa in Mozambico, il primo dei Paesi a ricevere il Papa. “Ci auguriamo che il messaggio di Papa Francesco porti dei frutti duraturi, di speranza, pace e riconciliazione”, spiega padre Bernardo Suate, inviato di Pope di Mozambico che racconta la sua esperienza diretta e l’eredità che la presenza del Papa ha lasciato sulla società mozambicana.

Ascolta l'intervista a padre Bernardo Suate, inviato in Mozambico

R. – Dopo la partenza di Papa Francesco, è rimasta quasi un senso di incredulità per le giornate trascorse con il Papa: così belle, così intense, così attese... È rimasta questa gioia di essere stati veramente visitati dalla Provvidenza. Questo io ho sentito dai vescovi, dai sacerdoti con cui ho parlato, e anche da amici, fedeli … Le giornate sono state bellissime! Quello che ognuno si augura è che un fuoco così intenso non si spenga presto. La speranza è che il messaggio che il Papa ha portato, che è un messaggio di speranza, di vicinanza, di pace e di riconciliazione, sia accolto e tradotto nella vita di ogni giorno.

D. – Il messaggio di pace e di riconciliazione del Papa arriva a metà – se vogliamo – tra gli accordi di agosto e le elezioni di ottobre …

R. – Noi sicuramente speriamo che il dopo-elezioni, proprio a causa della presenza di Papa Francesco nel Paese, sia davvero diverso da quello che abbiamo avuto. Tutti noi speriamo che come la visita di Giovanni Paolo II, 31 anni fa, è stata di augurio per una pace veramente durevole, anche questa visita possa portare la stessa pace. Siamo molto fiduciosi perché Papa Francesco è stato accolto con tanta gioia da ogni parte: vuol dire che il messaggio, la presenza, la figura di Papa Francesco tocca tutti.

D. – La società civile, la politica, anche: come hanno reagito? Di cosa parlano, ora?

R. – La stampa parla proprio dell’importanza di questa visita; quella vicina al governo sottolinea questi momenti di Papa Francesco che ha parlato ai giovani, ha parlato dell’uguaglianza delle opportunità come possibilità di pace. Ma anche l’opposizione parla della presenza del Papa che deve essere veramente letta, interpretata, come una presenza di pace e non deve essere strumentalizzata a fini politici. La presenza del Papa ha lasciato segni e io personalmente spero che questi segni siano duraturi e siano segni di pace e di riconciliazione.

D. – Il Papa ha incontrato anche i bisognosi, gli ultimi del Mozambico: penso ai ragazzi di strada di Casa Matteo 25, ai malati dell’ospedale di Zimpeto … tu che sei stato lì, che impressioni hai avuto, che ricordo ha lasciato?

R. – Per esempio, questo incoraggiamento ai giovani di non smettere mai di lottare, di perseverare – come per gli sportivi, no? - di non smettere mai davanti alle difficoltà, di lottare sempre: questo messaggio è stato fortissimo e tantissimi giovani che abbiamo intervistato hanno sottolineato questo. Papa Francesco è autentico. E dunque lo è la sua vicinanza agli ultimi, agli ammalati e ai poveri, in questo caso, ai ragazzi di strada, a chi è in difficoltà, a chi è ultimo, a chi è emarginato, a chi è scartato … Papa Francesco è sempre stato così. Le prime parole che il Papa ha detto, nel suo primo discorso, sono state parole rivolte alle vittime dei cicloni a Beira e a Capo Delgado, per dire che il Papa era vicino a loro, condivideva la loro angoscia, la loro sofferenza … E così è stato a Zimpeto: magari senza troppe parole, ma bastava essere lì con gli ammalati. Questi gesti sono stati notati, la gente ne rimane colpita. Adesso che il Papa è andato via, ci accorgiamo che bisogna che questo venga tradotto nella vita di ogni giorno.

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09 settembre 2019, 13:19