Francesco nella Città dell'Amicizia: la DZà non è una fatalità
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
La gioia è incontenibile per l'arrivo di Papa Francesco ad Akamasoa, la "Città dell'Amicizia" e sono centinaia le famiglie, i ragazzi e i bambini che si sono radunati sotto il grande capannone per accogliere e ascoltare le sue parole. Il saluto del vincenziano e fondatore Padre Pedro Opeka e la testimonianza della tredicenne Fanny, aprono quest'incontro segnato da una profonda speranza che si è fatta storia.
Il frastuono è un unico grande grido di pura felicità che avvolge e travogle tutto e tutti. Francesco compreso, che inizia il suo discorso condividendo lo stesso sentimento:
È una grande gioia per me trovarmi in mezzo a voi in questa grande opera. Akamasoa è l’espressione della presenza di Dio in mezzo al suo popolo povero; non una presenza sporadica, occasionale: è la presenza di un Dio che ha deciso di vivere e rimanere sempre in mezzo al suo popolo.
Akamasoa sorge nel 1989 da un "atto di ribellione interiore", come più volte dichiarato dal fondatore. Un'opera che, sottolinea il Papa, è espressione di "una lunga storia di coraggio e di aiuto reciproco":
Questo villaggio, infatti, porta in sé una lunga storia di coraggio e di aiuto reciproco. Questa gente è il risultato di molti anni di duro lavoro. Alla base troviamo una fede viva che si è tradotta in azioni concrete capaci di “spostare le montagne”. Una fede che ha permesso di vedere possibilità là dove si vedeva solo precarietà, di vedere speranza dove si vedeva solo fatalità, di vedere vita dove tanti annunciavano morte e distruzione. Ricordate ciò che scriveva l’apostolo Giacomo: 'La fede se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta' .
Fede, ma anche "senso di famiglia e di comunità", così come "un'educazione ai valori", "hanno potuto trasmettere", dice Francesco, "l’enorme tesoro di impegno, disciplina, onestà, rispetto di sé stessi e degli altri":
Un’educazione ai valori grazie alla quale quelle prime famiglie che iniziarono l’avventura con padre Opeka hanno potuto trasmettere l’enorme tesoro di impegno, disciplina, onestà, rispetto di sé stessi e degli altri. E avete potuto capire che il sogno di Dio non è solo il progresso personale ma soprattutto quello comunitario; che non c’è peggior schiavitù – come ci ha ricordato padre Pedro – di vivere ognuno solo per sé.
Poi, il messaggio ai giovani con un invito particolare affinchè Akamasoa non rimanga solo "esempio per le generazioni future" ma, soprattutto, "punto di partenza" :
Non arrendetevi mai davanti agli effetti nefasti della povertà, non cedete mai alle tentazioni della vita facile o del ripiegarvi su voi stessi. Cari giovani, questo lavoro realizzato dai vostri anziani, sta a voi portarlo avanti. La forza per farlo la troverete nella vostra fede e nella testimonianza viva che è stata plasmata nella vostra vita. Lasciate sbocciare in voi i doni che il Signore vi ha fatto. Chiedetegli di aiutarvi a mettervi generosamente al servizio dei vostri fratelli e sorelle. Così Akamasoa non sarà soltanto un esempio per le generazioni future ma, soprattutto, il punto di partenza di un’opera ispirata da Dio che troverà il suo pieno sviluppo nella misura in cui continuerà a testimoniare l’amore alle generazioni presenti e future.
Infine, la preghiera del Papa perchè l'impegno contro la povertà e l'esclusione sociale si estenda all'intero Madagascar e in altre parti del mondo "a partire dalla fiducia, dall’educazione, dal lavoro e dall’impegno, che sono sempre indispensabili per la dignità della persona umana".
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