Vincent Lambert. Papa: custodire sempre la vita, no a cultura dello scarto
Sergio Centofanti – Città del Vaticano
Nel giorno in cui all'ospedale di Reims, in Francia, è stata avviata la procedura per interrompere l’alimentazione e l’idratazione di Vincent Lambert, il Papa ha lanciato un , tweet rilanciato dal direttore ad interim della Sala Stampa vaticana :
Preghiamo per quanti vivono in stato di grave infermità. Custodiamo sempre la vita, dono di Dio, dall’inizio alla fine naturale. Non cediamo alla cultura dello scarto.
I genitori: non uccidetelo!
L’uomo, 42 anni, è ricoverato dal 2008 in seguito ad un incidente stradale: è tetraplegico e secondo alcuni medici vive in uno stato “di coscienza minima” mentre secondo altri è in stato “vegetativo cronico”. Vincent respira in autonomia, il battito del cuore è spontaneo, non è in fin di vita. I genitori si oppongono alla morte per fame e per sete del figlio e vorrebbero trasferirlo in un’altra struttura perché possa ricevere cure riabilitative adeguate. La madre, secondo Bfm-Tv, ha detto: “Lo stanno uccidendo, senza averci detto nulla”. La moglie, invece, parla di accanimento terapeutico ed è per l’interruzione dei sostegni vitali.
Comitato Onu: non interrompere alimentazione e idratazione
Dopo il Consiglio di Stato francese, anche la Corte europea dei diritti umani ha respinto la richiesta dei genitori di Lambert di continuare ad alimentare e idratare il figlio: l'ennesimo ricorso è stato respinto oggi dalla Corte di Strasburgo per "mancanza di elementi nuovi". Da parte sua, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità aveva chiesto alla Francia di non avviare le procedure per porre fine alla vita di Vincent: vuole, infatti, esaminare il caso. Ma il ministro della Sanità francese, Agnès Buzyn, ha affermato di non ritenere vincolante la richiesta del Comitato.
La Convenzione Onu per i diritti dei disabili
I legali dei genitori, invece, ricordano che la Francia ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, accettando liberamente di sottostare agli obblighi che ne derivano. Gli Stati che aderiscono alla Convenzione, approvata nel 2006, si impegnano a riconoscere, secondo l’articolo 25, “che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del più alto standard conseguibile di salute, senza discriminazioni sulla base della disabilità”. Inoltre, s’impegnano a “prendere tutte le misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità l’accesso ai servizi sanitari (…) inclusi i servizi di riabilitazione” e a “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di cure e servizi sanitari o di cibo e fluidi sulla base della disabilità”.
Gli appelli del Papa: solo Dio è padrone della vita
Papa Francesco ha lanciato l’anno scorso due appelli pubblici per Vincent Lambert, accostandolo alla vicenda del piccolo Alfie Evans. Il 15 aprile 2018, in occasione del , aveva detto:
Affido alla vostra preghiera le persone, come Vincent Lambert, in Francia, il piccolo Alfie Evans, in Inghilterra, e altre in diversi Paesi, che vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari. Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l’apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita.
Tre giorni dopo, al termine dell’ del 18 aprile 2018, aveva affermato:
Attiro l’attenzione di nuovo su Vincent Lambert e sul piccolo Alfie Evans, e vorrei ribadire e fortemente confermare che l’unico padrone della vita, dall’inizio alla fine naturale, è Dio! E il nostro dovere, il nostro dovere è fare di tutto per custodire la vita.
La Chiesa di Reims: è in gioco la nostra civiltà
L’arcivescovo di Reims, mons. Éric de Moulins-Beaufort, e il suo vescovo ausiliare, mons. Bruno Feillet, il 13 maggio scorso riguardo al caso di Vincent hanno pubblicato una dichiarazione in cui affermano:
E' in gioco l’onore di una società umana non lasciare che uno dei suoi membri muoia di fame o di sete e fare tutto il possibile per mantenere fino alla fine le cure appropriate. Permettersi di rinunciarvi perché una tale cura ha un costo o perché sarebbe inutile lasciar vivere la persona umana rovinerebbe lo sforzo della nostra civiltà. La grandezza dell'umanità consiste nel considerare la dignità dei suoi membri, specialmente dei più vulnerabili, come inalienabile e inviolabile. Le nostre società ben attrezzate si sono organizzate in modo tale che le persone in situazioni di stato vegetativo o di coscienza minima, siano supportate fino alla fine da strutture ospedaliere e seguite da personale competente. Anche le loro famiglie e i loro amici sono chiamati a dare sostegno nell’eventualità che uno dei propri cari che si trovasse in una situazione di questo tipo e le fondamenta per un buon accompagnamento si trovano proprio nella fiducia reciproca tra queste persone. Molte persone sperimentano che questo sostegno, se pur estenuante, contribuisce a renderli più umani. Il dovere della società è aiutarli. Continuiamo a pregare e invitiamo anche voi a farlo, affinché la nostra società francese non intraprenda la via dell'eutanasia.
L’Osservatore Romano: non è un caso di accanimento terapeutico
In Francia, l’eutanasia è proibita, ma i giudici nel caso Lambert hanno ammesso la sospensione del trattamento perché considerano la sua prosecuzione un’ostinazione irragionevole, un atto inutile e sproporzionato secondo quanto afferma la legge Clays-Leonetti sul fine vita. Ma il fatto è che Vincent non è in fin di vita. In questo contesto, l’ sabato scorso è intervenuto sul caso pubblicando un articolo di don Roberto Colombo, docente presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Don Colombo afferma: continuare ad alimentare e a idratare, anche se in via artificiale, Vincent, che non è in fin di vita, non ha nulla a che vedere con il dovere di “rispettare il sopraggiungere ormai inevitabile della morte e non opporsi al decorso naturale dell’agonia con interventi inappropriati che prolungano solamente la sofferenza del morente”.
Don Colombo cita Papa Francesco che ha sottolineato come solo per un malato in condizioni terminali, rispettare il decorso naturale senza accanimento terapeutico costituisce "una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare". Appare chiara dunque la differenza etica tra praticare l’accanimento terapeutico (uso di mezzi sproporzionati) e l’eutanasia che si propone di interrompere la vita, procurando la morte. Questo sarebbe proprio l’effetto della sospensione di idratazione e nutrizione su Vincent. Se anche la legge o una sentenza lo consentissero - conclude don Colombo - questa azione “resta inaccettabile e indegna di una società fondata sul rispetto e l’accoglienza della vita di tutti”.
Sulla vicenda, don Roberto Colombo è intervenuto anche ai microfoni della Radio Vaticana, intervistato da Luca Collodi.
Scienza e Vita: anche questione di costi
Sulla vicenda era intervenuto nei giorni scorsi su Pope anche il giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita, parlando di una tendenza di certi Paesi a ridisegnare i sistemi sanitari con lo sbocco possibile “di interrompere l’esistenza umana perché magari non è più efficiente e magari anzi può abbattere dei costi. In Inghilterra - afferma - c’è stata una spinta molto forte verso le pratiche eutanasiche, dopo la riforma del sistema sanitario che ha richiesto l’abbattimento di tantissimi costi”.
“Se arriviamo a un drastico conto – aveva aggiunto Gambino - di cosa può costare una degenza in ospedale, in una struttura, quando non c’è possibilità di recupero da un punto di vista della pienezza della propria fisiologia, allora, a questo punto diventa drammatico non solo il caso Lambert ma tante situazioni in cui troviamo un’esistenza che non è in piena coscienza. Pensiamo a quanto è labile il confine tra una patologia grave, irreversibile e tanti stati depressivi che potrebbero essere configurati come patologie e potrebbero portare all’esito esiziale della morte” attraverso l’abbandono del paziente. E aveva concluso: “Questo davvero nell’Europa, culla di civiltà, non può avvenire ed è corretto che i medici a tutto questo facciano resistenza”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui