Papa Francesco e i tre ecumenismi
Andrea Tornielli
C’è l’ecumenismo del sangue, c’è l’ecumenismo del povero e c’è l’ecumenismo della missione. Nel suo di fronte al Patriarca Neofit e al santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Bulgaria, Francesco ha indicato una via immediatamente praticabile per l’unità dei cristiani appartenenti a confessioni diverse. Chiese già accomunate, nonostante le loro ataviche divisioni, i loro conflitti e le loro controversie dottrinali, dal martirio e dalla persecuzione in quell’ecumenismo del sangue che il Papa ha citato già molte volte, ricordando come i persecutori non facciano distinzione quando attaccano i credenti in Cristo e i loro luoghi di preghiera.
Francesco ha parlato dei cristiani bulgari che «hanno patito sofferenze per il nome di Gesù, in particolare durante la persecuzione del secolo scorso». E ha ricordato i «tanti altri fratelli e sorelle nel mondo» che «continuano a soffrire a causa della fede» chiedendo «a noi di non rimanere chiusi, ma di aprirci, perché solo così i semi portano frutto».
Poi il Papa, commemorando Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII che qui in Bulgaria fu rappresentante pontificio, ne ha riproposto la testimonianza, invitando i cristiani «a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali Egli è presente». È «l’ecumenismo del povero». Si può essere già uniti, si può già camminare insieme a prescindere dai dialoghi di vertice e dalle differenze teologiche. Si può testimoniare insieme il Vangelo a fianco di chi soffre.
Il terzo ecumenismo è legato alla missione e alla comunione, sull’esempio dei Santi Cirillo e Metodio: è quello della missione. Si può camminare insieme cercando di annunciare il Vangelo. Il Papa ha insistito in particolare sui giovani: «Quant’è importante, nel rispetto delle rispettive tradizioni e peculiarità, aiutarci e trovare modi per trasmettere la fede secondo linguaggi e forme che permettano ai giovani di sperimentare la gioia di un Dio che li ama e li chiama!».
Il dialogo dei teologi, il cammino per chiarire le questioni ancora aperte - che nel caso degli ortodossi non toccano gli elementi essenziali della fede e dei sacramenti - è importante. Ma non basta. Soprattutto rischia di rimanere qualcosa di lontano, relegato negli ambiti degli esperti. Ciò che può incidere nella vita concreta dei cristiani di diverse confessioni che vivono fianco a fianco è la proposta di un ecumenismo da mettere in pratica senza dover attendere risposte dall’alto. Un ecumenismo della testimonianza e della missione. Così l’unità dei cristiani diventa segno di unità e di pace per il mondo.
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