Papa: la liturgia è vita che forma, non idea da apprendere
Debora Donnini – Città del Vaticano
Lavorate perché il popolo di Dio riscopra la bellezza di incontrare il Signore nella liturgia e così abbia la vita nel suo nome. Questa è la chiamata che il Papa indirizza ai circa 80 partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ricevuti in tarda mattinata in udienza nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, in Vaticano. Nel alla Congregazione, guidata dal 2014 dal cardinale Robert Sarah che ha rivolto un saluto introduttivo, il Papa esorta ad amare la liturgia, esperienza di incontro col Signore e con i fratelli, “protesa alla conversione della vita”. Il Papa mette quindi in guardia da “sterili polarizzazioni ideologiche”, perché nella liturgia appare la comunità ecclesiale, mentre il rimpianto di tendenze passate o l’imporne di nuove, rischia di anteporre l’”io” al Popolo di Dio. Francesco esorta invece a riconoscere che la sacra liturgia è “tesoro vivente”, che non può essere ridotto a “gusti, ricette e correnti”, ma va “accolto con docilità e promosso con amore”:
La liturgia non è “il campo del fai-da-te”, ma l’epifania della comunione ecclesiale. Perciò, nelle preghiere e nei gesti risuona il “noi” e non l'“io”; la comunità reale, non il soggetto ideale. Quando si rimpiangono nostalgicamente tendenze passate o se ne vogliono imporre di nuove, si rischia invece di anteporre la parte al tutto, l’io al Popolo di Dio, l’astratto al concreto, l’ideologia alla comunione e, alla radice, il mondano allo spirituale.
Occasione dell’incontro odierno è la Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, riunita da martedì scorso fino a domani a Roma per riflettere sul tema: «La Formazione Liturgica del Popolo di Dio». Una Plenaria che – ricorda il Papa – cade a cinquant’anni dall’istituzione della Congregatio pro Cultu Divino. Era l’8 maggio del 1969 quando Paolo VI la volle istituire proprio per dare forma al rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II. Si trattava, spiega Francesco, di pubblicare i libri liturgici secondo le decisioni dei Padri Conciliari per “favorire, nel Popolo di Dio, la partecipazione ‘attiva’” ai misteri di Cristo. C’era bisogno di “espressioni rinnovate” senza perdere nulla della sua millenaria ricchezza, “anzi riscoprendone i tesori delle origini”. Francesco quindi ripercorre “le primizie” della riforma compiuta dalla Santa Sede, sbocciate nei primi mesi di quell’anno, “primi passi” di un cammino su cui proseguire con sapiente costanza: dal Motu proprio Mysterii paschalis circa il Calendario romano e l’Anno liturgico, promulgato proprio il 14 febbraio del 1969, alla Costituzione Apostolica Missale Romanum, con cui il Santo Papa promulgava il Messale Romano, fino a l’Ordo Missae e vari altri Ordo, che videro la luce nello stesso anno. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
No a sterili polarizzazioni ideologiche
Centrale nel discorso del Papa alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti è l’ambito della formazione che tra l’altro è proprio il tema specifico della riflessione di questa Plenaria. Anzitutto, bisogna ricordare che “la liturgia è vita che forma” e non “idea da apprendere”:
Vita che forma e non idea da apprendere. È utile in proposito ricordare che la realtà è più importante dell’idea. Ed è bene perciò, nella liturgia come in altri ambiti della vita ecclesiale, non andare a finire in sterili polarizzazioni ideologiche, che nascono spesso quando, ritenendo le proprie idee valide per tutti i contesti, si arriva ad assumere un atteggiamento di perenne dialettica nei confronti di chi non le condivide. Così, partendo magari dal desiderio di reagire ad alcune insicurezze del contesto odierno, si rischia poi di ripiegarsi in un passato che non è più o di fuggire in un futuro presunto tale.
La formazione liturgica aiuti a cogliere il significato simbolico
Il compito essenzialmente è quello di formare il Popolo di Dio, diffondendo lo splendore del mistero vivo del Signore, che si manifesta nella liturgia. Parlare di formazione liturgica significa quindi anzitutto prendere coscienza del ruolo insostituibile che la liturgia riveste nella e per la Chiesa. Francesco dunque invita ad aiutare concretamente il Popolo di Dio a “interiorizzare meglio la preghiera della Chiesa”, ad “amarla come esperienza di incontro col Signore e con i fratelli” e, quindi, “riscoprirne i contenuti e osservarne i riti”.
Essendo infatti la liturgia un’esperienza protesa alla conversione della vita tramite l’assimilazione del modo di pensare e di comportarsi del Signore, la formazione liturgica non può limitarsi a offrire semplicemente delle conoscenze - è sbagliato questo -, pur necessarie, circa i libri liturgici, e nemmeno a tutelare il doveroso adempimento delle discipline rituali. Affinché la liturgia possa adempiere la sua funzione formatrice e trasformatrice, occorre che i Pastori e i laici siano introdotti a coglierne il significato e il linguaggio simbolico, compresi l’arte, il canto e la musica al servizio del mistero celebrato, anche il silenzio.
La via indicata dal Papa per entrare nel mistero della liturgia e valorizzarne i segni è dunque quella mistagogica. “La mistagogia” significa, infatti, proprio “scoprire la vita nuova che nel Popolo di Dio abbiamo ricevuto mediante i Sacramenti”. Occorre dunque coltivare una formazione permanente del clero e dei laici, specialmente di chi è impegnato nel servizio della liturgia, in primo luogo il clero. Il Papa ricorda quindi che le responsabilità educative sono condivise anche se interpellano maggiormente le singole diocesi per la fase operativa. “La vostra riflessione – prosegue – aiuterà il Dicastero a maturare linee e orientamenti” da offrire a quanti hanno la responsabilità della formazione liturgica del Popolo di Dio, Conferenze episcopali, Diocesi, istituiti di formazione. In conclusione il Papa mette in risalto che tutti siamo chiamati a “ravvivare la nostra formazione liturgica”, “via maestra attraverso cui passa la vita cristiana” :
Avete perciò davanti un compito grande e bello: lavorare perché il Popolo di Dio riscopra la bellezza di incontrare il Signore nella celebrazione dei suoi misteri e, incontrandolo, abbia vita nel suo nome.
Mutua collaborazione fra Conferenze episcopali e Dicastero
All’inizio del suo discorso, in riferimento proprio ai primi passi della riforma, il Papa aveva anche sottolineato che non basta “cambiare i libri liturgici per migliorare la qualità della liturgia”. “Solo questo - aggiunge - sarebbe un inganno”, perché la celebrazione cristiana è orientata alla “conversione”. A questo scopo è dunque finalizzato “anche oggi il vostro lavoro” - dice - volto ad aiutare il Papa a compiere il suo ministero. “Nella comunione ecclesiale” operano la Sede Apostolica e le Conferenze episcopali, in spirito di cooperazione e sinodalità. “La Santa Sede infatti, non sostituisce i Vescovi, ma collabora con loro per servire, nella ricchezza delle varie lingue e culture, la vocazione orante della Chiesa nel mondo”, evidenzia ancora, spiegando che si colloca in questa linea il Motu proprio Magnum principium del 2017, con cui ricorda di aver voluto appunto favorire “una costante collaborazione” tra le Conferenze Episcopali e il Dicastero della Sede Apostolica, che esercita il compito di promuovere la sacra Liturgia. Il Papa auspica quindi che si prosegua nel cammino della mutua collaborazione, “coscienti delle responsabilità implicate dalla comunione ecclesiale, in cui trovano armonia l’unità e la varietà”. E sottolinea: “E’ un problema di armonia”.
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