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Papa ai Mercedari: vicini ai “cristiani intrappolati” in cose mondane e agli scartati

Nel discorso rivolto stamani ai Padri Mercedari ricevuti in udienza nell’Ottavo Centenario di fondazione del loro Ordine, il Papa li esorta a proseguire la loro missione, vicini ai cristiani in pericolo di perdere la fede e agli scartati, ai detenuti, ai bambini orfani e sfruttati. I religiosi erano accompagnati da padre fra’ Juan Carlos Saavedra Lucho, Maestro Generale dell’Ordine

Debora Donnini - Città del Vaticano

I Padri Mercedari sono chiamati a uscire “per salvare i cristiani che sono in pericolo di perdere la fede, che si vedono sminuiti nella loro dignità come persone e intrappolati in principi e sistemi opposti al vangelo”. E’ quanto , ricevuti stamani in Vaticano, per l’Ottavo di centenario di fondazione dell'Ordine della Beata Vergine Maria della Mercede. In particolare, il Papa chiede di prestare attenzione a questo concetto dei “cristiani intrappolati”, che finiscono impigliati in mille cose mondane e non sanno come uscirne, perché è una forma di schiavitù.

Portare la misericordia di Dio agli scartati

Un'esortazione, quella del Papa, in linea con la missione di questo Ordine che, nel 1218, è sorto proprio per la redenzione degli schiavi cristiani dei musulmani: i religiosi, oltre ai voti di povertà, obbedienza e castità, emettono un quarto voto di redenzione, con il quale si impegnano a sostituire con la loro persona i prigionieri in pericolo di rinnegare la fede. Dopo la scomparsa della schiavitù, nel XIX secolo l'Ordine ha esteso la sua missione a detenuti e loro familiari e all'aiuto ai cristiani perseguitati.

Vi invito a continuare a essere portatori della redenzione del Signore ai detenuti, ai rifugiati e ai migranti, a quanti cadono nelle reti della tratta di esseri umani, agli adulti vulnerabili, ai bambini orfani e sfruttati…. Portate a tutti coloro che sono scartati dalla società la tenerezza e la misericordia di Dio.

Oggi più prigionieri di quando fu fondato l'Ordine

Richiamando proprio le parole del quarto voto, il Papa sottolinea che seguire Cristo significa dare la vita per salvare anime, non pianificando la nostra vita “come se fosse Lui a dover seguire noi, e a doversi adeguare ai piani e ai progetti che ci facciamo”. “Come sono difficili – esclama a braccio – i capricci dei religiosi”.

Non si tratta di una “questione di metodologia”, ma di lasciare che Lui ci preceda. Bisogna promuovere la dignità della persona umana, prevenire le schiavitù fisiche o spirituali e il reinserimento dei più vulnerabili della nostra società. E a proposito della redenzione dei prigionieri, assicura che oggi ce ne sono più del doppio rispetto al momento della fondazione dell'Ordine. Quindi, ribadisce che la famiglia mercedaria, consacrati e laici, “ha bisogno di lasciarsi ispirare da questa ‘creatività di Dio’, anche quando ciò presuppone dover rompere i propri schemi che, con il tempo, si sono aggiunti al carisma fondazionale”. E il Papa sottolinea che bisogna rimuovere quei gusci creati dal tempo, per ritornare all'intuizione originale, che è una chiamata di Dio.

Il dono non sia per un profitto personale

Un altro aspetto è quello di dare la vita perché non si può seguire Cristo parzialmente: bisogna donare non solo ciò che è materiale e superfluo, ma anche “i nostri gusti e le nostre opinioni”:

Per favore, vi chiedo di non lasciarvi trascinare dalla tentazione di considerare il vostro sacrificio e il dono di voi stessi come un investimento destinato al profitto personale, per raggiungere una posizione o una sicurezza di vita. No! Questo no. Sforzatevi piuttosto di tradurre in realtà questa oblazione e consacrazione al servizio di Dio e degli uomini, vivendo la gioia del vangelo attraverso il carisma della redenzione.

Attenzione a ciò che addormenta la coscienza e porta a paralisi spirituale

Francesco mette, poi, in guardia dai tre pericoli che oggi, come in altre epoche della storia, minacciano il cristiano: il mondo, il demonio e la carne.

Questi pericoli sono a volte camuffati e non li riconosciamo, ma le loro conseguenze sono evidenti, addormentano la coscienza e provocano una paralisi spirituale che porta alla morte interiore. Anche noi dobbiamo stare attenti a non cadere in questo stato di mancanza di vitalità spirituale. Pensiamo alla mondanità spirituale che entra in maniera sottile nella nostra vita e pian piano dissipa la bellezza e la forza di questo amore primo di Dio nelle nostre anime.

Mantenere il primo amore

Si tratta di nemici che il più delle volte vanno lentamente intorpidendoci e noi non ce ne accorgiamo. Bisogna, dunque, vigilare, conclude il Papa esortando l’Ordine a non perdere mai il primo amore. E come quella coppia incontrata all’udienza generale, che faceva 60 anni di matrimonio, poter dire: “Sono innamorato. Non ho perso il primo amore”.

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06 dicembre 2018, 13:00