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Papa: idolatrie rovinano, Dio trapianta in noi un cuore ricco d'amore

All’udienza generale il Papa conclude le catechesi sui Dieci Comandamenti. Se sono i desideri malvagi che rovinano l’uomo, dice, lo Spirito depone nel nostro cuore i suoi santi desideri, che sono il germe della vita nuova

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Contemplare Cristo “per aprirci a ricevere il suo cuore, per ricevere i suoi desideri, per ricevere il suo Santo Spirito”. Questo il senso del Decalogo che Papa Francesco spiega all’ in Aula Paolo VI, concludendo il “percorso” intrapreso nelle scorse settimane sui Dieci Comandamenti. Il Pontefice invita a riflettere sulla Lettera ai Galati in cui San Paolo Apostolo riferisce come il “frutto dello Spirito” sia “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

Se sono i desideri malvagi che rovinano l’uomo, lo Spirito depone nel nostro cuore i suoi santi desideri, che sono il germe della vita nuova. La vita nuova infatti non è il titanico sforzo per essere coerenti con una norma, ma la vita nuova è lo Spirito stesso di Dio che inizia a guidarci fino ai suoi frutti, in una felice sinergia fra la nostra gioia di essere amati e la sua gioia di amarci. Si incontrano le due gioie: la gioia di Dio di amarci e la nostra gioia di essere amati.

L’inganno delle idolatrie

Dio, prosegue il Papa, “non chiede niente prima di aver dato molto di più”: ci invita “all’obbedienza per riscattarci dall’inganno delle idolatrie che tanto potere hanno su di noi”.

Cercare la propria realizzazione negli idoli di questo mondo ci svuota e ci schiavizza, mentre ciò che ci dà statura e consistenza è il rapporto con Lui che, in Cristo, ci rende figli a partire dalla sua paternità.

La via liberata

Ciò implica un processo di benedizione e di liberazione, che sono il “riposo autentico”, perché “solo in Dio riposa l’anima”, da Lui arriva la “salvezza”.

Questa vita liberata diventa accoglienza della nostra storia personale e ci riconcilia con ciò che, dall’infanzia al presente, abbiamo vissuto, facendoci adulti e capaci di dare il giusto peso alle realtà e alle persone della nostra vita. Per questa strada entriamo nella relazione con il prossimo che, a partire dall’amore che Dio mostra in Gesù Cristo, è una chiamata alla bellezza della fedeltà, della generosità e della autenticità.

Un “trapianto” di cuore

Per vivere in tal modo, aggiunge Francesco, abbiamo bisogno “di un cuore nuovo, inabitato dallo Spirito Santo”.

Come avviene questo “trapianto” di cuore, dal cuore vecchio al cuore nuovo? Attraverso il dono di desideri nuovi che vengono seminati in noi dalla grazia di Dio, in modo particolare attraverso i Dieci Comandamenti portati a compimento da Gesù, come Lui insegna nel “discorso della montagna”.

La radiografia di Cristo

È proprio nella contemplazione della vita descritta dal Decalogo, quindi “un’esistenza grata, libera, autentica, benedicente, adulta, custode e amante della vita, fedele, generosa e sincera”, che noi “quasi senza accorgercene” ci ritroviamo “davanti a Cristo”.

Il Decalogo è la sua “radiografia”, lo descrive come un negativo fotografico che lascia apparire il suo volto – come nella sacra Sindone. E così lo Spirito Santo feconda il nostro cuore mettendo in esso i desideri che sono un dono suo, i desideri dello Spirito. Desiderare secondo lo Spirito, desiderare al ritmo dello Spirito, desiderare con la musica dello Spirito.

Aprire la porta alla salvezza

In Cristo vediamo dunque “la bellezza, il bene, la verità” e lo Spirito “innesca in noi la speranza, la fede e l’amore”. Gesù, evidenzia il Pontefice, “non è venuto per abolire la legge ma per dare compimento”, per “farla crescere”: “secondo la carne” la legge “era una serie di prescrizioni e di divieti”, secondo lo Spirito essa “diventa vita”, perché “non è più una norma ma la carne stessa di Cristo, che ci ama, ci cerca, ci perdona, ci consola e nel suo Corpo ricompone la comunione con il Padre, perduta per la disobbedienza del peccato”.

E così la negatività letteraria, la negatività nell’espressione dei comandamenti – “non rubare”, “non insultare”, “non uccidere” – quel “non” si trasforma in un atteggiamento positivo: amare, fare posto agli altri nel mio cuore, tutti desideri che seminano positività. E questa è la pienezza della legge che Gesù è venuto a portarci.

Il desiderio del bene

In Cristo il Decalogo smette di essere condanna e diventa “l’autentica verità della vita umana”.

Qui nasce un desiderio del bene, di fare il bene – desiderio di gioia, desiderio di pace, di magnanimità, di benevolenza, di bontà, di fedeltà, di mitezza, dominio di sé. Da quei “no” si passa a questo “sì”: atteggiamento positivo di un cuore che si apre con la forza dello Spirito Santo.

L'opera di Dio

Cercare il Signore nel Decalogo vuol dire allora “fecondare il nostro cuore perché sia gravido di amore, e si apra all’opera di Dio”.

Quando l’uomo asseconda il desiderio di vivere secondo Cristo, allora sta aprendo la porta alla salvezza, la quale non può che arrivare, perché Dio Padre è generoso e, come dice il Catechismo, “ha sete che noi abbiamo sete di lui”.

I saluti finali

Quindi il Papa ricorda i pellegrini della Lituania presenti in Aula Paolo VI e fa cenno al suo recente viaggio nel Paese Baltico, quelli polacchi e cita la mostra in corso presso la Pontificia Università Urbaniana, dedicata alla famiglia polacca Ulma, “fucilata dai nazisti tedeschi durante la IIa guerra mondiale, per aver nascosto e dato aiuto agli Ebrei”: auspica che questa numerosa famiglia di Servi di Dio, “che attende la beatificazione”, sia “esempio di fedeltà a Dio e ai Suoi comandamenti, di amore al prossimo e di rispetto alla dignità umana”. Quindi, nei saluti ai fedeli italiani, ricorda come domenica prossima inizi il tempo liturgico dell’Avvento.

Prepariamo i nostri cuori ad accogliere Gesù Salvatore; riconosciamo nel Natale l’incontro del Cristo con l’umanità, soprattutto quella che ancora oggi vive ai margini della società, nel bisogno e nella sofferenza e nelle tante guerre.

 

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28 novembre 2018, 10:25