P. Albanese: Francesco esorta i media a non dimenticare gli ultimi
Alessandro Gisotti – Città del Vaticano
Papa Francesco ci esorta a promuovere un giornalismo di pace che dia voce agli ultimi e, in questo impegno, trova al suo fianco le riviste missionarie. A sottolinearlo, a Pope, è padre Giulio Albanese, missionario comboniano ed esempio concreto di “giornalista di pace”. Dopo aver diretto il New People Media Centre di Nairobi e aver fondato nel 1997 la Missionary Service News Agency (MISNA) è ora direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie: Missio Italia, Popoli e Missione e Il Ponte d'Oro. Padre Albanese muove la sua riflessione dal tema del Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, “La verità vi farà liberi: fake news e giornalismo di pace”.
R. – È evidente che Papa Francesco ha compreso quanto sia importante l’informazione oggi nella cornice della globalizzazione, del cosiddetto “villaggio globale”. Non fosse altro perché, effettivamente, è la prima forma di solidarietà: dare voce a chi non ha voce! Questa è un’istanza rispetto alla quale io credo che nessuno possa stare alla finestra a guardare. Penso innanzitutto a chi opera nel mondo dell’editoria, perché davvero non si può guardare solo e unicamente alla dimensione del profitto, ma bisogna dare voce a chi non ha voce. Questo significa cogliere tutte quelle che sono le istanze di bene, le necessità, le urgenze, stigmatizzare le ingiustizie. E chiaramente tutto questo implica uno sbilanciamento: stare dalla parte degli ultimi.
Nella tua esperienza diretta, che cosa puoi dire riguardo ai missionari che possono svolgere o hanno svolto, anche storicamente, proprio questa funzione di “portatori” di notizie di pace e riconciliazione?
R. – L’editoria missionaria, soprattutto guardando alla nostra realtà italiana, ha rappresentato sempre il fiore all’occhiello dell’editoria cattolica. C’è una tradizione per cui, tornando indietro con la “moviola della storia”, ci rendiamo conto che il mondo missionario ha offerto uno straordinario contributo, soprattutto per raccontare fatti e accadimenti che si sono verificati in passato e che si continuano a verificare in quelle che Papa Francesco chiama le “periferie del mondo”. Tutte queste testate, a mio avviso, hanno svolto proprio un ruolo importante nell’affermare una consapevolezza che in fondo, a pensarci bene, risponde a quella che è la logica del Vangelo: cioè la dimensione della universalità, una fratellanza a tutto campo che va ben al di là di nazionalismi, populismi e provincialismi, che rappresentano davvero il tarlo del nostro tempo.
Come direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie, sei direttore anche della rivista “Il ponte d’oro”, che guarda a un pubblico di giovani, di adolescenti. È possibile già ai ragazzi insegnare e sottolineare l’importanza del giornalismo di pace?
R. – Io non so se i nostri lettori, e mi riferisco soprattutto ai giovanissimi, un giorno saranno giornalisti. So che saranno comunque cittadini! Ed è importante che la dimensione della fede, da questo punto di vista, sia sempre aperta all’universalità. Ecco che allora nella fattispecie, guardando proprio alla nostra pubblicazione per ragazzi, “Il ponte d’oro”, ritengo che sia davvero un sussidio per l’educazione alla mondialità. Quindi questo oggi è un aspetto strategico nell’educazione delle future generazioni, non fosse altro perché bisogna aiutarli a capire che i fatti e gli accadimenti che avvengono in terre geograficamente distanti, comunque ci appartengono: abbiamo un destino comune. Io direi che è questo l’aspetto fondamentale che vogliamo sempre sottolineare nei nostri articoli, editoriali e quant’altro: affermare proprio una fraternità che non conosce confini.
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