P. Fares: vi racconto la vocazione di Bergoglio
Alessandro Gisotti – Città del Vaticano
In occasione della Messa Crismale, Papa Francesco ha donato ai sacerdoti l’ultimo libro di padre Diego Fares, gesuita argentino e scrittore de La Civiltà Cattolica, intitolato “10 cose che Papa Francesco propone ai sacerdoti”, pubblicato da Ancora editrice. In una lettera di ringraziamento a padre Fares, che conosce Bergoglio dagli anni ’70, il Papa afferma che è “una buona cosa che al centro del ministero sacerdotale si ponga il non perdere lo zelo apostolico”. Proprio da questo tema muove l’intervista che padre Diego Fares ha rilasciato a Pope:
R. - Lo zelo apostolico è una virtù sintesi in cui si può vedere “un’intera persona”. Lo zelo apostolico di Francesco Saverio, che muore di sfinimento desiderando entrare in Cina per evangelizzare. Lo zelo apostolico di Santa Teresa del Bambino Gesù, patrona dei missionari, che sogna un cielo dove poter “spendere l’eternità facendo del bene sulla terra”, sono i modelli proposti dalla Chiesa. Può aiutare un ricordo di Papa Francesco sullo zelo apostolico di uno dei suoi formatori: il padre Pozzoli. Bergoglio racconta la storia della sua vocazione e il modo di aiutare la sua famiglia ad accoglierla che ha avuto padre Pozzoli, un salesiano. Nel novembre del 1955 Bergoglio disse ai suoi genitori che voleva entrare in seminario. Loro non erano convinti. Bergoglio sa che si fidavano molto di padre Pozzoli e va a parlare con lui, che esamina la sua vocazione e gli dice di pregare e di lasciare tutto nelle mani di Dio. Gli dà la benedizione di Maria Ausiliatrice la cui devozione rimase impressa per sempre nel suo cuore. Tre settimane dopo, i suoi genitori celebrano 20 anni di matrimonio con una Messa e Bergoglio invita padre Pozzoli, dopo la Messa, a fare colazione nella pasticceria La Perla di Buenos Aires, per parlare del tema, pensando forse che padre Pozzoli non avrebbe accettato di andare in quel posto... Ma il prete accetta senza esitare, sapendo di cosa si sarebbe parlato. Bergoglio commenta: “Che libertà di spirito per aiutare una vocazione!” (Zelo apostolico, per tanto: andare in pasticceria!).
Cosa succede poi in questa colazione, perché è così importante per la vocazione di Bergoglio?
R. - A metà della colazione si pone la questione. Padre Pozzoli dice che l’università va bene, ma che le cose vanno prese quando Dio vuole che si prendano... e comincia a raccontare storie di diverse vocazioni (senza prendere partito) e, alla fine, racconta la sua vocazione.... A questo punto, dice Bergoglio: “Ormai i miei genitori avevano sciolto il cuore. Naturalmente padre Pozzoli – prosegue – non finì dicendo che mi lasciassero andare in Seminario né esigendo da loro una decisione... Semplicemente si rese conto che doveva ammorbidire. Lo fece... e il resto venne da sé”. Era tipico di lui: una de cal y otra de arena, Calce e sabbia, bastone e carota, come si dice in italiano. Uno non sapeva dove voleva andare... ma lui sì. E generalmente non voleva arrivare a un punto dove si riconoscesse che “aveva vinto”. Quando “annusava” che ormai stava per ottenere quello che voleva, si ritirava prima che gli altri si rendessero conto. Allora la decisione veniva da sola, liberamente dai suoi interlocutori. Non si sentivano forzati... ma lui gli aveva preparato il cuore. Aveva seminato e bene... “ma lasciava agli altri il gusto della raccolta”. Questo è un esempio di zelo pastorale tipico bergogliano. Ereditato da questo salesiano. Zelo di chi ha cuore di buon pastore, pazienza di seminatore, istinto di pescatore.
Il Papa ancora una volta, nella Messa Crismale, ha chiesto ai sacerdoti di stare vicino alle gente. Perché questa insistenza?
R. - Vicini alla gente e vicini a Gesù! Perché, ha detto, “queste due vicinanze si alimentano e si curano a vicenda. Se ti senti lontano da Dio, ma per favore, avvicinati al suo popolo, che ti guarirà dalle ideologie che ti hanno intiepidito il fervore”. “I piccoli – ha proseguito il Papa – ti insegneranno a guardare Gesù in un modo diverso. Ai loro occhi, la Persona di Gesù è affascinante (...). E se tu ti senti lontano dalla gente, avvicinati al Signore, alla sua Parola: nel Vangelo Gesù ti insegnerà il suo modo di guardare la gente, quanto vale ai suoi occhi ognuno di coloro per i quali ha versato il suo sangue sulla Croce. Nella vicinanza con Dio, la Parola si farà carne in te e diventerai un prete vicino ad ogni carne. Nella vicinanza con il popolo di Dio, la sua carne dolorosa diventerà parola nel tuo cuore e avrai di che parlare con Dio, diventerai un prete intercessore”. Nella vicinanza, ci giochiamo se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee, chiuso in caratteri a stampatello, incarnato tutt’al più in qualche buona abitudine che poco alla volta diventa routine.
Da poco si è celebrato il quinto anniversario di Pontificato. In questi 5 anni qual è stato il messaggio più forte dato dal Papa ai sacerdoti?
R. - Penso che il messaggio sia quello di essere sempre “discepoli missionari”, vicini a Gesù e al suo popolo. Ma la forza sta nel modo di dirlo! Francesco é uno che inquieta noi preti. Ma non per il piacere di bastonare, come alcuno può essere tentato di pensare. Lui ci inquieta perché noi abbiamo la gente a nostro carico! Per questo non ci lascia addormentare. Le sue parole non ti permettono di giustificare te stesso. Quando un sacerdote ascolta Francesco non può fare altro che andare da Gesù e dal suo popolo. Non ci sono altre uscite. Ma queste due sono belle, anzi bellissime e feconde!
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