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Papa Francesco e l'arcivescovo Shevchuk nella Basilica di Santa Sofia Papa Francesco e l'arcivescovo Shevchuk nella Basilica di Santa Sofia 

Il Papa alla comunità greco-cattolica ucraina: vi sono vicino

Papa Francesco ringrazia la comunità greco-cattolica ucraina che vive a Roma per la sua costante fedeltà al successore di Pietro. E ringrazia le tante donne ucraine che assistono gli anziani accompagnandoli a volte fino alla fine. Sul conflitto nel Paese assicura: prego perché tacciano le armi.

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Sono qui per dirvi che vi sono vicino: vicino col cuore, vicino con la preghiera, vicino quando celebro l’Eucaristia. Lì supplico il Principe della Pace perché tacciano le armi. Gli chiedo anche che non abbiate più bisogno di compiere immani sacrifici per mantenere i vostri cari.
Il Papa si rivolge così alla comunità greco-cattolica ucraina che questo pomeriggio ha gremito la Basilica di Santa Sofia a Roma per accoglierlo e ascoltarlo. Tra i fedeli, tante le donne e i bambini, insieme ai sacerdoti e ai vescovi della loro Chiesa.

Il conflitto in corso e la fede trasmessa dalle donne 

Nel saluto che in precedenza l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, aveva rivolto al Papa, il ricordo del conflitto in corso in Ucraina era emerso in tutta la sua drammaticità: migliaia di morti e feriti, milioni di persone costrette ad emigrare. e a vivere nella povertà. Così come l’arcivescovo Shevchuk aveva fatto riferimento alle numerose donne che a Roma e in Italia “lavorano presso famiglie italiane come badanti di persone malate o anziane” o sono qui per curare i loro figli malati. Francesco ne ha salutate tante entrando nella Basilica e lungo tutto il percorso fino all’altare, così come ha accarezzato e baciato tanti bambini costretti in carrozzella. E per queste donne, ha parole di particolare affetto e apprezzamento. A braccio dice loro:
L’arcivescovo maggiore ha parlato delle mamme, delle nonne ucraine, che trasmettono la fede, hanno trasmesso la fede, con coraggio; hanno battezzato i figli, i nonni: con coraggio. E anche oggi, il bene – e questo lo dico perché conosco – il bene che queste donne fanno qui a Roma, in Italia, curando i bambini, come  badanti, trasmettono la fede nelle famiglie, alcune tante volte tiepide nella vivenza di fede … Ma voi avete una fede coraggiosa!

Il vostro non è solo un lavoro, ma una missione

E ancora, leggendo il testo preparato:
Siete preziose e portate in molte famiglie italiane l’annuncio di Dio nel migliore dei modi, quando con il vostro servizio vi prendete cura delle persone attraverso una presenza premurosa e non invadente. E questo è molto importante: non invadente. Testimonianza. E lì: “Ma, questa donna è buona, questa donna …”, e la fede viene. Va trasmessa, la fede. Vi invito a considerare il vostro lavoro, faticoso e spesso poco appagante, non solo come un mestiere, ma come una missione: (…) Portate il conforto e la tenerezza di Dio a chi, nella vita, si dispone a prepararsi all’incontro con lui. È un grande ministero di prossimità e di vicinanza, gradito a Dio.

Tre figure importanti per la comunità e per il Papa stesso

Nel corso del suo saluto il Papa cita tre figure importanti per la comunità e per lui stesso: il Cardinal Slipyj, che ha voluto e edificato la Basilica di Santa Sofia; il Vescovo Chmil, “una persona che mi ha fatto tanto bene”, dice il Papa spiegando che quando era ragazzo, in Argentina, ha imparato da lui "a servire la Messa, a leggere l’alfabeto vostro, da lui ho appreso la bellezza della vostra liturgia; dai suoi racconti la viva testimonianza di quanto la fede sia stata provata e forgiata in mezzo alle terribili persecuzioni ateiste del secolo scorso". 
La terza persona testimone della fede citata da Francesco è il Cardinale Husar,  "guida e fratello maggiore di tanti”.

La Chiesa è incontro e vita nuova

Poi il Papa commenta il titolo che questa comunità, insieme alle comunità greco-cattoliche ucraine di tutto il mondo, ha dato al suo programma pastorale: "La parrocchia vivente è il luogo d’incontro con il Cristo vivente." Due le parole sottolineate dal Papa: la prima è incontro.

La Chiesa è incontro, è il luogo dove guarire la solitudine, dove vincere la tentazione di isolarsi e di chiudersi, dove attingere la forza per superare i ripiegamenti su se stessi. La comunità è allora il luogo dove condividere le gioie e le fatiche, dove portare i pesi del cuore, le insoddisfazioni della vita e la nostalgia di casa.

 La seconda parola è vivente. Gesù è il vivente e perciò ogni comunità cristiana “non può che profumare di vita”.

La parrocchia non è un museo di ricordi del passato o un simbolo di presenza sul territorio, ma è il cuore della missione della Chiesa, dove si riceve e si condivide la vita nuova, quella vita che vince il peccato, la morte, la tristezza, ogni tristezza, e mantiene giovane il cuore.

Il legame speciale tra Papa Francesco e l'Ucraina

Infine, improvvisando, il Papa confida ai presenti “un segreto”:

La notte, prima di andare a letto, e al mattino, quando mi sveglio, sempre mi incontro con gli ucraini. Ma perché?

E racconta di aver ricevuto proprio dal loro arcivescovo maggiore, arrivato una volta in Argentina, in regalo un’icona bellissima raffigurante la 'Madonna della tenerezza'. Un’icona che si è fatto mandare da Buenon Aires e che tiene nella sua camera.

E ogni notte, prima di andare a letto, bacio la Madonna della tenerezza che mi ha regalato il vostro arcivescovo maggiore, e al mattino anche, la saluto. Così si può dire che incomincio la giornata e la finisco in ucraino.

I molti doni offerti al Papa

Al termine delle sue parole il Papa invita l’arcivescovo Shevchuk a dire con tutta la comunità un’Ave Maria e a dare insieme la benedizione ai fedeli.
Poi l’offerta al Papa dei doni: la mappa dell'Ucraina realizzata sotto forma di un mosaico nei colori giallo e blu. Una “Motanka” –cioè  le bambole tradizionali, che ritrae una famiglia in costumi tradizionali; l’icona della Madonna “Oranta” di Kyiv, simbolo della spiritualità ucraina.E ancora un “Rushnyk” – un asciugamano ricamato, simbolo della cultura tradizionale del Paese; un Orcio di miele proveniente dall’Ucraina regalo da parte del Paese, consegnato dalla signora Tetiana Izhevska, Ambasciatrice ucraina presso la Santa Sede. E poi ancora una copia del Vangelo di Peresopnytsia, il primo Vangelo manoscritto tradotto nell’antica lingua ucraina. Infine l’icona del Beato Emiliano Kovch, sacerdote ucraino che ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a servire il prossimo nel campo di concentramento di Maidanek.

L'ultimo incoraggiamento: "Coraggio e avanti"

Tanti stringono e baciano la mano di Francesco che scende poi nella cripta della Basilica a rendere omaggio alle tombe di alcuni testimoni della fede lì sepolti. Intanto all’esterno della chiesa i fedeli l’aspettano ancora per un ultimo saluto. “Rimango con il cuore pieno di gioia per questo incontro. Grazie per la vostra perseveranza nella fede. “Coraggio e avanti!” E’ l’incoraggiamento finale insieme alla promessa: “Continuate a pregare per me: io continuerò a pregare per voi, a incominciare e finire la giornata in ucraino davanti alla Madonna che mi ha regalato l’arcivescovo a Buenos Aires”.

Ascolta il servizio con la voce del Papa

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28 gennaio 2018, 17:35