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Repubblica Democratica del Congo: manifestanti contro il governo del Presidente Kabila Repubblica Democratica del Congo: manifestanti contro il governo del Presidente Kabila 

Il Papa sul Congo: basta violenza, la Chiesa vuole solo il bene comune

Nuovo appello di Papa Francesco all’Udienza generale, dopo gli attacchi della polizia nella Repubblica Democratica del Congo contro le marce pacifiche dei cattolici, che hanno causato 6 vittime. Intervista al cardinale Monsengwo Pasinya: il governo vuole solo il potere per il potere, e non si impegna nel risanamento del Paese

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Papa Francesco ha nel cuore la drammatica situazione della Repubblica Democratica del Congo, dove cresce la rivolta popolare non violenta contro il Presidente Kabila, che si rifiuta di lasciare il potere e indire subito nuove elezioni, come previsto dall’accordo di San Silvestro 2016. Oggi, al termine dell’udienza generale ha rinnovato l’appello lanciato domenica a Lima.

Purtroppo continuano a giungere notizie preoccupanti dalla Repubblica Democratica del Congo. Pertanto, rinnovo il mio appello perché tutti si impegnino ad evitare ogni forma di violenza. Da parte sua, la Chiesa non vuole altro che contribuire alla pace e al bene comune della società.

Tutti si impegnino ad evitare ogni violenza

Domenica ancora spari contro le marce cattoliche anti Kabila: 6 morti

La Chiesa locale è infatti in prima linea nella protesta pacifica, e i vescovi sostengono i laici cattolici che manifestano per il rispetto dell’accordo del 31 dicembre 2016. Ma le marce di questa domenica hanno avuto ancora un epilogo sanguinoso, perché la polizia di Kabila ha lanciato lacrimogeni e sparato contro i manifestanti. Secondo il portavoce Onu 6 civili sono morti,  65 sono stati feriti e 111 arrestati.

Il cardinal Monsengwo: con il mitra contro chi ha solo bibbie e rosari

Il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa e presidente della Conferenza episcopale, che è anche uno degli 8 porporati consiglieri di Papa Francesco,  ha diffuso un nuovo messaggio per condannare le nuove e ripetute violenze sui manifestanti pacifici. Ecco la sua testimonianza raccolta da Jean Pierre Bodjoko.

R. - Non potevo non pubblicare un messaggio visto quello che è successo. Ci sono stati morti, ci sono stati militari armati fino ai denti, come se fossimo in un campo di battaglia! Hanno cominciato a colpire le persone, hanno cominciato ad arrestare preti e religiosi… Si può ragionevolmente sparare su persone che non hanno come armi che rosari, bibbie e che cantano inni? Se si continua a governare il Paese in questo modo non andremo lontano. Quando si spara sulle persone, quando si inizia a bloccare queste persone ancora prima che arrivino in chiesa,  non è possibile… Ci troviamo in una prigione a cielo aperto! Era necessario che parlassi di nuovo, in memoria di queste persone che sono morte e soprattutto per attirare l’attenzione, dicendo che finché il nostro Paese andrà in questa direzione non potremo avanzare.

D. – Lei continuerà a parlare finché non sarà garantito il diritto dei cristiani e di tutto il popolo a manifestare?

R. - Certo, perché il diritto del popolo deve essere garantito. Loro si giustificano dicendo che siamo noi a dividere le persone, ma questo non è vero: noi non dividiamo nessuno; anzi, parliamo a tutti: poi, ci sono anche quelli che non vogliono ascoltare. Ma loro avevano cominciato già dal giorno prima a diffondere il messaggio di uccidere la gente … non è veramente ammissibile!

D. - Perché il governo ha paura di lasciare che il popolo manifesti, come prevede la Costituzione?

R. - In effetti, la Costituzione prevede il diritto di manifestare liberamente, a condizione che ciò avvenga in maniera non violenta: questo è ciò che abbiamo visto durante le marce di domenica. E la cosa bella è che anche i musulmani si sono uniti alla nostra marcia; e non soltanto i musulmani, ma anche i protestanti e le altre confessioni cristiane. Purtroppo, il potere non vuole sentir ragione. Non so cosa voglia il governo al potere: vuole soltanto il potere per il potere, o cerca invece il potere per risanare una nazione, affinché quest’ultima possa compiere dei passi avanti nello sviluppo, nella giustizia, nella pace, nella verità e nell’amore? Il Signore non ci abbandonerà, se conserveremo la nostra fede salda, ferma, viva, e continueremo sulla strada che abbiamo imboccato.

Liberi 4 dei sei rapiti nella fattoria didattica finanziata dalla Cei

In questo clima di violenza contro i cattolici, lunedì sono state rapite sei persone nella fattoria didattica della diocesi di Butembo-Beni, nel Kivu settentrionale, un progetto finanziato dall’otto per mille della Conferenza episcopale italiana. Ieri un operatore è riuscito a fuggire dai rapitori e altri tre sono stati ritrovati chiusi in una capanna. Restano nelle mani dei sequestratori  don Robert Masinda, della parrocchia di Bingo  e un ingegnere suo collaboratore nella fattoria.

L’appello dei vescovi italiani: don Masinda subito libero

Secondo il vescovo di Butembo-Beni, monsignor Melchisedec Sikuli Paluku, il sequestro è opera di gruppi paramilitari venuti da fuori regione, che avrebbero agito per chiedere un riscatto in denaro. Non si tratta quindi di una rappresaglia politica, perché le persone rapite non avevano partecipato alle manifestazioni antigovernative. In un comunicato, il Consiglio episcopale permanente della Cei ricorda che don Masinda è il sesto sacerdote rapito dal 2012, insieme a religiose e laici, chiede l'immediata liberazione dei prigionieri, esprime “la propria solidarietà alla Chiesa e al popolo congolese e si stringe attorno all’Episcopato locale, implorando da Dio i doni della giustizia, della riconciliazione e della pace”.

Ascolta e scarica l'intervista al cardinal Monsengwo Pasinya

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24 gennaio 2018, 12:24