Papa in udienza generale: sì al silenzio a Messa, no alla fretta
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Il silenzio nella Messa non è solo assenza di parole, ma permette di ascoltare altre voci, “quella del nostro cuore e soprattutto, la voce dello Spirito Santo”. E il silenzio che precede l’orazione iniziale, “aiuta a raccoglierci in noi stessi e a pensare perché siamo lì”. Per questo Papa Francesco, nella dell’udienza generale, dedicata sempre alla celebrazione eucaristica, raccomanda vivamente ai sacerdoti di osservare questo momento di silenzio “e non andare di fretta”.
Il “Gloria”, annuncio dell’abbraccio tra cielo e terra
In Aula Paolo VI, davanti a più di 8 mila pellegrini da tutto il mondo, il Papa spiega il significato del canto del “Gloria” e dell’orazione colletta. Prima di tutto sottolinea che “dall’incontro tra la miseria umana e la misericordia divina” nell’atto penitenziale, analizzato mercoledì scorso, “prende vita la gratitudine espressa nel ‘Gloria’ ”. E ricorda che l’esordio dell’inno: “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli” riprende il canto degli Angeli alla nascita di Gesù a Betlemme, “gioioso annuncio dell’abbraccio tra cielo e terra”.
Il silenzio prima dell’orazione colletta
Dopo il “Gloria”, che a volte non viene recitato, la preghiera prende la forma dell’orazione chiamata “colletta”, che varia a seconda dei giorni e dei tempi dell’anno. Con l’invito «preghiamo», spiega Francesco, “il sacerdote esorta il popolo a raccogliersi con lui in un momento di silenzio”, per “prendere coscienza di stare alla presenza di Dio” e far emergere “le personali intenzioni con cui partecipa alla Messa”.
Il sacerdote dice “preghiamo” e poi, viene un momento di silenzio, e ognuno pensa alle cose di cui ha bisogno, che vuol chiedere, nella preghiera.
Raccolti per aprire l’animo al Signore
Per questo il silenzio “non si riduce all’assenza di parole, bensì nel disporsi ad ascoltare altre voci: quella del nostro cuore e, soprattutto, la voce dello Spirito Santo”.
Nella liturgia eucaristica, ricorda il Pontefice citando l’Ordinamento generale del messale romano, il silenzio all’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, “aiuta il raccoglimento”; dopo la lettura o l’omelia, “è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato”; dopo la Comunione, “favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica”. Quindi, prima dell’orazione iniziale, “il silenzio aiuta a raccoglierci in noi stessi e a pensare al perché siamo lì”.
Ecco allora l’importanza di ascoltare il nostro animo per aprirlo poi al Signore. Forse veniamo da giorni di fatica, di gioia, di dolore, e vogliamo dirlo al Signore, invocare il suo aiuto, chiedere che ci stia vicino; abbiamo familiari e amici malati o che attraversano prove difficili; desideriamo affidare a Dio le sorti della Chiesa e del mondo.
Il sacerdote esprime le preghiere di tutti
Dopo il silenzio il sacerdote, raccogliendo le intenzioni di ognuno, esprime a voce alta a Dio, a nome di tutti, la preghiera comune, “facendo appunto la ‘colletta’ delle singole intenzioni”.
Raccomando vivamente ai sacerdoti di osservare questo momento di silenzio, e non andare di fretta. “Preghiamo” e che si faccia silenzio. Raccomando questo ai sacerdoti. Senza questo silenzio, rischiamo di trascurare il raccoglimento dell’anima.
I testi delle orazioni, vera scuola di preghiera
Il sacerdote, conclude Papa Francesco, recita questa supplica con le braccia allargate, perché “così si prega, con le bracci allargate”. E’ l’atteggiamento dell’orante, che hanno i cristiani fin dai primi secoli “per imitare il Cristo con le braccia aperte sul legno della croce”. Cristo che è “l’Orante ed è insieme la preghiera!”.
Nel Rito Romano le orazioni sono concise ma ricche di significato: si possono fare tante belle meditazioni su queste orazioni. Tanto belle! Tornare a meditarne i testi, anche fuori della Messa, può aiutarci ad apprendere come rivolgerci a Dio, cosa chiedere, quali parole usare. Possa la liturgia diventare per tutti noi una vera scuola di preghiera.
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