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Il Papa incontra i partecipanti al convegno sul progetto DREAM Il Papa incontra i partecipanti al convegno sul progetto DREAM

Dal Papa il sostegno al progetto "Dream", storia di un sogno di pace per l'Africa

In udienza da Francesco i partecipanti al convegno organizzato alla Camera dei deputati dalla Comunità di Sant’Egidio sulla lotta all’Aids/Hiv nel continente africano. Il coordinatore del programma, Giovanni Guidotti: la battaglia non si è conclusa, non si devono perdere i risultati ottenuti

Guglielmo Gallone – Città del Vaticano

«Il Santo Padre ci ha incoraggiato ad andare avanti, dimostrandoci grande sostegno e affetto»: Giovanni Guidotti, segretario generale del Programma DREAM per la lotta all’Hiv/Aids della Comunità di Sant’Egidio, racconta così ai media vaticani l’udienza privata svoltasi questa mattina con Francesco. Insieme a Guidotti erano presenti i ministri e le delegazioni nazionali di una decina di Paesi africani, dalla Tanzania al Malawi fino alla Guinea o alla Repubblica Democratica del Congo, coinvolti nel progetto sanitario. «L’incontro con il Papa è stato un momento di grande gioia. Si ricordava bene del programma DREAM, che ha approfondito in occasione del viaggio apostolico in Mozambico del 2019, e della dottoressa Abdul Majid Noorjehan, medico impegnato nel progetto che vive e lavora a Maputo, di fede musulmana. A tal proposito, il Papa ha aggiunto che dobbiamo pregare tutti insieme perché abbiamo un unico Dio, notando infine come in Africa ci sia una sensibilità maggiore e come da questi popoli ci sia molto da imparare».

Ascolta l'intervista con Giovanni Guidotti

Il convegno presso la Camera dei deputati

Parole ancor più importanti alla luce del convegno“Sconfiggere l’HIV in Africa: un obiettivo possibile” svoltosi successivamente presso la Camera dei Deputati, alla presenza del presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, del ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano Antonio Tajani, di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, dei principali rappresentanti dei ministeri della Salute, provenienti dai Paesi in cui opera il progetto DREAM, tra cui il ministro della Sanità del Malawi Khumbize Kandodo Chiponda e del vice ministro della Sanità del Kenya Harry Kimtai Kachuwai. Un incontro in cui si è ribadito l’obiettivo comune di promuovere cure all’avanguardia ed educazione sanitaria nel continente africano, strumenti essenziali per la ricerca e il mantenimento della pace. In un mondo in cui divampa uno spirito individualista e in cui certi scenari di guerra sono sempre più dimenticati, il progetto DREAM, come sottolineato da monsignor Paglia, «non è solo un sogno, come l’anagramma suggerisce, ma rappresenta una realtà che continua a portare speranza di vita, e di vita in salute, a coloro che erano stati scartati dalla violenza del male», in sostanza DREAM «mostra che ci si salva assieme e contesta in radice chi pretende di dire “prima l’Italia” o “prima l’Occidente”».

DREAM, tra dati e obiettivi

In effetti, i numeri parlano chiaro. Avviato da Sant’Egidio in Mozambico nel 2002 come risposta all’ingiustizia del doppio standard della lotta all’Hiv – già nel 1996 esisteva una terapia efficace ma non era diffusa in Africa – DREAM è oggi presente in dieci Paesi. «Siamo integrati nei programmi nazionali dei rispettivi Ministeri della Salute e abbiamo in cura più di 100.000 persone con Hiv», ha ricordato la dottoressa Annamaria Doro. «Grazie all’efficacia della terapia – prosegue Doro – oggi l’aspettativa di vita delle persone con Hiv è quasi uguale a quella di chi è negativo, se la terapia viene iniziata in tempo; questo ci fa sentire ancora più urgente la sfida di raggiungere tutti, perché oggi le morti per Hiv sono evitabili». Parole in linea con la missione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids, che ha elevato i suoi obiettivi a 95-95-95: il 95% delle persone con Hiv deve conoscere il proprio stato sierologico, il 95% di queste deve accedere al trattamento e il 95% di chi è in trattamento deve mettere sotto controllo la carica virale.

Investire per prevenire

I risultati non si misurano solamente con l’eliminazione della trasmissione da madre a bambino o col tasso di trasmissione sempre al disotto dell’1%, ma soprattutto con la retention, ossia con la capacità di rimanere in cura una volta iniziato il trattamento. Un obiettivo importante per una malattia cronica come l’Hiv, la cui terapia è a vita, e su cui Sant’Egidio punta moltissimo, ottenendo risultati unici: la percentuale di pazienti che dopo 12 mesi è ancora nei centri di cura del programma DREAM si attesta tra il 90 e il 95%. Numeri non casuali bensì frutto di radicamento sul territorio, accoglienza, dialogo, relazione, gratuità e organizzazione. Che, però, per essere mantenuti vanno accompagnati da una serie di altri processi. Soprattutto se si considera che l’Africa sub-sahariana resta la regione con il più alto numero di malati. Tanto il professor Stefano Orlando, dell’università di Tor Vergata, quanto il professor Carlo Federico Perno, dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù, nei rispettivi interventi hanno infatti ricordato come le questioni aperte siano tante: se in alcuni Paesi l’obiettivo ‘zero pazienti’ è facilmente raggiungibile, in Mozambico o in Guinea ci sono ancora oltre 150.000 minori affetti da Aids. Altra incognita è legata all’introduzione della PrEP, Profilassi pre-esposizione, una combinazione di farmaci attivi per prevenire il contagio da parte di persone negative ma esposte al rischio. Terapia di cui bisogna garantire l’uso nel corso del tempo in base a costi, accessibilità e forniture ma che spesso subisce l’incapacità di investire. In Malawi, ad esempio, si spende il 2% dell’intero Pil per la lotta all’Hiv/Aids, senza spesso ottenere però i risultati sperati. Tutto ciò alimenta enormi disuguaglianze, ancor più se si considera che una media globale di nuove infezioni in calo può nascondere una forte dispersione.

La centralità della cooperazione internazionale

Ed è qui che entra in gioco, oltre alla società e alla comunità civile, la politica. «L’impegno del governo italiano per l’Africa, che è una priorità assoluta, è a 360 gradi per valorizzare le risorse di questo continente», ha commentato il ministro Antonio Tajani nel suo intervento. «Ho voluto essere qui per dare un segnale di condivisione nei confronti della strategia di cura per l’Hiv. Perché al centro c’è sempre la persona. E la salute, su questo, è fondamentale. L’età media di vita in Africa è inaccettabile». Per Tajani si rende quindi necessaria l’istituzione di un piano Marshall europeo per l’Africa. L’Italia sta agendo da parte sua con il Piano Mattei, il governo, ha quindi aggiunto il ministro, può fare molto, ma «l’importanza del terzo settore e del volontariato è unica». «Il convegno è stato importante - conclude Guidotti - per  poter rifocalizzare l'attenzione internazionale sul discorso dell'Africa ponendo il problema del futuro del trattamento Hiv/Aids che ancora decine di milioni di malati, soprattutto africani, soffrono. Dobbiamo porci il problema di come contrinuare questa battaglia che non si è conclusa, abbiamo ottenuto risultati che non dobbiamo assolutamente perdere».

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24 gennaio 2025, 16:58