Rifiorisce a Venezia il Giardino del Redentore
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Paradiso in greco (παρ?δεισο?) e ancor prima in iranico (pairidaēza) significa giardino. Il nome italiano deriva invece dal francese, jardin, che significa luogo chiuso, recintato, come a dire protetto. Dio ha posto il primo uomo nel giardino dell’Eden, nel luogo più bello e fruttuoso della creazione. In tutte le culture la creazione ha quasi sempre a che fare con i giardini come sosteneva lo studioso e latinista, storico dei giardini, Pierre Grimal: “L’uomo – è stato scritto – nasce in un giardino. Tutte le leggende, fin dai miti più antichi, collocano il luogo d’origine dell’umanità in un recinto protetto, nel grembo materno che custodisce la vita”. Basterebbero queste considerazioni a risolvere l’universo di suggestioni e di simboli suscitati da un luogo che è espressione dell’alleanza tra l’uomo e la natura. Luogo di metafore infinite, come scrisse Voltaire alla fine di Candido: “Bisogna coltivare il proprio giardino”.
Quando poi si parla di un giardino nel cuore di Venezia, una delle città più seducenti al mondo, il simbolismo diventa preminente e si mescola al paradosso delle architetture che emergono dall’acqua su un fondale di cielo, di una magia irripetibile dove oriente e occidente respirano insieme, dove “il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo - alias acqua - abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo”, come scrisse Brodsij in Fondamenta degli Incurabili.
Dopo il restauro dei Giardini Reali di San Marco, è la volta dell’Orto Giardino della basilica del Santissimo Redentore che proprio in questi giorni si è aperto ai veneziani e a chi vorrà godere della sua bellezza insieme alle Cappelle di meditazione, le Antiche Officine, la Serra e l’Apiario del Convento, realizzato dalla Fondazione Venice Gardens Foundation, nata nel 2014 con la finalità di restaurare giardini, parchi, e le strutture architettoniche inserite dentro a questi beni.
La presidente e fondatrice della Venice Gardens Foudantion, Adele Re Rebaudengo, spiega ai media vaticani la vocazione della fondazione che è soprattutto – spiega - quella di “restituire a questi beni restaurati il loro ruolo sociale e comunitario che possono rivestire in una città, ruolo che è molto importante in qualunque città e maggiormente in una città come Venezia, con una grande pressione turistica”.
L’importanza del “sentire” che precede “il capire”
“La Fondazione” - prosegue Rebaudengo - “dopo aver effettuato i restauri continua la sua attività con la cura, la manutenzione e la protezione dei beni restaurati e lo fa unendo le antiche conoscenze con le nuove tecniche, quindi con i concetti, vecchi e nuovi, sempre ancorati al rispetto della natura, dell'ecosistema e della biodiversità”. Si comprende l'importanza del giardino o dell'orto come parte integrante di un sistema che non è semplicemente il monumento in sé e la presidente allarga l’orizzonte dei significati affermando che “si comprende anche il sistema dell'equilibrio naturale, perché noi facciamo parte della natura ma ce lo dimentichiamo. Tutti gli esseri che vivono nel giardino, quindi piante e animali, sono in perfetto equilibrio e in perfetta armonia. Purtroppo l'essere umano troppo spesso rompe questo equilibrio e poi ne vediamo i risultati. Alla fine roviniamo anche le nostre vite, la nostra salute, il nostro benessere che è non solo fisico ma anche dell'anima, un benessere profondo. Siamo profondamente convinti che sia più importante il sentire che precede il capire, in un luogo come questo, un luogo che è impregnato di 500 anni non solo di storia ma anche di spiritualità. E a differenza dei Giardini Reali che abbiamo restaurato, che sono comunicanti con Piazza San Marco con un ponte levatoio, qui abbiamo una profondità che si sente molto forte. I Giardini Reali sono espressione del potere temporale, quindi Napoleone ed Eugène de Beauharnais che li realizzarono, invece i Giardini del Redentore sono espressione del potere spirituale e questo si sente fortissimo”.
Incastonato nell’acqua
Il complesso del Redentore si trova sull’isola della Giudecca. La facciata bianca della basilica si innalza su un'alta scalinata e si affaccia sul canale, con forme simmetriche e nitide nelle quali si riconosce subito il tratto del Palladio che la progettò nel 1575 quale voto della città per essere scampata alla peste. Fu costruita secondo regole di semplicità e povertà dell’ordine affidatario, quello dei padri Capuccini che ancora oggi ne sono i titolari. La facciata meridionale è affiancata da due campanili simili a minareti che, come sottolinea padre Gianfranco Tinello, ministro provinciale emerito dei Frati minori dei Cappuccini del Triveneto, evidenziano la vocazione all'incontro della città di Venezia, dove fin dai secoli più antichi si mescolano e convivono culture provenienti da oriente e occidente.
Dietro la basilica, oltre il convento, troviamo l’Orto Giardino che si estende per un ettaro, arrivando ad affacciarsi sulla laguna. “Non so esattamente perché un giorno io, con una certa incoscienza, sono venuta a suonare il campanello dei frati - racconta la presidente della fondazione Venice Gardens - Avevamo appena inaugurato i Giardini Reali. Erano passati pochi giorni, neanche due settimane, e sono venuta qui spinta da un forte impulso, pensando che dopo “l'acqua granda”, la rovinosa marea del 2019, il giardino sarebbe stato molto segnato da questo evento, come lo sono stati anche i fabbricati, e quindi ho proposto ai frati un aiuto che è stato per fortuna accolto in un modo molto speciale. Pensavo che avrebbero chiamato non dico la polizia, ma comunque che potevano portarmi via con una camicia di forza e invece hanno accolto questa proposta. Abbiamo imparato a conoscerci, a condividere e la condivisione è stata in questo processo di restauro un elemento molto importante. In questo momento storico dove non esiste più la condivisione, non esiste più la comprensione e non esiste più il confronto, crediamo che questo sia un esempio non solo di restauro, non solo di vicinanza con la natura e di rispetto verso la natura, ma anche di una nuova o piuttosto di una vecchia modalità di approcciarsi tra esseri umani", conclude.
Frugale bellezza
Il restauro ha comportato il ripristino filologico delle piante e l’immissione di nuove, un incarico delicato che è stato affidato all’architetto Paolo Pejrone, specializzato in giardinaggio e progettazione paesaggistica, curatore tra gli altri dell'orto attiguo alla basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, dell'orto di Eliogabalo, tra le rovine dell'Anfiteatro Castrense a Roma, ma anche dei Giardini di Villa della Pergola di Alassio. I percorsi dei giardini sono articolati ad assi ortogonali in modo da riflettere il simbolismo della croce. L'architetto spiega che "il primo obiettivo che ha animato il progetto è stato proprio quello di ritrovare una struttura generale che li rendesse coesi, armonici e il più possibile semplici in armonia con lo spirito cappuccino. Ogni scelta ha cercato di rispondere a esigenze concrete con l’approccio più diretto, naturale e immediato. Così restaurato e affidato alle cure della Fondazione e dei suoi qualificati giardinieri, il Compendio è ora un luogo di frugale e equilibrata bellezza, ricco di dettagli botanici e di at-mosfere rigogliose, ma privo di compiacimenti e di retoriche”.
Essenzialità e rigore
Le strutture edilizie afferenti alla basilica e al convento come le Antiche officine sono state affidate all'architetto Alessandra Raso. Abbiamo chiesto ad Adele Rebaudengo qual è stato il metodo adoperato per il restauro che, risponde, "è stato interamente improntato su un carattere filologico, perché abbiamo desiderato che il visitatore, ma anche gli stessi frati, potessero vedere questo luogo straordinario pensando che la Fondazione non abbia fatto nulla. Questo è in realtà il nostro miglior risultato perché vuol dire che siamo riusciti da una parte a non cancellare la patina del tempo e dall'altra a mantenere lo spirito del luogo". Infatti, come precisa l'architetto Raso, "l’intervento è coerente espressione dei principi ispirati alla regola cappuccina: essenzialità - che si manifesta nel riuso (sempre laddove possibile) e utilizzo di materiali semplici e della tradizione - e il rigore di operare con 'mano leggera', dosando sempre l’intensità delle azioni strettamente necessarie".
La pausa del tempo
Viviamo un tempo accelerato, invece in un giardino e in questo particolarmente, bisogna rispettare i tempi della natura perché faccia frutto. “Della natura e anche di noi stessi, aggiunge Adele Re Rebaudengo, perché corriamo e poi corriamo ancora e non abbiamo più tempo di ascoltare noi stessi e gli altri e appunto di ricordarci che siamo un anello di una catena meravigliosa che è quella della natura. Non ne siamo i proprietari e quindi dobbiamo ritrovare la nostra armonia e la nostra umiltà”.
Progetti per il futuro
Il giardino ora è aperto a tutti, ai cittadini di Venezia, ma anche a chi vorrà venire a godere di questa bellezza. Perché sappiamo che Venezia è la città del mondo. Il ciclo della ricostruzione è stato portato a termine. Ora inizia un nuovo lavoro. “Si inizia. E la fine della ricostruzione per questo giardino. Comincia l'attività per farlo vivere, quindi, evidentemente in collegamento con la natura, coi giardini, col paesaggio, con gli animali che vivono nei giardini. A Venezia non esiste una necessità di avere altri luoghi espositivi, altre attività se non quelle finalizzate a questo tema molto importante. Quindi immaginiamo la musica, che è una via straordinaria per raggiungere l'assoluto, la fotografia, le varie espressioni dell'arte, ma anche il teatro natura, i canti polifonici e così via. Ci saranno dei progetti che realizzeremo con gli artigiani, coi ricercatori. Abbiamo le arnie, faremo un progetto di conoscenze di studio sul benessere delle api, sulla tendenza a sciamare, sulle qualità del miele. È un progetto che svolgeremo con un ricercatore straordinario che è Paolo Fontana. E quindi tutta l'attività verterà su questi aspetti, naturalmente coinvolgendo anche i bambini."
Un giardino vivente
Il ministro provinciale dei Frati minori dei Cappuccini del Triveneto, Alessandro Carollo con i suoi confratelli è l’ospite dell’Orto Giardino, spiega che questa è “una sfida che noi frati vogliamo provare a vincere. Ci rendiamo conto che noi da soli, non riusciamo più a sviluppare le potenzialità, quei progetti che un tempo l'Ordine poteva permettersi perché molto più ricco di risorse e soprattutto di frati. Oggi però la sfida reale è quella di trasformare una nostra fatica, quella di avere meno risorse, in opportunità di alleanze, di conoscenze, di collaborazioni anche con enti diversi. Quello che noi costruiamo come frati cappuccini del Triveneto con Venice Garden Foundation e tutti i loro collaboratori, è quello di un progetto di comunione e di alleanza che forse è proprio ciò di cui il mondo oggi ha bisogno”.
Aprire il centro per attrarre le periferie
Padre Carollo insiste sull'aspetto di apertura di un giardino nato originariamente per uso privato. Papa Francesco ripete sempre di andare nelle periferie, ma è anche giusto attrarre al centro, come sta avvenendo nel Giardino del Redentore, situato nel cuore di Venezia. "Il giardino era visitabile anche negli anni passati. Noi frati - spiega il padre cappuccino - ci eravamo impegnati soprattutto in occasione della Festa del Redentore e con qualche guida turistica che organizzava percorsi personalizzati e insoliti. Nella città di Venezia ci eravamo impegnati ad aprire il nostro giardino. Tutti gli spazi interni come la nostra biblioteca storica, oppure il primo luogo dove i frati si erano insediati al loro arrivo attorno al 1530. Qui a Venezia ci siamo resi conto che avevamo una potenzialità enorme, un bene che non abbiamo voluto tenere solo per noi stessi, con la sensibilità propria del francescanesimo, e anche con la sensibilità attuale. Abbiamo voluto condividere in modo che la periferia in qualche maniera entrasse all'interno dei nostri conventi. Noi sentiamo la necessità di aprire le porte e di confrontarci con il mondo così come siamo, con la nostra semplicità, con la nostra letizia francescana", conclude.
"Provvidenzialmente questa apertura del giardino avviene proprio all'interno delle grandi celebrazioni dei centenari francescani e il prossimo anno 2025 celebreremo il centenario della composizione del Cantico di Frate Sole da parte di San Francesco. Credo sia davvero un segno di attenzione e di cura per il creato, che è la nostra casa comune, dove tutti noi abitiamo e dove tutti noi possiamo esprimere le nostre potenzialità, soprattutto l'accoglienza reciproca. Credo che questo sia il grande messaggio di questo giardino che offre a tutti la possibilità di incontrarci, di ascoltarci, di conoscere e di esprimere la parte migliore di noi stessi". "Tra l'altro - aggiunge padre Carollo - vengo da un incontro vissuto con i frati guardiani dei nostri conventi ad Assisi e alla Verna e lì abbiamo avuto ancora una volta la riprova di quanto Francesco amasse la natura e quanto la natura fosse un'occasione per avvicinarsi a Dio Padre, al Signore Gesù. Dobbiamo riscoprire la bellezza di quest'uomo integrato all'interno di un ambiente più grande del mondo, il creato appunto, che è il luogo che Dio ci chiama ad abitare, a custodire e a preservare anche per le generazioni future. Nella Genesi si dice che siamo custodi del creato e ce lo dimentichiamo. Forse l'uomo di oggi pensa o pretende di essere padrone. La parola custode forse ci riporta proprio alla custodia, alla cura del creato, temi sui quali tante volte Papa Francesco insiste, di fatto ci riporta all'origine del nostro essere uomini e donne. Creature che da soli non ce la fanno ma insieme, nell'interdipendenza e nella comunione, possono creare cose meravigliose".
Cinghia di trasmissione
Il restauro è stato possibile grazie anche alle donazioni di numerosi mecenati e ai fondi del PNRR che per la prima volta hanno riconosciuto l’importanza dei giardini che, come spiega Simone Venturini, assessore allo sviluppo economico e del turismo, durante la conferenza stampa, sono “luogo di incontro, che suggerisce l’idea di costanza, del rispetto dei tempi, l’attesa che contraddistingue la cura dei giardini. E tutto questo ha in sé un valore educativo fondamentale per i bambini e soprattutto per gli adulti.
Fabrizio Magani, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area metropolitana di Venezia e per le provincie di Belluno, Padova e Treviso sottolinea come il giardino “non sia solo uno spazio verde recuperato, ma l’elemento che permette di comprendere tutto il monumento, come una cinghia di trasmissione".
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