Il G7 della »å¾±²õ²¹²ú¾±±ô¾±³Ùà , quando gli Stati si abbracciano sui valori più grandi
Marina Tomarro - Assisi
Quando si arriva al Serafico a due passi dal Sacro Convento ad Assisi, torna subito in mente la visita di Papa Francesco all’Istituto. Era il 4 ottobre del 2013, il Pontefice si recava per la prima volta nella cittadina umbra dopo la sua elezione al soglio petrino. Prima di recarsi sulla tomba di San Francesco, volle fermarsi in questo luogo dove il dolore diventa carne, ma anche cura, amore e tanta attenzione verso chi soffre.
La vicinanza di Papa Francesco
“Per tutti noi quella visita ha rappresentato una nuova svolta per il nostro istituto - racconta la presidente dell’istituto Francesca Di Maolo - perché lui ci ha fatto una grande lezione, partendo dalla pedagogia dei gesti, quell’abbraccio del Papa con i nostri ragazzi, che era un riconoscimento, da cui poi scaturisce anche il nostro lavoro, di vedere nell’altro il figlio, riconoscere la sua dignità, perchè da qui deve partire il nostro avere cura di loro. Senza questo non è possibile, si può fare anche un lavoro ben fatto, ma non si riuscirà a dare il massimoâ€. La vicinanza del Papa non è mai mancata durante questi anni “Per noi è stata una vera e propria rivoluzione positiva – continua la presidente Di Maolo – Con lui abbiamo capito come la Dottrina sociale della Chiesa è la base delle nostre struttureâ€.
Una politica che deve lavorare con le associazioni
La scorsa settimana a poca distanza dalla sede del Serafico, nella piazza della Basilica Inferiore di San Francesco, si è svolto il primo G7 sull’inclusione e la disabilità, a cui hanno partecipato oltre i ministri per la disabilità dei sette Paesi, anche l’Unione Europea e altre quattro nazioni come Kenya, Tunisia, Sudafrica e Vietnam. Tantissime le associazioni e le realtà giunte da ogni parte del mondo per questo straordinario evento. Tra loro naturalmente era presente anche l’Istituto Serafico “Io credo che si tratti proprio di un inizio di un nuovo processo - spiega la presidente Di Maolo - Infatti gli Stati con le economie più forti hanno messo al centro della loro agenda le persone con disabilità, e di rendere concreti i loro diritti. Io di quella mattina ho ancora davanti a me l’immagine di alcune mamme che hanno figli ricoverati nel nostro istituto, e che hanno partecipato con noi all’incontro, che erano profondamente commosse, perché forse per la prima volta si erano sentite riconosciute dalla politica internazionale nelle loro problematiche. È stato anche molto significativo come è stato aperto questo G7. In una piazza dove non c’era solo la politica, ma anche le associazioni che lavorano ogni giorno, i caregivers, e questo è stato il segno di una politica che deve tornare ad essere un servizio non solo per qualcuno, ma insieme congli altri, e mai più senza aver ascoltato le situazioni che vengono vissuteâ€. Di grande importanza è stata la realizzazione de “La Carta di Solfagnanoâ€, firmata al termine del vertice e presentata qualche giorno più tardi a Papa Francesco. “La cosa che mi ha colpito - continua Francesca Di Maolo - è che i ministri dei sette Stati del G7 non si sono stretti la mano, ma si sono abbracciati, e questo vuol dire che gli Stati possono abbracciarsi sui valori importanti, quando si tratta di difendere la vita, e questo è un messaggio che dovrebbe essere esteso anche a tante altre situazioniâ€.
L’importanza della ricerca per vincere la sofferenza
Tante sono le storie che ogni giorno passano attraverso l’Istituto Serafico, che da oltre 150 anni è a servizio di chi soffre, cercando non solo di portare aiuto e sollievo ai bambini e ai ragazzi con disabilità e alle loro famiglie, ma anche di curarli il più possibile, per ottenere quei miglioramenti che consentono di avere una vita sempre più dignitosa. “Portare avanti la ricerca per noi è fondamentale - sottolinea la presidente Di Maolo - attualmente stiamo approfondendo delle ricerche sul dolore, affinché i pazienti possano essere curati il più possibile. Tante sono le storie passate da qui, l’ultima in ordine cronologico quella di una bambina, che è arrivata qui quando aveva 13 mesi. Per lei l’unica strada era l’Hospice del Bambino Gesù, perché con problematiche molto gravi, da non poter essere curate in famiglia e con duecento crisi epilettiche al giorno. Aveva bisogno di cure continue. Noi ci abbiamo voluto provare, abbiamo incrementato il personale e piano piano abbiamo visto la sua vita rifiorire, dal suo primo bagnetto, alle passeggiate nel nostro parco, adesso la portiamo anche alle nostre celebrazioni eucaristiche. Questa piccola è con noi e vive non sopravvive. Questa è una delle storie - conclude la presidente Di Maolo - che a noi per primi donano una sorta di nuova maternità che lascia piena di stupore e di gratitudineâ€.
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