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Una donna keniana nella foresta Una donna keniana nella foresta  (AFP or licensors)

“Guardiane della foresta”, il grido di una natura offesa

È stato presentato l’8 maggio 2024 in Filmoteca Vaticana, nell’ambito della mostra “Changes”, a cura del Dicastero per la Comunicazione e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il documentario di Lia e Marianna Beltrami, realizzato da Aurora Vision in collaborazione con il Wucwo, World Union of Catholic Women’s Organizations

Rosario Tronnolone - Città del Vaticano

Un film che ha l’urgenza di un grido d’aiuto. È questa la sensazione che lascia il documentario girato da Lia Beltrami e da sua figlia Marianna nelle foreste pluviali dell’Amazzonia, del Bacino del Congo e del Borneo, con la collaborazione di Religions for Peace, delle Suore della Provvidenza di San Gaetano da Thiene, dei Missionari Comboniani e delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Volti segnati e dignitosi di donne indigene che dedicano l’esistenza alla difesa della foresta sfilano davanti alla macchina da presa, raccontando un’esperienza antica, il loro lavoro umile e quotidiano, il rispetto per la sacralità di un ambiente vivo e che dà vita, ma testimoniando anche la ferita della loro dignità offesa, l’angoscia per un pericolo incombente, la disperazione davanti ad una lotta impari contro un nemico che non ha volto, né nome, e che si nasconde dietro parole ambigue come Sviluppo e Progresso.

Le donne, "memoria" dell'ambiente

Sulle infinite, armoniose sfumature di verde, marrone e grigio delle foglie, degli arbusti, dei tronchi, della terra, si stagliano, offensive, le macchie di colore acceso della plastica, come tracce di un contagio già in atto. È illusorio pensare che il destino delle tre foreste equatoriali, veri e propri polmoni della terra, non ci riguardi. È necessaria e urgente una presa di coscienza e di responsabilità per la salvaguardia del creato. “Le donne, nella loro funzione fondamentale di accudire e di far crescere la famiglia, sono le prime che insegnano ai bambini le parole e a formare un pensiero, e si fanno carico di trasmettere l’antica sapienza e i valori di generazione in generazione”, dice la regista Lia Beltrami. “Sono le donne che custodiscono la memoria della sacralità dell’ambiente e che lo difendono in prima linea”.

Il dovere di raccontare

Il compito che si sono assunte sembra motivato da ragioni profondamente spirituali e dalla coscienza che ogni luogo ha una propria sacralità. “I leader religiosi possono fare molto per la protezione della foresta pluviale: tutte le religioni condividono l’idea di Dio creatore, e la salvaguardia del creato è un punto che unisce le religioni”, continua Lia Beltrami. “In tutti i luoghi in cui siamo state, in Amazzonia, in Congo, nel Borneo, abbiamo trovato leader religiosi che si impegnano sul territorio accanto alle donne. Abbiamo il dovere di stimolare, caldeggiare e raccontare quello che fanno.”

Non lasciarle sole

Oltre allo scempio del disboscamento, l’industria mineraria distrugge i fiumi con l’uso di mine sotto il letto del fiume, inquinando le acque col mercurio, con conseguenze letali per ogni forma di vita. I titoli di coda del film scorrono sulle immagini dall’alto di un fiume limaccioso e torbido, con una anonima barca a motore che penetra in quel luogo inerme come un’arma pericolosa. Anonima, come anonimo è il rumore lontano delle motoseghe che abbattono gli alberi. Guardano dritto negli occhi, invece, queste donne guardiane. La loro è una lotta impari contro la logica economica che di tutto stabilisce il prezzo, e di tutto dimentica il valore. Abbiamo il dovere di non lasciarle sole.

 

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09 maggio 2024, 15:56