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Da sinistra Mario Marazziti, della Comunità di Sant'Egidio, e Ronald Ozzy Lamola, ministro della Giustizia sudafricano Da sinistra Mario Marazziti, della Comunità di Sant'Egidio, e Ronald Ozzy Lamola, ministro della Giustizia sudafricano

Sant'Egidio: anche il crimine più grande non merita la morte

A Roma fino a domani il Congresso internazionale dei ministri della Giustizia di diversi Paesi 'No justice without life', contro la pena capitale, organizzato dalla Comunità di Trastevere. "Vogliamo essere un faro per l'Africa", così il rappresentante dello Zambia, Paese abolizionista dal dicembre 2022

Andrea De Angelis - Roma

“Oggi non ci sono qui Paesi virtuosi o meno virtuosi, ma tutti hanno pari dignità. La storia ci chiama a seguire, insieme, la stessa strada”, quella dell'abolizione della pena capitale in tutti i Paesi del mondo. Mario Marazziti, della Comunità di Sant'Egidio, ancora una volta ha spiegato che "anche il crimine più grande non può essere punito con la morte, perché il fondamento di ogni legge è sempre la difesa della vita". Ad ascoltare queste parole una platea composta da ministri della giustizia e da rappresentanti istituzionali di oltre dieci nazioni riunitisi a Roma, presso la nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, per il Congresso Internazionale dei Ministri della Giustizia "No justice without life", promosso proprio dalla Comunità di Trastevere. "Qui a Roma, a distanza di decenni dalla nascita delle Nazioni Unite - ha aggiunto Marazziti - è stato approvato lo Statuto della Corte Penale Internazionale per i crimini contro l’umanità. E non contempla la pena capitale nemmeno per il crimine di genocidio. Gli stati non possono aumentare con un’altra morte le violazioni della vita che vogliono esemplarmente punire."

Il Congresso, giunto alla 13ma edizione dopo lo stop imposto dalla pandemia,  ha chiamato nella capitale sia ministri di Paesi abolizionisti che retenzionisti, al fine di creare uno spazio di dialogo e favorire i processi di moratoria e di abrogazione della pena capitale. Vent'anni fa, era il 30 novembre 2002, la Comunità lanciò la prima Giornata Internazionale Città per la Vita - Città contro la pena di morte, che vide l'iniziale coinvolgimento di 80 città arrivate ad oggi a 2402, tra cui 70 capitali nei cinque continenti. 

Ascolta l'intervista a Mario Marazziti

I numeri degli ultimi anni

Un metodo di lavoro che ha mostrato negli anni notevoli aspetti positivi, con il coinvolgimento di un sempre più largo numero di Paesi, di autorità dell’Unione europea, delle Nazioni Unite e, soprattutto, come più volte sottolineato dai diversi relatori, di Papa Francesco, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno a questo processo. Negli ultimi anni ben 23 Stati Usa si sono aggiunti alla lista di coloro che hanno detto no alla pena di morte, un numero quasi identico a quello degli Stati dove ancora è in vigore, che sono 24. Nelle carceri del mondo, ha ricordato ancora Marazziti, sono detenute oltre 8 milioni di persone, di queste più di 30mila sono condannate a morte. Il lavoro da fare è ancora molto, ed il compito di Sant’Egidio è proprio quello di creare ponti, per umanizzare le carceri, in un approccio olistico.

La moratoria universale 

A ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per “aver concentrato il suo impegno su questo tema” è stata Anna Ascani, vicepresidente della Camera. L’esponente del Partito Democratico italiano ha quindi rivolto un pensiero speciale agli studenti presenti, “sia per voi oggi – ha detto - un’occasione importante”, sottolineando come l’Italia si sia dimostrata nel tempo “un alleato affidabile per una moratoria universale contro la pena di morte, un passo fondamentale per un impegno sempre più profondo a livello delle Nazioni Unite”. Mario Giro, membro della Comunità di Sant'Egidio e già viceministro degli Esteri italiano, ha voluto ricordare quanto fatto in questi tredici anni: dagli appelli alla “vasta corrispondenza con i condannati nei bracci della morte”, il lavoro nelle carceri “che la Comunità di Sant’Egidio svolge in numerosi Paesi del mondo” e ancora “le tante liberazioni avvenute, specialmente in Africa, per condanne ingiuste”. Un grande lavoro “che – ha proseguito Giro - continua, perché il nostro obiettivo è aprire tante porte, noi qui vogliamo essere un grido per la vita! Parlare della fine della pena di morte in tempo di guerra sembra un paradosso, ma c’è un collegamento: come la guerra non è la soluzione ad ogni controversia, la pena di morte non è una riparazione al crimine”. Il viceministro della Giustizia italiano, Francesco Paolo Sisto, ha ribadito l’impegno dell’Italia in tutte le sedi internazionali per l’abolizione della pena di morte. “Un impegno strettamente legato alla consapevolezza che si tratta di una questione di diritti umani, non siamo davanti ad un deterrente per il crimine, ma un qualcosa di inumano, che rende tra l’altro irreversibili gli errori giudiziari”, ha affermato. 

Ascolta l'intervista a Mario Giro

Lo Zambia, da due mesi Stato abolizionista

Tra i relatori che sono intervenuti al Congresso c’era Mulambo Haimbe, ministro della Giustizia della Repubblica dello Zambia che ha iniziato il suo intervento ricordando ai presenti come il 23 dicembre 2022, poco più di due mesi fa, la pena di morte, nel suo Paese, sia stata abolita con degli emendamenti alle leggi penali . “Nella nostra Costituzione si riconosce il diritto alla vita, ma c’è una deroga che permette di applicare la pena capitale in alcuni casi. Oggi non è in più in vigore e nei prossimi mesi il nostro compito sarà quello di cancellare queste deroghe per sempre dalla Costituzione”. Il ministro ha annunciato che anche i condannati nel periodo precedente sono stati salvati dal braccio della morte grazie all’amnistia concessa dal presidente. Si tratta di 390 persone. “Siamo orgogliosi del nostro cammino, giunto dopo circa 25 anni di moratoria e vogliamo essere un faro per l’intero continente”, ha concluso Haimbe.  

La nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, a Roma
La nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, a Roma

La giustizia è per tutti 


Ronald Ozzy Lamola, ministro della Giustizia e dei Servizi Penitenziari della Repubblica del Sud Africa, ha sottolineato come “i diritti umani non vengono tutelati dalla violenza, ma dalla difesa della vita umana”. Anche il Sud Africa è, da tempo, tra i Paesi abolizionisti, ma il lavoro continua. “Sappiamo che più grave è il reato, maggiore è l’attenzione da porre per tutelare chi ha commesso quel reato, perché al centro della giustizia penale non c’è la vendetta – ha rimarcato –, ma la giustizia di tutti e ciascuno”. Martin O’Malley, della Commissione Internazionale Contro la Pena di Morte e già governatore del Maryland, ha ricordato ai presenti l’importanza di un simile evento che ha il merito di unire le persone, pur nelle differenze. “Se vuoi andare veloce – ha esordito, citando un proverbio africano – devi andare da solo, ma se vuoi andare lontano procedi insieme”. Il Maryland è uno dei cinquanta Stati americani, ma se negli Usa "ormai in tanti hanno abolito la pena di morte o hanno una moratoria", ancora "c’è da lavorare perché a livello delle Nazioni Unite non siamo tra i Paesi favorevoli all’abolizione. C’è una coalizione forte, che lavora per questo e pone l’accento – ha detto O’Malley – sui diritti civili". Sono intervenuti come relatori anche la ministra della Giustizia del Burkina Faso, Bibata Nebie OuédraogoAbdellatif Ouahbi, ministro della Giustizia del Regno del Marocco ed Edward Omar Sharif, Vice Ministro della Legge e dei Diritti Umani della Repubblica di Indonesia. Ognuno ha mostrato apprezzamento per un'iniziativa in grado di favorire uno scambio di esperienze e conoscenze volte a favorire e a concepire la "buona giustizia". "Aiutateci in questa battaglia, aiutateci ad abolire la pena di morte, a rendere concreta la frase che ci ricorda come non ci sia giustizia senza vita": ha concluso così il suo intervento, tra gli applausi, il ministro Ouahbi. 

Bibata Nebie Ouédraogo, ministra della Giustizia in Burkina Faso
Bibata Nebie Ouédraogo, ministra della Giustizia in Burkina Faso

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01 marzo 2023, 12:30