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Iraq, i sostenitori di al Sadr occupano il parlamento di Baghdad Iraq, i sostenitori di al Sadr occupano il parlamento di Baghdad 

Le proteste che infiammano l'Iraq e preoccupano la comunità internazionale

Forti tensioni nel Paese del Golfo: gruppi sciiti, facenti capo al leader al Sadr, hanno occupato ieri il Parlamento. Tra le motivazioni delle manifestazioni la grave crisi economica, politica e sociale. Pedde: "Potrebbero esserci ricadute della crisi sull'Europa"

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Da giorni a Baghdad è in corso una protesta antigovernativa che ha portato ieri alla presa di possesso del Parlamento da parte di gruppi sciiti. La crisi in Iraq si tocca ormai con mano: quella politica, quella economica e sociale. Le istituzioni stanno attraversando una preoccupante situazione di stallo dopo che le elezioni dell’ottobre scorso non hanno portato alla formazione di un governo. Le frizioni tra movimenti politici interni preoccupa non poco la comunità internazionale. Secondo Nicola Pedde, direttore dell’Institute Global Studies, la situazione potrebbe infiammarsi ancora di più e dare vita ad una guerra civile e questo avrebbe una ricaduta negativa in vari settori soprattutto per l’Europa.

Quali le motivazioni delle proteste che stanno infiammando Baghdad?

In Iraq c’è una protesta che viene generata da un forte contrasto all'interno della comunità sciita e, in modo particolare, all'interno delle due espressioni politiche che la rappresentano, cioè quella del partito di Moqtada al Sadr e quella minoritaria all'interno del contesto sciita di Nuri al Maliki. Ma il problema in questo momento è quello dell'impasse politica che ha colpito l’Iraq in questa fase con l’impossibilità di nominare un presidente e un primo ministro e soprattutto i contrasti, apparentemente insanabili, tra la componente nazionalista e quella invece più vicina all’Iran. Quindi il quadro politico si è incendiato con queste manifestazioni che hanno portato all’occupazione del parlamento. In realtà a margine tutto questo esiste un ben più profondo problema che è quello della crisi economica che interessa in modo trasversale tutta la popolazione irachena e che, per oltre vent'anni, la politica locale non è riuscita ad affrontare in modo adeguato, portando letteralmente all’esasperazione la popolazione del Paese.

C'è la possibilità che questa situazione di tensione poi degeneri in una guerra civile?

Il rischio è sicuramente presente. L’occupazione del parlamento da parte delle forze di al Sadr viene accompagnata da contromanifestazioni organizzate dal gruppo antagonista. Quindi la tensione è alle stelle è un rischio di escalation è molto alto.

La comunità internazionale appare preoccupata, per quanto sta avvenendo in Iraq. Ci sono precise dichiarazioni dell’Unione Europea…

L’Iraq indubbiamente desta preoccupazione anche per l'Europa, anche se chiaramente la crisi ucraina ha ben altro peso nelle priorità dei Paesi dell’Unione. Sicuramente una rinnovata crisi politica e sociale in Iraq ed eventualmente una sua evoluzione sul piano della violenza potrebbe comportare forti rischi sul piano chiaramente delle forniture energetiche, ma anche della stabilità regionale, quindi avere un effetto domino capace di interessare dalle regioni settentrionali del Kurdistan - dove peraltro è presente un contingente militare italiano - alla stabilità nelle aree meridionali, e quindi nel Golfo Persico, fino a interessare Siria e Levante. Quindi il potenziale di rischio connesso con la crisi irachena è sicuramente molto alto e il monitoraggio che le autorità europee stanno conducendo è sicuramente giustificato da queste preoccupazioni sul quadro regionale e di natura sistemica in termini di ciò che può accadere.

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01 agosto 2022, 14:13