La guerra in Ucraina e l’incubo di un conflitto nucleare
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
La strada tracciata da Papa Francesco è sempre più condivisa da quanti assistono, giorno dopo giorno, all’escalation di violenze in Ucraina. E’ forte la mobilitazione per la fine di una guerra che già conta migliaia di vittime e semina distruzione. L’auspicio che l’invasione russa termini e che al posto delle armi siano le diplomazie a parlare si accompagna tuttavia con il crescente timore di una deriva nucleare, un’eventualità che avrebbe conseguenze devastanti per l’intero pianeta. Nel suo viaggio in Giappone, nei luoghi colpiti dalla bomba atomica, Hiroshima e Nagasaki, il Pontefice ha affermato:
“Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche… Saremo giudicati per questo”.
E poi, ancora:
“Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti? Che questo abisso di dolore richiami i limiti che non si dovrebbero mai oltrepassare. La vera pace può essere solo una pace disarmata”.
Era il novembre 2019 quando Papa Francesco ha pronunciato queste parole fortemente profetiche. L’uso della bomba atomica, avverte il Papa, è una via senza ritorno. Solo la pace assicura all’umanità un futuro di prosperità condivisa.
Un mondo disseminato di bombe atomiche
Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele. Questo l’elenco dei Paesi che ufficialmente possiedono l’arma nucleare, per un totale di oltre 13 mila testate (dati del 2021); molte meno ne servirebbero per distruggere più volte il mondo intero. Ma non basta: esistono, secondo quanto documentano associazioni impegnate nel disarmo nucleare, tanti altri Paesi che, pur non essendo ufficialmente “nucleari”, tuttavia, hanno sul proprio territorio numerosi ordigni atomici. Una situazione, dunque, secondo don Renato Sacco di Pax Christi, intervistato da Radio Vaticana – Pope, che rende sempre più concreto lo spettro di una imminente tragedia.
Don Renato Sacco, mai come in questo momento risuonano con forza nel mondo i tanti appelli di Papa Francesco contro l’uso delle armi nucleari, ma anche contro lo stesso possesso di questi ordigni micidiali…
Stiamo vivendo dei giorni tragici. Papa Francesco ha denunciato l'uso e il possesso delle armi nucleari come immorale. Lo ha ribadito a Hiroshima e lo ha ripetuto moltissime altre volte. Adesso, con la tragedia della guerra in Ucraina in corso, si affaccia all'orizzonte lo spettro di un possibile uso di queste armi. Sta di fatto che le armi nucleari ci sono e sono già state usate a Hiroshima e Nagasaki. Quindi quello che si denunciava qualche anno fa oggi diventa un rischio tragicamente sempre più realistico.
Gli armamenti armi nucleari, sono installate un po' dovunque nel mondo. È già questo un rischio, anche se si tratta di ordigni non attivi?
Sì, anche se inattive, nel mondo ci sono circa 13 mila testate nucleari e insistono anche sul territorio europeo e anche sul territorio italiano. Sul web si possono vedere dei filmati che simulano che cosa potrebbe succedere in caso di un attacco nucleare. Mi sembra che le previsioni dicano che l’Europa avrebbe 10 minuti di vita. Se questo fosse un videogioco, la cosa farebbe un po’ sorridere, ma purtroppo è la realtà. E allora è un fatto importante che queste armi siano state dichiarate illegali in un trattato, firmato nel luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio del 2021, a cui hanno aderito circa 60 Stati. Ma quest’intesa per la messa al bando delle armi nucleari non è stata firmata né dalla Russia, né dalla Cina, né dagli Stati Uniti, neanche dall’Ucraina e neanche l'Italia, dove ci sono le armi nucleari, anche se non sono sotto il comando del governo italiano, ma sono gestite dalla Nato. Il mese prossimo si incontrano a Vienna gli Stati firmatari. In Italia è nata una campagna dal titolo “Italia ripensaci”, che chiede al governo di Roma di andare a Vienna almeno come osservatore. Più di 40 associazioni cattoliche lo hanno chiesto insieme con questa campagna con un comune obiettivo. Lo chiedono tanti sindaci, province, associazioni. Lo ha ribadito anche in un comunicato la Cei, la cui assemblea generale si è chiusa in questi giorni. E tutti ringraziamo sia il cardinale Bassetti (presidente uscente della Cei), che lo aveva già detto più volte in questi anni, e anche il cardinale Zuppi (neo presidente della Cei). Allora il compito direi non è tanto che i vescovi dicano ai politici che cosa fare, ma scuotano le coscienze, come fa spesso Papa Francesco, e renderci conto che la tragedia e la minaccia nucleare è reale. Poi sta ai laici, ai politici, mettere in pratica questi obiettivi, perché la prospettiva nucleare venga davvero messa al bando e finisca anche questa tragica guerra in Ucraina.
Un pericolo che minaccia tutti
La mobilitazione internazionale contro le armi palesi e quelle occulte viene portata avanti da molte realtà impegnate per la pace nel mondo. Si chiede che le installazioni nucleari vengano smantellate al più presto, “perché una pistola portata in tasca prima o poi spara”. Sono parole dell’avvocato Claudio Giangiacomo, membro italiano di Ialana, Associazione internazionale degli avvocati contro le armi nucleari. Nell’intervista a Radio Vaticana – Pope, il legale sottolinea l’urgenza che quanto prima si intraprenda la strada verso un mondo senza armi atomiche.
Avvocato Giangiacomo, ci si interroga continuamente sul rischio che ancora oggi le armi nucleari possano essere utilizzate in un conflitto. Di fatto ci sono armi nucleari che ufficialmente esistono in vari Paesi e altri ordigni non convenzionali di cui si sa poco o nulla…
Che le armi nucleari ci siano in Italia, come in altri Paesi, non ufficialmente nucleari, è un segreto, ma allo stesso tempo è una notizia ampiamente conosciuta. In parte perché tutta la dottrina della Nato ne fa cenno e poi perché ci sono stati degli Studi internazionali che hanno individuato installazioni nucleari e, peraltro, anche un membro della Camera dei Deputati italiana, nel difenderle, ha riconosciuto che erano presenti, tanto che erano state segnalate anche prima dell'adesione al Trattato di non Proliferazione.
Qual è il rischio che questa situazione comporta?
C'è un rischio per così dire extra guerra, che c'è sempre stato, e sia gli Stati Uniti che l'Unione Sovietica ne erano consapevoli sin dagli anni ‘60. Tanto è vero che quando hanno iniziato a fare accordi sulla definizione degli arsenali nucleari, avevano già capito che, al di là dell'uso in guerra, non c'è nessuno strumento umano che possa prevalere sul rischio di un incidente. E un incidente con un’arma nucleare è estremamente distruttivo. Nel corso degli anni se ne sono registrati vari, che hanno rischiato di scatenare guerre, creando gravi danni: sono almeno 100-150 tipi di incidenti verificati, di cui però non abbiamo una precisa contezza, perché non sono stati resi pubblici. L'altra cosa è che pensare che l'equilibrio del mondo si basi sulla minaccia continua di una distruzione totale mi sembra una follia e la questione del nucleare è così: ci si basa sul principio della distruzione totale, per cui tutta la politica della deterrenza si basa sul fatto che si è sicuri che l'altro ci distruggerebbe a sua volta. Credo che evitare questo è fondamentale, visto che oggi c'è anche un trattato internazionale sulla eliminazione delle armi nucleari, ma già il Trattato di non Proliferazione prevedeva che ci fosse un obbligo in buona fede di perseguire il disarmo nucleare, e parliamo di 50 anni fa. Si tratta di un patto che non è mai stato rispettato realmente, perché invece di andare verso una progressiva diminuzione delle testate, siamo poi andati verso un incremento di qualità bellica, nel senso di capacità distruttiva. Le nuove bombe nucleari sono estremamente più letali e più facili da sganciare.
In relazione alla guerra in Ucraina, che stiamo vivendo giorno per giorno, quale incidenza ha il rischio nucleare?
È un pericolo costante. Credo che nessuno di noi avesse mai pensato, nella storia dell'umanità, che qualcuno scientemente potesse buttare una bomba nucleare e poi abbiamo avuto Hiroshima e Nagasaki. Ora, ammettiamo pure che Hiroshima sia stata una sperimentazione e che non si aveva ancora la piena consapevolezza degli effetti, ma Nagasaki sì. Quindi noi sappiamo che, in condizioni peraltro neanche di emergenza perché in quel momento non c'era più nessuna emergenza bellica, uno Stato, in questo caso gli Stati Uniti, ha scientemente utilizzato un'arma letale.
Possiamo ipotizzare che questa eventualità non avvenga più e che magari di fronte a un rischio o a un essere messi all'angolo, ad una situazione di difficoltà, qualcuno non la utilizzi?
Io questo non credo che si possa escludere e soprattutto in una situazione di conflitto come questa tra Russia e Ucraina, in cui c'è una guerra non dichiarata formalmente tra le due potenze nucleari più forti del mondo. E una guerra dichiarata è un conflitto non dichiarato che comunque ha delle sorti incerte, ma che comporta probabilmente anche l’isolamento del soggetto che ha determinato questa guerra. In una situazione del genere il rischio che venga utilizzato un ordigno nucleare c’è, ma non solo in questo caso. L'unica soluzione per evitare questi rischi è l’eliminazione di queste armi.
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