Palermo ricorda i "martiri della mafia" del '92 con Mattarella e piĂą di mille studenti
Alessandra Zaffiro - Palermo
“Se vogliamo cogliere il senso di una ricorrenza come il trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio senza cadere nella retorica, dobbiamo intendere la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come una provocazione che riguarda ognuno di noi da vicino e ci chiama a coinvolgerci in un progetto di liberazione individuale e collettiva". Così l’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, in un messaggio alla città, nel ricordo di un periodo che ha segnato la vita di tutti. "Parlando dei martiri della mafia - prosegue l'arcivescovo, che in quel terribile 1992 era un giovane prete di 29 anni - ho più volte ribadito l’esortazione a diventare loro 'soci', ovvero a credere con loro e come loro che l’amore è più forte della morte”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Tutte le vittime dei due attentati a Capaci e Palermo
Nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, di cui oggi si celebra il ricordo del sacrificio delle vittime degli attentati mafiosi, persero la vita Giovanni Falcone, la moglie, Francesca Morvillo, magistrato, e gli agenti di scorta della Polizia di Stato Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Cinquantasette giorni dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino e gli agenti di scorta, i poliziotti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina persero la vita in via D’Amelio.
Lorefice: “Un uomo che offre la propria vita scrive il Vangelo della speranza”
“Di Falcone e Borsellino - continua monsignor Lorefice - ricordiamo oggi la capacità di non tirarsi indietro di fronte alle avversità e alle avversioni, irreprensibili nel declinare semplicemente verbi costruttivi, intelligenti, audaci: le parole del bene che prevale. Ci hanno dimostrato che quando un uomo offre in dono la propria vita scrive - consapevole o no - il Vangelo della speranza. E che la mentalità mafiosa è a tutti gli effetti un anti-Vangelo e teme il Vangelo, come teme l’avanzare di un così nitido esempio di attaccamento alla legalità e di un sereno senso del compimento del proprio dovere: è per questo che la mafia li ha uccisi, credendo di riuscire ad eliminarli. Ma uomini e donne come loro, come gli agenti delle loro scorte, come Francesca Morvillo - e qui l'arcivescovo di Palermo cita anche Don Pino Puglisi e il giudice Livatino - sono riusciti a erodere la cultura e la prassi mafiosa incidendo nella formazione di una diversa consapevolezza del diritto”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Con i martiri della giustizia, "ripensiamo il modo di vivere insieme"
“Queste donne e questi uomini - conclude monsignor Lorefice - rappresentano oggi una vera e propria comunità di testimoni capace di generare nuovi cittadini operosi e irreprensibili, di trasformarsi in seme di una nuova umanità. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti i martiri per la giustizia ci hanno insegnato a ripensare il nostro modo di vivere insieme. Scegliamo oggi più che mai di impegnarci a costruire una città sempre più conformata al rispetto degli altri e delle regole della convivenza sociale, una città della solidarietà e della pace, una città generativa e accogliente, pronta a proporre un futuro di vita e di speranza alle nuove generazioni”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Cerimonie, dibattiti e gli studenti da tutta Italia
Questa mattina mille studenti da tutta Italia sono stati presenti alle commemorazioni della Fondazione Falcone insieme al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi: tra queste, l’evento al Foro Italico promosso insieme alla Polizia di Stato “La memoria di tutti. L’Italia, Palermo trent’anni dopo”, al quale ha partecipato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, insieme ai ministri dell’Interno, Luciana Lamorgese, della Giustizia, Marta Cartabia, dell’Università, Maria Cristina Messa, degli Esteri, Luigi Di Maio, a don Luigi Ciotti, al capo della Polizia di Stato, Lamberto Giannini, al procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, al procuratore di Roma, Francesco Lo Voi e al segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra.
Nelle aule le storie di uomini e donne uccisi dalla violenza mafiosa
La città ospita 1.400 lenzuoli realizzati da 1.070 scolaresche italiane per testimoniare il legame imprescindibile tra l’educazione e la lotta contro le mafie: gli istituti hanno accolto l’appello del Ministero dell’Istruzione e della Fondazione Falcone, lanciato attraverso il bando #LaMemoriaDiTutti. Rita Atria, Peppino Impastato, Don Pino Puglisi, Libero Grassi, Pio La Torre, Lia Pipitone, Piersanti Mattarella, Rocco Chinnici: studentesse e studenti nelle scorse settimane hanno approfondito la storia di alcune donne e uomini uccisi dalla violenza mafiosa e hanno decorato i lenzuoli bianchi - che i palermitani usarono nel 1992, all’indomani degli attentati, come simbolo contro la mafia - con illustrazioni e messaggi derivanti dalla loro riflessione. Giovani che trenta anni fa non erano nati ma che conoscono le stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio, il sacrificio delle vittime, la ribellione della società civile, spartiacque della storia d’Italia e delle vite di ognuno di noi. Dei palermitani, in particolare, colpiti quel tragico, caldo pomeriggio di sabato 23 maggio 1992 dal suono di tanti, troppi elicotteri diretti verso l’aeroporto di Punta Raisi, quel tratto di autostrada A29 trasformato in cratere dai 500 chili di tritolo della mafia. E le sirene delle auto delle forze dell’ordine e delle ambulanze sfrecciare nella stessa direzione. La conferma del timore che fosse accaduto qualcosa di terribile arrivò dall’edizione straordinaria di un tg. Nulla sarebbe stato più come prima.
Mattarella: la grande reazione della democrazia
“Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio quando la vita della nostra Repubblica sembrò fermarsi" ha detto questa mattina il capo dello Stato, Sergio Mattarella a Palermo, partecipando alla commemorazione della Fondazione Falcone al Foro Italico. Ma "al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato, allo smarrimento iniziale seguì l’immediata reazione delle Istituzioni democratiche. Il dolore e lo sgomento di quei giorni divennero la drammatica occasione per reagire al violento attacco sferrato dalla mafia; a quella ferocia la nostra democrazia si oppose con la forza degli strumenti dello Stato di diritto. Altrettanto significativa fu la risposta della società civile, che rifiutò di subire quella umiliazione e incoraggiò il lavoro degli investigatori contribuendo alla stagione del rinnovamento”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
La mafia li temeva perchè avevano mostrato che non era imbattibile
“Nel 1992 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - ha ricordato il presidente Mattarella - vennero colpiti perché, con professionalità e determinazione, avevano inferto colpi durissimi alla mafia, con prospettive di ulteriori seguiti di grande efficacia, attraverso una rigorosa strategia investigativa capace di portarne allo scoperto l’organizzazione. La mafia li temeva per questo: perché capaci di dimostrare che non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto". Per questo, onorare al loro memoria, "vuol dire rinnovare quell’impegno, riproponendone il coraggio e la determinazione. L’impegno contro la criminalità non consente pause né distrazioni". Il presidente ha sottolineato che Giovanni Falcone diceva che l’importante "è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza". "Agiva non in spregio del pericolo – come poc’anzi ha detto Maria Falcone - o alla ricerca di ostentate forme di eroismo bensì nella consapevolezza che l’unico percorso possibile fosse quello che offre il tenace perseguimento della legalità, attraverso cui si realizza il riscatto morale della società civile".
Le visioni di Falcone, osteggiate anche nella magistratura
Falcone aveva, per Mattarella, la radicata convinzione "che non vi fossero alternative al rispetto della legge, a qualunque costo, anche a quello della vita". Il magistrato siciliano non si abbandonò mai alla rassegnazione o all’indifferenza ma si fece guidare senza timore dalla “visione” che la sua Sicilia e l’intero nostro Paese si sarebbero liberati dalla proterva presenza della mafia. Era un grande magistrato e un uomo con un forte senso delle istituzioni". Visioni che "non furono sempre comprese; anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle – ha concluso il presidente Mattarella - Raccogliere il testimone della 'visione' di Giovanni Falcone significa affrontare con la stessa lucidità le prove dell’oggi, perché a prevalere sia – ovunque, in ogni dimensione - la causa della giustizia; al servizio della libertà e della democrazia”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Le testimonianze al Foro Italico di Palermo
“Lui non voleva essere un eroe, ma soltanto un magistrato che facesse soltanto il proprio dovere – ha detto Maria Falcone, parlando del fratello Giovanni – Non pensiamo al passato, ma cerchiamo di pensare anche al futuro di questa nostra città. Permettete che ringrazi sempre il nostro presidente della Repubblica, il cittadino più importante di Palermo - ha aggiunto - la ringrazio per tornare nella della nostra città e non soltanto del suo passato, ma anche del suo futuro. Saluto tutto le autorità: a tutti dico grazie di cuore. E grazie ai miei ragazzi delle scuole, agli insegnanti che in questi anni hanno fatto una rivoluzione copernicana”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Il ricordo di un vigile del fuoco a Capaci
“Noi abbiamo visto, abbiamo sentito queste sensazioni tremende – ha detto Pino Apprendi, caposquadra vigile del fuoco ora in pensione, arrivato venti minuti nel luogo dell’esplosione, intervenuto stamani al Foro Italico, stringendo sempre l’elmetto di quell’intervento - in quel momento abbiamo pensato che ci trovavamo di fronte ad una sconfitta, ma come è stato più volte detto, io credo che in quel momento la mafia ha dimostrato tutta la sua debolezza. Per noi è stato un intervento molto difficile, molto particolare, perché oltre le difficoltà tecniche, c’erano le difficoltà emotive, che in questi casi ci sono. Noi, abituati al terremoto, agli incidenti stradali, ma quella era una cosa particolare, la sentivamo nostra, perché vedevamo i colleghi della polizia, delle forze dell’ordine nel pieno della disperazione: si abbracciavano, si stringevano, perché riconoscevano i loro amici, che avevano visto al cambio turno e per noi è stato un intervento veramente complicato”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
La figlia di Boris Giuliano, ucciso nel 1979
“Quando fu ucciso mio padre io avevo neppure sette anni. Per me la strage di Capaci rappresenta un prima e un dopo - ha detto al Foro Italico Selima Giuliano, figlia del dirigente della Squadra mobile Boris Giorgio Giuliano ucciso dalla mafia nel 1979 a Palermo e Soprintendente dei Beni culturali di Palermo – Un’elaborazione di un dolore che ha portato a dire no alla mafia davanti all’albero Falcone”. Anni fa, tra il 2012 e il 2014 il Dipartimento Beni culturali ha fatto un ragionamento di tutela rivolto verso i beni che raccontavano le storie di vittime di mafia, ad esempio la casa di don Pino Puglisi; il casolare in cui fu ucciso Peppino Impastato oggi è di proprietà della Regione, la casa Felicia Impastato e soprattutto l’albero Falcone. Per la prima volta un albero è un bene monumentale, come un palazzo per quello che simboleggia, la testimonianza di una collettività che si appropria di quel luogo. Inconsapevolmente - ha aggiunto - mi è stato trasmesso un grandissimo senso del dovere e soprattutto un senso di orgoglio di essere siciliana, questa è una terra bellissima e ci credo veramente”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
"Il Branco”, opera nel Pantheon dei siciliani illustri
San Domenico, Pantheon dei siciliani illustri, in cui riposa anche Giovanni Falcone, ospita SPAZI CAPACI + COMUNITÀ CAPACI, un progetto di arte contemporanea per il potenziamento sociale, a cura di Alessandro de Lisi, con l’opera “Il Branco”, dell’artista Velasco Vitali. L’installazione, realizzata un anno fa all’aula bunker di Palermo, presenta 53, come gli anni di Giovanni Falcone quando è stato ucciso, cani a grandezza naturale realizzati con i materiali dell’edilizia abusiva in ferro, lamiera e cemento. Insieme a loro, in disparte, un cane d’oro, il cinquantaquattresimo, che vigilava il caveau dove è custodita l’istruttoria del primo storico maxiprocesso contro Cosa nostra, oggi è stato posizionato davanti alla tomba di Giovanni Falcone. L’allestimento in San Domenico è nata da un’idea di fra’ Sergio Catalano, rettore della Chiesa di San Domenico con la Fondazione Falcone e la Fondazione Federico II.
L'"Eccomi" di quelle vittime, di don Puglisi e Livatino
Fra' Sergio, architetto prima e domenicano poi, ha offerto questa riflessione: “L’arte nelle nostre chiese smuove l’intelligenza dell’uomo nell’attesa del ritorno del Figlio? Trasforma la nostra percezione della storia, in modo da arrivare a abbracciarla ed impegnarsi nella testimonianza della verità? Eccomi è la risposta di Abramo, di Mosè, di Davide prima ancora che di Maria. Eccomi è la risposta dei discepoli al cospetto della voce del Signore. Eccomi è la risposta di chi ha capito, di chi ha fatto il salto nella conoscenza, di chi ha saputo ascoltare abbandonando preconcetti e durezze di cuore. Eccomi è stata la risposta delle vittime di Capaci e via D'Amelio. E ancora, Eccomi è stata la risposta del beato Pino Puglisi, di Rosario Livatino e dei tanti coinvolti in una storia più grande davanti alla quale non hanno posto resistenza ma al contrario hanno allargato la mente, il cuore e tutte le loro forze dicendo: eccomi”.&˛Ô˛ú˛ő±č;“Il Branco – si legge sul sito dei domenicani di Palermo - compare per far riemergere questioni e coinvolgere in modi contemporanei nelle istanze del Vangelo e del mondo. Il Branco arriva in chiesa non per esaltare la potenza della morte ma per evidenziare la forza della vita attraverso l’attivazione della memoria e la potenza della conversione. Non è forse questo il modo in cui Gesù attraeva l’uditorio?”.&˛Ô˛ú˛ő±č;
Gli eventi della giornata a Capaci
In mattinata il ministro dell’interno Luciana Lamorgese, accompagnata dal capo della Polizia, Lamberto Giannini, ha deposto una corona di alloro alla Stele di Capaci, lungo l’autostrada che collega l’aeroporto alla città: nel Giardino della Memoria, poco distante dalla Stele, per tutta la giornata, alcune scolaresche si alterneranno in diverse attività legate all’educazione alla legalità organizzate dall’Associazione Quarto Savona Quindici, dal nome della sigla radio attribuita agli uomini della scorta di Giovanni Falcone, presieduta da Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del magistrato. Nel pomeriggio il prefetto Giannini assisterà alla presentazione di due istallazioni artistiche di Domenico Boscia e di Gerard Moroder e di due murales realizzati uno dagli studenti dell’Istituto comprensivo “Calderone Torretta” ed uno dell’artista Mirko Cavallotto. Al termine della presentazione, gli atleti del gruppo sportivo delle Fiamme Oro, provenienti dal Centro addestramento alpino della Polizia di Moena, srotoleranno dalla collina che sovrasta il luogo della strage una tela con la bandiera nazionale e la scritta #siamotutticapaci.
A Palermo, dalla Kalsa al Foro Italico
Nel complesso monumentale dello Spasimo, nel quartiere Kalsa, a meno di trecento metri dal palco centrale, il convegno organizzato dal Ministero degli Esteri sul “Programma Falcone-Borsellino”, iniziativa italiana per il contrasto al crimine nei Paesi latinoamericani e caraibici, con la partecipazione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio ed esponenti delle forze di polizia di numerosi Paesi centro e sudamericani. Fino alle 20,15 dal palco centrale del Foro Italico si alterneranno le testimonianze civili e culturali di partner del progetto della Fondazione Falcone, di artisti dello spettacolo, del giornalismo, del mondo delle imprese, della scuola. Nel pomeriggio il Capo della Polizia di Stato, Lamberto Giannini deporrà nella caserma “Pietro Lungaro” di Palermo una corona di alloro sulla stele che ricorda i caduti della Polizia di Stato, posta nell’atrio dell’Ufficio scorte, e successivamente visiterà la teca che custodisce i resti della Quarto savona 15, la vettura di scorta del Giudice Falcone, distrutta nell’attentato.
Il silenzio alle 17.58, il minuto della strage
Sempre a Palermo, in attesa della rievocazione dell’attimo dell’esplosione, come ogni anno studenti, società civile e associazionismo si riuniranno all’albero Falcone di via Notarbartolo, dove abitava il magistrato, insieme a Maria Falcone e al Presidente della Camera, Roberto Fico. Anche qui previste esibizioni di cantanti. L’evento sarà seguito da dirette social sulle pagine FB e Instagram @fondazionefalcone. Alle 17,58, ora della strage, all’Albero Falcone, nel Giardino della memoria, presso la stele di Capaci e nell’atrio dell’Ufficio scorte verrà suonato il silenzio e verranno letti i nomi dei Caduti. Alle 19 nella Chiesa di San Domenico, il Pantheon dei siciliani illustri in cui riposa Giovanni Falcone, la messa in suffragio delle vittime delle stragi. Nell'omelia Fra’ Sergio Catalano nell’omelia ha parlato proprio della testimonianza e della memoria. Falcone annoverato "tra gli illustri di Sicilia e dell’Italia tutta" è "con noi anche in memoria di tutti, tutti gli innocenti vittime delle mafie. Simbolo dell’importanza dell’impegno verso il bene e la giustizia". "Tutti - ha detto - abbiamo bisogno di testimoni a cui guardare. E tutti siamo chiamati a diventarlo", "per noi cristiani - ha rimarcato lanciando anche un appello al presente - la testimonianza è il battesimo che funziona".
Ultimo aggiornamento 24. 05.22 ore 14.00
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