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Cristo si è fermato a Eboli, nell'orto dei detenuti

Riscoperta delle tradizioni, come nel libro di Carlo Levi, e attenzione alla sostenibilità ambientale: tutto questo e molto di più è l’orto condiviso che curano i detenuti dell’Istituto di custodia attenuata (Icatt) di Eboli ispirandosi alla Laudato si’ di Papa Francesco

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Autostima, collaborazione, empatia, condivisione: sono solo alcuni dei frutti che assieme a melanzane, pomodori e basilico maturano nell’orto sociale dell’Icatt di Eboli, Salerno. All’interno delle possenti mura del Castello Colonna, da un anno una decina dei circa 35 detenuti che la struttura ospita, si “sporcano le mani” nella terra, dando vita a una produzione che per ora è finalizzata all’autoconsumo. “Tra tutte le attività trattamentali l’orto è una delle più complete – spiega la direttrice dell’Icatt, Concetta Felaco – perché unisce il valore terapeutico del lavoro manuale al concetto di sostenibilità ambientale che dovrebbe essere al centro sia per la popolazione detenuta che per quella esterna, inoltre prevede una certa preparazione teorica che risulterà poi spendibile professionalmente all’interno di un territorio prevalentemente agricolo”.

Ascolta l'intervista a Concetta Felaco:

Via dalle dipendenze con la zappa in mano

L’istituto di custodia attenuata di Eboli ospita persone che hanno compiuto reati perché vittime delle dipendenze, prima tra tutte quella da stupefacenti. In questo tipo di istituti si adotta una modalità di sorveglianza dinamica e si punta molto sulla conoscenza della personalità dei detenuti; quelli di qui spesso utilizzano i prodotti dell’orto per preparare un pranzo a cui sono invitati anche i propri familiari: “Raccogliere il frutto del proprio lavoro, fisicamente, per i nostri ragazzi è molto terapeutico – prosegue la direttrice – noi viviamo a Eboli e nel libro che ci dedicò negli anni Quaranta Carlo Levi si parlava della civiltà contadina del Mezzogiorno di cui cerchiamo con il nostro orto di scoprire i valori e riportarli all’oggi. Per molti si tratta di una riscoperta, perché la maggior parte dei ragazzi viene proprio dal mondo agricolo, e poi c’è il valore della famiglia, molto forte e importante specie per chi è costretto a vivere separato da questa: è il sostegno e il fulcro di tutto il loro recupero”.

Una veduta dell'orto condiviso di Eboli
Una veduta dell'orto condiviso di Eboli

Un prodotto biologico a base di… sudore

L’orto condiviso di Eboli non sarebbe stato realizzato senza la collaborazione tra la struttura, Coldiretti Salerno e l’associazione Gramigna che con i suoi volontari si è occupata della progettazione dello spazio e della piantumazione, oltre a incaricarsi quotidianamente della manutenzione: “Il nostro è un progetto di speranza e di rinascita che consente ai ragazzi di non sprecare il tempo altrimenti vuoto della detenzione – è la testimonianza di uno dei volontari, Rosario Meoli – abbiamo iniziato con lezioni teoriche, poi abbiamo preso in mano gli attrezzi e ci siamo immersi, letteralmente, nella terra, con entusiasmo, per piantumare quelli che oggi sono i nostri ortaggi, prodotti completamente biologici, come dico io, cresciuti solo con il sudore”. “L’immersione nella terra è anche un’immersione in se stessi – riflette Meoli - coltivare un orto, infatti, è un po’ come coltivarsi, perché le piante hanno la straordinaria capacità di riportare le persone alle proprie radici e questo vale anche per i detenuti: è il valore aggiunto dell’agricoltura sociale”.    

Ascolta l'intervista a Rosario Meoli:

Ortaggi che profumano di libertà e di futuro

Così, dopo tanto lavoro e fatica, ma soprattutto dopo una lunga attesa, sono arrivate le prime soddisfazioni: “La natura ha i suoi tempi, lunghi come quelli della detenzione – continua Meoli – perciò coltivare insegna che per avere un frutto migliore bisogna anche saper aspettare, mai pretendere tutto e subito. In questa grande avventura ognuno ha il suo ruolo e il suo compito, grande o piccolo che sia, che deve svolgere al meglio per ottenere il massimo risultato”. Da metafora della vita, l’orto condiviso dei ragazzi di Eboli si è trasformato in un progetto professionale che presto li farà conoscere anche all’esterno: “Grazie alla collaborazione con Coldiretti miriamo a partecipare ai mercatini locali con le nostre conserve, data l’ingente produzione di pomodori – conclude il volontario di Gramigna – ma abbiamo anche molte piante officinali come lavanda e rosmarino, perciò stiamo pensando anche alla produzione di essenze”.  

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I prodotti dell'orto
19 maggio 2022, 12:00