ҽ

Un uomo protesta contro la crisi in Libano bruciando gomme (foto d'archivio) Un uomo protesta contro la crisi in Libano bruciando gomme (foto d'archivio) 

Elezioni in Libano, si rinnova la speranza in un cambiamento

Alla vigilia delle elezioni nel Paese, padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, racconta realtà e bisogni di un popolo in cui ci sono "sempre più poveri"

Francesca Merlo - Città del Vaticano

Le votazioni in Libano in realtà sono già iniziate perchè più di 130mila libanesi espatriati in 48 Paesi stanno esprimendo il loro voto durante questo fine settimana. Invece, nella Repubblica i seggi si apriranno domenica 15 maggio. Da queste elezioni, la gente è alla ricerca di “una nuova speranza”. Lo spiega, ai microfoni di Pope, padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, aggiungendo che in Libano ci si aspetta un nuovo clima orientato al cambiamento.

Anni di instabilità crescente nel Paese

Sono ormai anni di instabilità quelli che vive il Libano. La popolazione ha iniziato a protestare contro la povertà e contro la corruzione del governo già nel 2019, e poi ancora contro il governo rieletto l'anno successivo, perchè incapace di imporre i cambiamenti necessari per far tornare l’armonia nel Paese. Il 4 agosto del 2020, un'esplosione nel porto di Beirut ha fatto almeno 190 vittime, ha provocato più di 6.500 feriti e ha lasciato senza casa circa 300mila persone. L'esplosione è stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio stoccate in modo non sicuro in un magazzino. Questo tragico evento, sullo sfondo di una pandemia globale, di una crisi finanziaria e di una crisi politica, ha riacceso le proteste con richieste di responsabilità e di giustizia. La pressione della strada ha portato alle dimissioni del governo per la seconda volta dall'inizio delle proteste.

Dalla crisi emergono nuovi poveri

“Ora siamo arrivati ad un punto molto difficile a livello economico - spiega padre Michel - e a causa di tutti questi anni di incertezza ci sono i nuovi poveri”. Infatti, tre quarti della popolazione libanese vive in povertà, e tra questi “nuovi poveri” di cui parla padre Michel ci sono tutti coloro che hanno uno stipendio fisso. La lira libanese ha perso il 90% del suo valore, ma gli stipendi sono rimasti uguali. “Immaginatevi - dice ancora padre Michel - le famiglie libanesi sono arrivate al punto in cui non possono comprare neanche il pane”.  E racconta che molte di queste famiglie, fino a qualche anno fa, andavano alla Caritas a donare loro cibo e beni di prima necessità per i più bisognosi. “Adesso queste stesse famiglie vengono da noi, a chiedere cibo e altro”.

Il Libano, "un Paese rubato"

Ci sono varie religioni in Libano e spesso i partiti candidati rappresentano religioni diverse, ma “in genere i politici non lavorano per le cause religiose ma per quelle politiche e a livello sociale”, ci dice padre Michel. “Noi ripetiamo sempre che il Libano non è un Paese povero, ma un Paese rubato – continua – ed è per questo che non possiamo restare qui a non fare niente. Ed è per questo che spesso parliamo con la comunità internazionale” chiedendo giustizia per tutti gli esponenti della politica che hanno rubato in Libano.

La forte presenza dei profughi

Il Libano è diventato casa per un milione e mezzo di rifugiati della vicina Siria e per oltre 500 mila altri rifugiati provenienti dalla Palestina e da altri Paesi sparsi nel mondo. Il 95% di queste persone vive in povertà assoluta. Il popolo libanese sta passando adèesso un tempo di crisi, conclude padre Michel, “e questo è un tempo in cui il popolo deve essere aiutato dalla comunità internazionale”.  di questo che ha bisogno il Libano. Ma, si domanda padre Michel, con gli occhi puntati verso altre tragedie, come per esempio la guerra in Ucraina, “che fine farà il popolo libanese?”

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

14 maggio 2022, 08:10