Afghanistan stretto tra la morsa della fame e della violenza
Francesca Merlo - Città del Vaticano
Attentati a catena, soprattutto ai danni della minoranza sciita degli hazara, e uno stato di gravissima malnutrizione stanno devastando gli afghani. Due giorni fa, due diversi attacchi, a Mazar-i Sharif e a Konduz, hanno provocato la morte di una ventina di persone, entrambi rivendicati dal ramo locale dello Stato islamico.
La comunità sciita in Afghanistan "è sempre stata target di diversi attentati” spiega a Pope Marco Puntin, coordinatore dei progetti di Emergency in Afghanistan, tuttavia, aggiunge, "non si tratta soltanto di questi due episodi, ce ne sono altri, minori, magari non rivendicati, che hanno avuto meno risonanza mediatica, ma che indicano che qualcosa sta succedendo nel Paese, il cui cambiamento più gande è stato nell'agosto scorso la presa di potere da parte dei talebani".
Le conseguenze di 40 anni di guerra
Uno stato di malnutrizione ancora più grave rispetto al passato, una pesante crisi economica: sono le conseguenze di 40 anni di guerra, “ed è vero che la gente inizia a morire di fame - prosegue Puntin - c’è pochissimo lavoro, i prezzi delle merci sono raddoppiati se non triplicati e sono in costante aumento. Quindi, se qualcosa non cambia, sarà una tragedia umanitaria, anzi mi verrebbe da dire che siamo già in una fase di tragedia umanitaria". La popolazione in Afghanistan va aiutata, si trovi il modo, è quindi il suo appello.
Il mondo non giri le spalle
In un momento in cui gli occhi della comunità internazionale sono puntati su quanto sta accadendo in Ucraina, il mondo, conclude Puntin, "non può voltare le spalle all'Afghanistan", ciò che invece sembra stia proprio accadendo. Dopo quanto avvenuto lo scorso agosto, il ritorno al potere dei talebani, nessuno parla più di questo Paese e “l’interesse mediatico è pressappoco sparito”. “Non dimentichiamoci dell’Afghanistan”, è quindi la raccomandazione, “la situazione non può far altro che peggiorare e la gente continua a soffrire”.
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