Ucraina, una marcia di pace diretta a Leopoli per dire no alla guerra
Adriana Masotti - Città del Vaticano
“La guerra è una follia, è il cancro della convivenza tra le nazioni e la negazione dell’umanità”. Non c’è spazio per l'ambiguità o i distinguo per le oltre 100 organizzazioni della società civile italiana che hanno deciso di aderire all'iniziativa denominata Stop the war Now, lanciata in questi giorni dall'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, in riferimento alla guerra in Ucraina. Fra loro Rete Disarmo, Focsiv, Pax Christi, ARCI, Movimento dei Focolari, Libera, CGIL, Nuovi Orizzonti, 6000 Sardine, Legambiente. A partecipare sono anche i privati, al momento sono 1500 i singoli cittadini.
Una marcia di pace e di solidarietà
“Le immagini delle vittime, dei bambini terrorizzati o degli anziani spaesati che ci giungono dall’Ucraina e da tutte le altre zone di guerra spesso dimenticate, dilaniano le nostre coscienze”, scrivono i promotori, “e ognuno di noi può fare qualcosa di più e di concreto per fermare questo scempio”. Per questo venerdì 1° aprile una delegazione di 200 persone appartenenti a queste organizzazioni parte con un convoglio, composto da circa 70 mezzi, per portare beni di prima di necessità alla popolazione ucraina. La destinazione è Leopoli - spiega un comunicato stampa - dove i partecipanti incontreranno sia organizzazioni della società civile, sia autorità religiose e civili. Al ritorno il convoglio permetterà a persone con fragilità, madri sole e soprattutto bambini, di lasciare il loro Paese e raggiungere l’Italia.
Una presenza della società civile a Leopoli
“L’intenzione è quella di testimoniare, con la presenza sul campo, la volontà di pace”, si legge nel manifesto dell'iniziativa. “Da sempre siamo accanto agli ultimi, al fianco delle vittime con azioni umanitarie e iniziative di solidarietà internazionale. Non vogliamo restare spettatori e sentiamo l’obbligo di esporci in prima persona”. L’invito a tutti coloro che sono impegnati per la costruzione della pace e per la solidarietà internazionale, è “a dare la propria adesione, a prendere parte alla delegazione e a promuovere una serie di azioni di mobilitazione”. Gianpiero Cofano, segretario generale della Comunità Papa Giovanni XXIII spiega ai nostri microfoni il perchè di questa iniziativa:
Gianpiero Cofano, da che cosa è nata l'idea di promuovere questa azione di pace?
L'idea di quest'iniziativa è nata durante il primo viaggio che abbiamo fatto in Ucraina dopo alcuni giorni dall'inizio della guerra. Lì incontrando tante persone, tutti ci facevano la stessa domanda: dov'è L'Europa? Solo che loro intendevano, dov'è l'Europa della no fly zone, l'Europa dei carri armati e delle armi e noi timidamente cercavamo di spiegare loro che l'Europa non è soltanto quella degli eserciti, quella delle armi, e che può essere davvero molto più pericoloso dare solo la parola alle armi, ma che da 70 anni, da quando è stata costituita, esiste l'Europa dei diritti, l'Europa della civile convivenza attraverso il dialogo. Ci è quindi venuto in mente che dovevamo fare qualcosa in controtendenza, devo dire in controtendenza anche rispetto a quello che in quei giorni tutti i Paesi europei e la NATO, stavano decidendo, cioè l'invio delle armi, perchè noi riteniamo, per la nostra esperienza, che non possiamo solo dare la parola alle armi. Sono 30 anni che viviamo nei conflitti più terribili di questo mondo e siamo convinti che la presenza civile, sia una presenza di pace e possa essere in grado di costruire dei ponti, di lenire le ferite e quindi attraverso il dialogo e stando lì con loro, pensiamo sia possibile davvero costruire la pace, come continua a chiedere Papa Francesco: che le armi tacciano, che si torni al dialogo, che si faccia di tutto per cercare di trovare una soluzione, il più possibile condivisa e pacifica, alla guerra.
Ci dà qualche dettaglio in più su come si svolgerà questa marcia di pace?
Abbiamo deciso di partire il 1° di aprile, ci incontreremo all'alba a Gorizia e metteremo in fila questo lungo convoglio di circa 70 mezzi, pulmini, automezzi tutti carichi di aiuti umanitari, di medicinali, di tutto il materiale che ci hanno chiesto le organizzazioni e gli ospedali ucraini con cui siamo in contatto. A Leopoli porteremo circa 25 tonnellate di materiali di prima necessità e questo materiale verrà portato da 200 persone perché questo vuol essere proprio il simbolo della diplomazia popolare, che parte dal basso. Con noi ci saranno infatti dei privati cittadini o comunque aderenti alle tante organizzazioni della società civile italiana. Contiamo di arrivare alla frontiera tra Polonia e Ucraina all'alba del 2 di aprile per poi raggiungere Leopoli dove incontreremo autorità civili e religiose e le altre organizzazioni, la Caritas con cui stiamo collaborando tanto. Andremo poi alla stazione della città che il punto nevralgico di arrivo di tutte le persone che scappano dal fronte: con l'aiuto delle organizzazioni del posto abbiamo messo a disposizione oltre 300 posti per le persone più fragili, per i bambini, per le persone con disabilità, malate o anziane, vogliamo destinare questi 300 posti liberi che abbiamo sui nostri mezzi per accompagnarli e accogliervi nelle nostre realtà in Italia, nelle case famiglie della Comunità e degli altri enti e movimenti che ci sono uniti a noi. Dipenderà anche dagli allarmi aerei, ma speriamo di riuscire a fare anche una simbolica marcia nel centro di Leopoli.
Come le diceva all'inizio, questa iniziativa non porta solo solidarietà, ma vuole anche chiedere che la guerra cessi, che si dia spazio alla diplomazia internazionale. Secondo voi non si è fatto abbastanza finora per trovare una soluzione alla guerra attraverso la diplomazia?
Sicuramente nel primi 20 giorni del conflitto abbiamo visto una grande attività in particolare da parte dei Paesi europei, con gli Stati Uniti, rispetto all'invio delle armi, per le sanzioni, ma ci aspettavamo una altrettanto chiara volontà di dialogo, cioè: non si possono interrompere i ponti con l'altra parte quando ci sono due parti in conflitto, bisogna fare di tutto e innanzitutto delle prove di dialogo, quindi io mi sarei aspettato che i nostri primi ministri o presidenti volassero da una parte all'altra, sia a Kiev sia a Mosca. Io capisco che c'è anche un diritto alla difesa, ma il diritto alla difesa deve essere l'extrema ratio, come la guerra, prima di tutto bisogna provare, provare e riprovare a dialogare. Adesso assistiamo al primo tentativo israeliano, a quello turco, speriamo davvero che si giunga ad una soluzione quanto prima, ma noi, i nostri Paesi, potevano e dovevano fare di più.
Piena sintonia, dunque, tra voi e gli appelli di Papa Francesco...
Sì, uno dei desideri che portiamo nel cuore è davvero cercare di dare concretezza alle tante esortazioni che il Papa sta facendo in questo periodo. Vogliamo portare il messaggio del Papa con la nostra presenza, con la nostra vita, anche con i rischi in questa situazione e apprezziamo davvero tanto che monsignor Giuseppe Satriano, il vescovo di Bari, abbia scelto di venire con noi e porterà un messaggio della Conferenza episcopale italiana. E davvero un segno bellissimo, vedere che noi siamo un popolo che cammina e che i nostri pastori camminano alla testa di questo popolo.
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