±Ê±ð°ùù, la crisi sanitaria acuisce il divario sociale
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Due anni fa le prime notizie di misteriosi polmoniti a Wuhan, in Cina. Sarebbe stato l'inizio di una pandemia che ancora tiene sotto scacco il mondo. Le città tornano a svuotarsi per una variante del coronavirus che ha una carica contagiosa tale per cui in tutta Europa in due settimane il numero di casi è più che raddoppiato. In Usa sono 145mila i ricoverati. Si sta abbassando notevolmente l'età di quanti hanno necessità di cure ospedaliere. Il Paese che attualmente ha il più alto tasso di mortalità per Covid-19 al mondo, con 6.122 morti per milione di abitanti, è il Perù. Qui l’11 febbraio si sarebbe dovuta celebrare, ad Arequipa, la 30.ma Giornata mondiale del malato, che invece – sempre a causa del rischio contagi – si terrà a Roma, in San Pietro. Al 7 gennaio scorso erano 98mila i bambini rimasti orfani proprio a causa del virus. Che ne sarà di loro? Risponde a Pope il sociologo Angel Gómez Navarro, docente all’Università del Sacro Cuore a Lima.
Sradicare l'irrisolto fenomeno dei bambini di strada
Il professor Navarro ritiene che, nonostante le fragilità endemiche del Paese, adesso si sta affrontando "con grande responsabilità questa pandemia"; rifersice che l'80% della popolazione è stata vaccinata con doppia dose di vaccino. Resta il "panorama non buono" dei bambini orfani, tantissimi. "Penso che rimarranno abbandonati", dice e aggiunge che a questo punto è tempo per attivare finalmente programmi sociali per loro, "in questo la Chiesa ha un ruolo assai importante per affrontare questa sfida. Non si tratta di percorrere solo le vie dell'adozione, bisogna sradicare il fenomeno dei bambini di strada, un problema antico e ancora irrisolto, attraverso educazione, assistenza, accompagnamento e progetti mirati". Spiega che adesso il problema si è aggravato ulteriormente: "La soluzione per me deve arrivare dallo Stato e dalla Chiesa. I governi finora non si sono curati abbastanza degli aspetti legati alla povertà - precisa - Ong, associazioni, singoli cittadini hanno dato il loro contributo in questo ambito ma lo Stato ha fatto molto poco", lamenta. La situazione generale si è fatta particolarmente critica data la presenza di "molti amici venezuelani immigrati a Lima", dice Angel. Adesso la povertà estrema raggiunge il 30% della popolazione. Lo Stato non ce la fa" e la situazione di povertà prosegue come per inerzia, ereditata dal passato.
Debole la rete assistenziale
Il professore peruviano denuncia la precarietà del sistema sanitario dello Stato che, "pur avendo soldi da poter investire in questo campo, non lo fa". Non c'è una volontà ferma di affrontare queste carenze strutturali, spiega. E insiste sul fatto che le famiglie, già in sofferenza per la povertà, ora sono alla rovina. "La rete assistenziale è debole. Per strada, dappertutto, qualunque zona di una grande città si percorra, ci sono tantissimi bambini che hanno abbandonato la scuola, che chiedono elemosina, c'è gente che vuole aiuto, che cerca di vendere qualsiasi cosa pur di trovare i soldi per mangiare". Soprattutto, Navarro precisa che sono moltissime le famiglie che non possono assicurare ai propri figli una educazione a distanza adeguata e costante perché non riescono a pagare per la connessione a internet. "Possono usufruire di un sussidio statale di circa un centinaio di dollari ogni tre mesi ma è un aiuto irrisorio, come si fa a vivere così?". In Perù - fa notare - l'educazione non è uguale per tutti, solo chi ha i soldi può garantirsi una buona formazione. Ci sono migliaia e migliaia di bambini che non possono andare a scuola primaria, di questi circa il 70% sono della regione andina. Le lezioni in questa fase sono ancora a distanza; "Il governo dice che a marzo si potrà riprendere in presenza ma - dice Navarro - io credo che non siamo nelle condizioni. Peraltro abbiamo solo da dieci giorni un nuovo Ministro per l'Educazione, le decisioni non sono chiare".
Timore che le relazioni sociali si appiattiscano sull'utilitarismo
Angel Gómez Navarro - un passato da studioso di Missionologia alla Pontificia Università Gregoriana, a Roma - osserva che "i rapporti sociali andranno sempre più indebolendosi". La paura dell'altro rischia, insomma, di diventare prevalente rispetto al senso di compassione. Ed esprime scetticismo rispetto all'incidenza della pandemia sulle relazioni tra le persone che, a suo parere, tendono sempre più a chiudersi in se stesse: "Già prima erano molto impostate sul consumismo e sull'individualismo connesso, per chi se lo può permettere, adesso la pandemia ha acuito questo atteggiamento". E fa l'esempio di quando si è potuti uscire dall'isolamento stretto: la gente ha preso letteralmente d'assalto i grandi magazzini. "Io temo che le nostre relazioni si appiattiscano su un piano di pragmatismo, di utilitarismo e di esclusiva ricerca di beni materiali, senza lasciare troppo spazio all'empatia e a stili di vita impostati sulla gratuità. Temo che questo accadrà soprattutto se non avremo promosso uno sforzo pastorale da parte della Chiesa - aggiunge - in grado di riportare l'attenzione ai valori di giustizia sociale. La Chiesa purtroppo ha risentito delle difficoltà generali che stiamo tutti patendo. Dovrebbe far leva di più sui tanti giovani nei movimenti ecclesiali. Ci sono preti e parrocchie che lo fanno ma bisogna rinvigorire l'impegno - suggerisce ancora - e ritrovare quello slancio degli anni Ottanta".
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