L'Europa richiude per pandemia: le misure dall'Austria ai Paesi Bassi
Andrea De Angelis e Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
A 21 mesi dall'inizio della pandemia, che ha visto l'Italia come iniziale epicentro della prima ondata, l'Europa torna ad affrontare il coronavirus con nuove restrizioni e pass sanitari nel tentativo di frenare la quarta ondata, iniziata, di fatto, con l'arrivo del mese di novembre. Lo stesso mese che, nel 2020, segnò l'avvio della seconda ondata, la peggiore per numero di vittime nel vecchio continente.
In Austria chiusure e obbligo vaccinale
Tra i Paesi che hanno deciso di adottare le misure più stringenti c'è sicuramente l'Austria. Questa settimana, infatti, Vienna ha annunciato un lockdown totale a livello nazionale a partire da lunedì 22 novembre. Il modello è quello previsto già per le due province più colpite, Salisburgo ed Alta Austria, con il blocco di ogni attività. Le chiusure dureranno al massimo venti giorni e da metà dicembre interesseranno soltanto le persone non vaccinate. "Dobbiamo guardare la realtà, chi è contro al vaccino compie un attentato alla nostra salute, non vogliamo la quinta e la sesta ondata, perché il coronavirus non va via, il coronavirus resta", ha detto il cancelliere Alexander Schallenberg in conferenza stampa. Vienna ha poi annunciato l'obbligo vaccinale, che sarà introdotto entro il primo febbraio 2022. Si tratta del primo Paese europeo a scegliere quella che è considerata l'estrema ratio contro la pandemia. In Austria al momento solo due cittadini su tre sono vaccinati, circa il 20% in meno rispetto a Francia ed Italia.
Nei Paesi Bassi restrizioni e manifestazioni violente
A Rotterdam, nella notte tra venerdì e sabato, una manifestazione contro il piano del governo olandese di imporre restrizioni a non vaccinati si è trasformata in violenze, con auto date alle fiamme e sassi tirati contro la Polizia che ha risposto con idranti e sparando dei colpi d'arma da fuoco. "Abbiamo sparato perché erano situazioni di pericolo di vita" ha dichiarato la portavoce della polizia, Patricia Wessels, giustificando l'operato degli agenti. "Sono stati condotti decine di arresti e si prevede che se ne faranno altri, sono circa sette le persone ferite, compresi dei poliziotti", ha aggiunto. Le autorità hanno chiuso la stazione principale della città olandese, mentre sono arrivate unità anti sommossa da tutto il Paese per sedare la rivolta. Il sindaco di Rotterdam, Ahmed Aboutaleb, ha descritto la rivolta come "un'orgia di violenza, la Polizia ha dovuto usare le armi per difendersi". I Paesi Bassi sono stati i primi in Europa occidentale a ripristinare un lockdown parziale, iniziato sabato 13 novembre e la cui durata è prevista almeno fino agli inizi di dicembre.
In Germania è record di casi
I contagi continuano ad aumentare, le terapie intensive si riempiono, il numero dei morti è "spaventoso" e "non si può dire altro che la situazione della pandemia in Germania è drammatica", ha detto questa settimana la cancelliera Angela Merkel. Quasi 53mila i nuovi casi, stando al Robert Koch Institut, con un'incidenza che tocca le 336 infezioni su 100mila abitanti nei sette giorni. Cresce anche il numero delle vittime, ormai vicine alle 300 unità in sole 24 ore, e le terapie intensive negli ospedali tedeschi rischiano di nuovo il sovraffollamento. Per questo si studiano nuove misure, a partire dal cosiddetto metodo "2G": il Green Pass per accedere a luoghi e servizi sarà concesso solo ai vaccinati e a chi è guarito dal Covid-19. Non più, dunque, con un tampone negativo effettuato nelle ultime 24 ore.
Repubblica Ceca e Slovacchia: lockdown per i non vaccinati
Situazione preoccupante anche in Repubblica Ceca, dove questa settimana si è registrato un nuovo record di casi, quasi 150mila. Il governo ha deciso di escludere da lunedì i non vaccinati da ristoranti, locali ed eventi pubblici. I test non saranno più sufficienti, bisognerà dimostrare di essere vaccinati o guariti secondo il metodo "2G". In Slovacchia, nel tentativo di domare una situazione "critica" negli ospedali, il governo ha annunciato "un lockdown per i non vaccinati". Con la nuova stretta, in vigore anche qui da lunedì, solo le persone vaccinate o che hanno avuto il Covid-19 negli ultimi sei mesi potranno entrare in ristoranti, centri commerciali, negozi con beni non essenziali, attività sportive ed eventi pubblici. Inoltre scatta anche l'obbligo di testare le persone non vaccinate sul lavoro in tutte le regioni più colpite dalla pandemia.
I vaccini? Imprescindibili
Con l'accelerazione delle terze dosi, ci si interroga sull'efficacia dei vaccini nei confronti delle nuove varianti del coronavirus. Guido Rasi, professore ordinario di Microbiologia a Roma Tor Vergata, già direttore dell’Ema e consulente per la campagna vaccinale italiana, nell'intervista a Radio Vaticana - Pope sottolinea come il vaccino resti "l'arma principale nella battaglia contro la pandemia", anche perché l'unica alternativa è, ad oggi, un "lockdown generale".
Alcuni Paesi, soprattutto nel continente africano e asiatico, hanno difficoltà ad avere i vaccini: i dati che arrivano dall'Africa sono più confortanti, ma forse perché la raccolta dei dati non è puntuale. Come mai non si capisce che la pandemia si deve fronteggiare a livello globale?
Spero che questa diventi presto una convinzione generale. Certo, in Africa la raccolta dati non è capillare ed è un motivo di preoccupazione. Un secondo motivo è quello dell'accesso al vaccino, che essendo un prodotto completamente nuovo, ha visto una produzione iniziale in pochi siti, ad alta tecnologia e di non facile riproduzione. Vi è poi lo scoglio relativo all'accesso alle risorse economiche, ma l'ostacolo più grande non dipende né dai fattori economici, né da quella produttivi, ma da quelli distributivi. La distribuzione credo che sarà l'ostacolo più difficile da superare per arrivare ad una vaccinazione davvero globale, perché in alcune realtà, viste anche le stringenti regole per la conservazione dei sieri, è davvero difficile riuscire a dare risposte concrete.
Parliamo di terze dosi. Perché molti si interrogano sull'efficacia di questi vaccini, quelli che conosciamo da quasi un anno, nei confronti delle ultime varianti?
Le varianti hanno un'influenza modesta sulla tenuta dei vaccini. C'è stata una perdita di efficacia nella prevenzione della trasmissione, mentre non hanno avuto impatto sulla protezione dalla malattia severa e dalla morte. La variante Delta, attualmente in circolazione, vede un'efficacia alta dei vaccini. Ovviamente non possiamo pronunciarci sulle varianti future.
L'immunità di gregge invece è ancora lontana, nonostante l'alto numero di vaccinati, ad esempio in Italia?
L'immunità di gregge non è perseguibile in questa pandemia. C'è una parte del pianeta dove il numero di persone non immune è molto alto. Inoltre la circolazione delle persone è criticamente alta, non consente dunque di raggiungere quell'obiettivo. Venendo all'Italia, c'è disomogeneità sia territoriale che per classi di età. La prima crea i cosiddetti focolai di contagio tra persone non vaccinate, la seconda riguarda nello specifico persone in attività. Non va poi dimenticato che il vaccino non riesce a bloccare totalmente la trasmissione, quindi circola seppur in modo ridotto anche tra i vaccinati. Questo spiega l'alta differenza tra i numeri alti di infezioni e quelli relativamente bassi dei ricoveri e delle vittime.
Il vaccino rimane comunque l'unica arma efficace contro il Covid-19?
Non è l'unica, ma è quella essenziale. Senza i vaccini tutte le misure di supporto vengono a cadere. L'altra arma è quella del lockdown. Se togliamo il vaccino che è il pilastro, le altre misure volte a contenere la pandemia non servono. L'attenzione unita alla potente azione del vaccino è l'approccio corretto.
Che cosa ci dice sulle possibili cure?
Le cure stanno arrivando, non sappiamo come performeranno. Indubbiamente sono uno strumento molto benvenuto, perché un arsenale più articolato ci consente di intervenire in modo diverso con pazienti che hanno malattie diverse, in stadi diversi. Sicuramente saranno un'ulteriore arma.
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