Trudeau rieletto in Canada, ma senza la maggioranza dei seggi
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Il leader del partito liberale canadese, Justin Trudeau - dopo aver vinto le elezioni generali tenutesi per il rinnovo della Camera dei Comuni, sciolta il 15 agosto 2021 dal governatore generale Mary Simon su richiesta dello stesso Trudeau - si è detto pronto a formare un nuovo governo. "Ci rimettiamo al lavoro con un chiaro mandato per superare questa pandemia e siamo pronti a farlo", ha dichiarato dinanzi ai suoi sostenitori riuniti a Montreal. "Quello che abbiamo visto è che milioni di canadesi hanno scelto un piano progressista. Alcuni hanno parlato di divisione, ma non è ciò che io avverto, che ho visto nelle ultime settimane in tutto il Paese", ha aggiunto il Primo ministro, 50 anni il prossimo dicembre.
Terzo mandato per Trudeau
Dopo le vittorie dell'autunno 2015 e 2019, Trudeau dunque ottiene un terzo mandato. Per la seconda volta consecutiva, però, i liberali si fermano poco sopra i 150 seggi (stando alle proiezioni di Cbc, in attesa del dato definitivo), mentre superano quota 120 i conservatori. Di conseguenza, considerando anche le altre forze politiche, il partito che Trudeau guida dal 2013 dovrà nuovamente trovare un accordo per formare un governo di minoranza. "I canadesi devono scegliere come concludere la lotta contro il Covid-19, in che modo portare a termine il lavoro sui vaccini e come sostenere le persone fino alla fine di questa crisi", aveva affermato lo scorso mese il Primo ministro, annunciando le elezioni anticipate. I sondaggi davano i liberali in netto vantaggio sui conservatori, ma alle urne ieri si è avuto un risultato molto simile a quello delle elezioni dell'ottobre 2019.
Le nuove sfide
Dunque quale futuro si prospetta per il Canada nel breve e medio periodo? Il governo esce rafforzato da questo terzo mandato del leader liberale o cambia poco rispetto alla situazione degli ultimi due anni? Gabriele Iacovino, direttore del Ce.Si - Centro Studi Internazionali - risponde a queste domande nell'intervista a Radio Vaticana - Pope.
Il Primo ministro canadese ha vinto la sua scommessa del voto anticipato con questo terzo mandato, il governo secondo lei è più forte di prima come auspicato da Trudeau?
Da un punto di vista prettamente numerico no, di fatto rimane tecnicamente un governo di minoranza. Il numero dei seggi è praticamente lo stesso rispetto alle elezioni del 2019, dunque il tentativo di Trudeau di dare una maggiore stabilità al suo governo, sfruttando alle urne la sua grande popolarità, non sembra essere riuscito. Ora in Parlamento dovrà continuare a cercare un dialogo non tanto con la sinistra, abbastanza vicina ad alcune posizioni politiche, ma soprattutto con il partito conservatore. Di fatto, questo potrebbe essere un altro esempio di come il tentativo di andare contro il ciclo naturale, istituzionale dei governi possa portare a risultati diversi da quelli sperati.
La pandemia ha costituito il tema centrale di questa breve campagna elettorale. Quali sono gli altri?
Sicuramente la ripresa dopo la crisi dovuta al Covid-19 è stata centrale. Poi c'è anche la questione legata a Trudeau stesso, alla sua politica che ha perso un po' di quello slancio iniziale. La campagna elettorale l'ha visto soprattutto evidenziare le differenze con il principale avversario politico, la destra di O'Toole che non sostiene come i liberali i vaccini, il green pass e via dicendo. Il Canada ora deve fare i conti con il contesto internazionale, dove la politica si è modificata in modo importante in questi ultimi sei anni, da quando cioè Trudeau è Primo ministro e chiedersi se le ricette politiche sono adatte al Paese come lo erano nel 2015.
Quali sono i Paesi più vicini al Canada oltre agli Stati Uniti, quali gli alleati che hanno interesse a stringere relazioni sempre più forti?
Sicuramente, come dice lei, dobbiamo partire dagli Stati Uniti. Attenzione: nonostante il cambiamento dell'inquilino della Casa Bianca, gli Usa nell'ultimo mese con il ritiro afgano e l'accordo con l'Australia hanno dimostrato di mettere in primo piano i loro interessi e un po' meno, rispetto al passato, il dialogo con gli alleati. Questo ovviamente non giova al Canada. Poi c'è l'Unione Europea, partner politico ed economico importante con cui ha uno scambio da tempo. Non dimentichiamo che il Canada rimane uno degli attori fondamentali all'interno del G7 per gli equilibri, specie laddove non sembra esserci sempre una posizione congiunta tra gli Stati. In conclusione, la posizione di Trudeau non è più forte rispetto al passato, da qui la necessità di intraprendere un dialogo sia nazionale che con i Paesi esteri.
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